In Europa c’è un problema con Schengen?

Serbian Hungarian border
The Hungarian Border Police patrol the Serbian Hungarian border crossing near the town of Szeged / credits: storypictureagency.com
Durante l’ultimo Consiglio straordinario, i titolari degli Interni e della Giustizia hanno fatto quadrato intorno al Governo francese. Il ministro Cazeneuve chiede maggiori controlli alle frontiere esterne e un monitoraggio dei confini nazionali. Avramopoulos: “È ora di creare una intelligence unica europea”. Il vicepresidente dell’Europarlamento, Tajani: “Non aboliamo Schengen, ma applichiamo tutte le norme”.

I recenti attentati terroristici avvenuti a Parigi, ma anche i vari blitz che le forze di polizia hanno portato a termine a Bruxelles, hanno di fatto cambiato il panorama europeo per quanto riguarda tutto il sistema della libertà di circolazione di merci e persone. Ora, nel dibattito politico, ci sono finiti anche gli accordi di Schengen che, secondo i ministri degli Interni e della Giustizia dei 28 Stati membri, andrebbero rivisti, rivalutati e qualcuno dice che andrebbero addirittura modificati e inaspriti anche per i cittadini europei.

Una situazione, quella emersa dal Consiglio dello scorso 20 novembre, che ha visto in prima fila proprio il Governo francese che ha chiesto a tutti e 26 i paesi che fanno parte dell’area di libera circolazione di garantire un adeguato controllo alle frontiere interne nazionali.

Quattro sono i punti chiave proposti da Parigi: il primo è una maggiore identificabilità di chi entra e esce dalla Francia, controllare il flusso di denaro, introdurre nuove leggi che riducano in maniera significativa il commercio di armi e una maggiore collaborazione tra le forze di intelligence di tutti i paesi europei. In molti preferiscono parlare di “limitazione” degli accordi di Schengen e non proprio di revisione, come è stato invece più volte richiesto da alcuni partiti nazionalisti.

Una serie di limitazioni che, se venissero veramente messe in pratica, avranno effetto sia sui cittadini europei che, soprattutto, su quelli che entrano nella zona Ue senza documenti o senza passaporto internazionale.

Una decisione forte, quella presa dopo le richieste pressanti del Ministro dell’interno francese Bernard Cazeneuve, che avrà anche l’obiettivo di creare un vero e proprio “database” dove saranno inseriti i dati anagrafici di chi esce e, soprattutto, rientra all’interno dell’Unione europea in ragione del fatto che alcuni degli attentatori – i cosiddetti foreign fighters – di Parigi erano proprio cittadini comunitari e quini “immuni” da ogni sorta di controllo alle frontiere esterne, azione che dovrà esssere portata avanti in collaborazione con le forze di polizia di Europol.

credits: ©European union
Il Ministro degli interni francese Bernard Cazeneuve / credits: ©European union

Sempre su questo tipo di azioni, che mirerebbero a controllare in maniera massiccia i confini europei, è intervenuto anche il commissario per gli Affari interni Dimitris Avramopoulos. “Credo che questo sia il momento giusto per fare un passo avanti e penso che ci siano le basi per la creazione di un’unica agenzia di intelligence europea  – ha spiegato il commisario – Entro il 2015 ci sarà un accordo definitivo anche per la creazione di un Pnr (Passenger name record, Ndr)”.

Gli altri punti, indispensabili per una concreta lotta al terrorismo, sono stati quelli di un maggiore controllo sui flussi di denaro – già votata dal parlamento di Strasburgo e con particolare riferimento alle transazioni dall’area balcanica – destinato all’acquisto di armi e materiale bellico, ma anche di un monitoraggio e dell’istituzione di un sistema che permetta la  “tracciabilità” di armi e munizioni.

Sempre sulle eventuali revisioni dei trattati di Schengen è intervenuto anche Antonio Tajani,  vicepresidente vicario del Parlamento europeo, “vanno rafforzati confini esterni e inaspriti i controlli alle frontiere interne anche per chi possiede un passaporto europeo – ha spiegato il numero due dell’Europarlamento – Schengen non va abolito, ma bisogna applicare tutte le regole che garantiscono una maggiore sicurezza”.

Situazione del tutto diversa, ma più “restrittiva”, è stata invece espressa da cinque dei ventisei Stati membri che fanno parte dell’area Schengen. Secondo Austria, Belgio, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, l’ideale sarebbe la creazione di una mini-area di libera circolazione, che garantirebbe così un maggiore controllo delle frontiere interne. Un progetto, quello dei paesi proponenti, che non è però al vaglio della Commissione europea la quale, per voce del presidente Jean Claude Juncker, ha allontanato ogni ipotesi di una “mini-Schengen” concentrica.

“La libertà di circolazione è una delle basi dell’integrazione europea, non avrebbe nessun senso abbandonare questo progetto – ha esposto davanti alla plenaria di Strasburgo il numero uno del Berlaymont – Anche l’Euro non avrebbe più senso di esistere se dovesse cadere Schengen”.

Italia, Grecia, Spagna e i paesi dell’Est Europa, se questa ipotesi dovesse trovare accoglimento, sarebbero di fatto abbandonati a loro stessi nella gestione dei flussi migratori che premono alle frontiere esterne. Tra chi chiede “solo” maggiori controlli e chi invece giudica superati gli accordi, riducendo di fatto la “free area” sorta dopo la caduta delle frontiere nel 1993, l’intera Unione europea oggi è chiamata a una maggiore unità e soprattutto, secondo il Guardian, solidarietà e collaborazione tra tutti gli Stati membri.

di Omar Porro