È Michel Aoun, ex militare e politico cristiano maronita. La sua elezione non risolve solo un vuoto istituzionale lungo due anni e mezzo, ma ridefinisce gli equilibri regionali decretando la vittoria dell’Iran. Ecco perché e cosa significa.
Le elezioni presidenziali in Libano del 31 ottobre hanno posto fine a due anni e mezzo di vuoto politico, e hanno decretato l’elezione a Presidente della Repubblica dell’ex generale cristiano maronita, vicino ad Hezbollah, Michel Aoun, con 83 voti su un totale di 127 parlamentari votanti, superando così la maggioranza assoluta richiesta.
Per ben due anni e mezzo il Parlamento libanese non era riuscito a eleggere un Presidente della Repubblica, nonostante l’estensione del proprio mandato per due volte. Come avevamo visto qui, il motivo era da ricondurre sia alla politica interna – le divisioni del fronte cristiano maronita tra il Movimento Patriottico Libero del generale Michel Aoun e le Forze Libanesi di Samir Geagea – che alla politica estera – contrapposizione tra Iran (che sostiene Aoun) e Arabia Saudita (che sosteneva Geagea). Per la Costituzione libanese il Presidente della Repubblica deve essere di religione cristiana-maronita.
Le due potenze, la prima sciita, l’altra sunnita, hanno infatti molta influenza nella politica interna libanese e ne determinano il corso. Il rivale di Aoun era sostenuto da Saad Hariri, leader del movimento sunnita Futuro appoggiato da Riyad.
Tuttavia, nelle ultime settimane c’era stato un cambio di rotta, quando lo stesso Hariri aveva cominciato a sostenere la candidatura di Aoun, per gravi motivi finanziari legati alla sua ditta di costruzioni in Arabia Saudita, la Saudi Oger, che era la spina dorsale finanziaria della sua rete politica in Libano. Il compromesso però sembra prevedere la nomina di Saad Hariri a Primo ministro, che sembra avverrà nei prossimi giorni.
Cosa significa questa elezione?
Michel Aoun, 81enne, non è un alleato solo dell’Iran, ma anche di Hezbollah e della Siria di Assad. Nel suo discorso di insediamento si trovano tutte le premesse di quella che sarà la futura politica interna ed estera del Libano.
Dal punto di vista interno, l’elezione di Aoun è una legittimazione per il movimento di Hezbollah. Gli Hezbollah (“Partito di Dio”) sono un’organizzazione paramilitare sciita, nata nel 1982 e considerata gruppo terroristico da Stati Uniti, Unione Europea e Lega Araba, che col tempo ha raggiunto un potere così grande da diventare più influente dello stesso esercito regolare libanese. Hezbollah è arrivato a plasmare le istituzioni e a gestire di fatto la politica del Paese, interna ed estera, tanto da essere ritenuto uno “Stato nello Stato“.
Aoun nel suo discorso ha dichiarato: “Nel conflitto con Israele, non risparmieremo alcuno sforzo o resistenza per liberare ciò che resta della terra libanese occupata”; una posizione che stride con la risoluzione ONU S/RES/1701(2006) che invece chiede una soluzione diplomatica per il territorio conteso al confine tra Libano e Israele.
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“Ci occuperemo del terrorismo preventivamente, [..] fino a quando non sarà sradicato, e della questione dei rifugiati siriani, garantendo il loro rapido ritorno”
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Inoltre, Aoun ha legittimato l’intervento di Hezbollah in Siria al fianco del governo di Assad e ha dichiarato: “Ci occuperemo del terrorismo preventivamente, [..] fino a quando non sarà sradicato, e della questione dei rifugiati siriani, garantendo il loro rapido ritorno”, il tutto in coordinazione con le autorità siriane. Il Libano quindi consoliderà i rapporti bilaterali con la Siria schierandosi apertamente e ufficialmente al fianco degli Assad.
Si tratta di una svolta significativa, perché finora il governo libanese, nonostante il pesante coinvolgimento di Hezbollah in Siria, era rimasto ufficilamente neutrale verso il conflitto in corso. Questa aperta presa di posizione decreta il ribilanciamento politico della regione, e sancisce la vittoria dell’Iran che ufficialmente ingloba nella sua orbita il Libano, a discapito dell’Arabia Saudita.
I sauditi, in realtà, avevano già iniziato a perdere peso politico nelle dinamiche interne del Paese, essendo impegnati a combattere l’influenza iraniana in Siria, Yemen e Bahrein. A febbraio 2016 la potenza del Golfo aveva annullato il trasferimento di 3 miliardi di dollari all’esercito e alle forze di sicurezza libanesi, irritata con il governo di Beirut che non aveva condannato gli attacchi contro le missioni diplomatiche saudite in Iran (avevamo parlato delle tensioni tra Arabia Saudita e Iran in questo articolo).
Come ha detto Nabil Boumonsef, commentatore politico per il quotidiano libanese an-Nahar: “Il Libano non è più una priorità per l’Arabia Saudita, che non sostiene più i suoi alleati in Libano, il che ha portato ad un indebolimento del suo principale alleato – Hariri”, il quale sarebbe stato costretto a cercare un accordo con i suoi rivali. In realtà il raffreddamento del sostegno saudita ad Hariri è dovuto anche al fatto che non è stato in grado di arginare l’influenza di Hezbollah nel Paese, anche perché ha passato gli ultimi 5 anni fuori dal Libano, cosa che, seppur dovuta a motivi di sicurezza (il padre, il Primo Ministro Rafik Hariri, fu assassinato nel 2005 dagli Assad), ha irritato Riyad.
L’esercito libanese è il quinto più grande beneficiario degli aiuti militari statunitensi: se a causa del suo sostegno a Hezbollah Aoun farà delle forze armate un corpo ausiliario alle milizie del “Partito di Dio”, potrebbero esserci delle conseguenze anche sui finanziamenti americani e sulle relazioni con l’Occidente.
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“Il Libano non è più una priorità per l’Arabia Saudita, che non sostiene più i suoi alleati in Libano”
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Non secondario, il riferimento di Aoun al ritorno dei rifugiati siriani in Siria. In Libano ci sono oltre 1,4 milioni di rifugiati siriani che non possono tornare nel loro Paese a causa della guerra in corso. Un loro rimpatrio sarebbe di fatto una deportazione in violazione del diritto internazionale. Di sicuro l’elezione di Aoun pone definitivamente il Libano nella sfera di influenza iraniana e ciò potrebbe avere delle conseguenze sia in Siria che in Yemen, dove lo scontro tra Iran e Arabia Saudita potrebbe inasprirsi.
di Samantha Falciatori