La moderna dottrina tattica si è gradualmente lasciata alle spalle il tradizionale dispiegamento di grandi contingenti di forze convenzionali a favore di unità speciali, meno numerose, il cui uso può risolvere in maniera rapida e meno cruenta una situazione conflittuale. La Russia si è dimostrata estremamente reattiva nell’adattarsi alle esigenze dettate dal moderno warfare, evidenziando un elevato livello di preparazione delle proprie forze speciali.
La storia delle forze speciali russe ha una lunga tradizione le cui tracce risalgono alla guerra civile spagnola, ma durante la Guerra Fredda ha conosciuto un assetto che è durato pressoché fino alla fine della divisione del mondo in blocchi contrapposti. Durante questo periodo l’impiego di unità speciali era concepito a sostegno delle forze terrestri e si esplicava attraverso la raccolta di informazioni e la distruzione di strutture chiave del nemico, soprattutto operando nelle retrovie dell’avversario.
Con la fine della Guerra Fredda però, la probabilità di lunghe campagne belliche che implicano il coinvolgimento di enormi eserciti è radicalmente diminuita, facendo altresì emergere il pericolo derivante da altre forme di guerra non convenzionali. Il sensibile incremento dei fenomeni correlati al terrorismo internazionale negli anni Novanta e Duemila ha coinvolto in maniera particolare molti stati dell’ex orbita sovietica: ad esempio Cecenia e Daghestan, che sono stati veri e propri banchi di prova per dimostrare alla Russia quanto fossero inefficaci i suoi reparti speciali in termini di velocità di dispiegamento e operatività (si pensi in tal senso ai massacri alla scuola di Beslan e al teatro di Mosca).
Per far fronte alle nuove sfide internazionali, subito dopo la guerra in Georgia del 2008, si sono intraprese in Russia una serie di riforme dei reparti militari, sotto la guida dell’allora ministro della Difesa Anatoliy Serdyukov che, semplificando, si sono tradotte in una riduzione della quantità, a favore di un aumento progressivo della qualità di ogni reparto. Anche i corpi speciali russi sono stati sottoposti ad un ammodernamento dei loro reparti operativi, che si resero così molto più celeri nell’entrata in azione, con un effetto preventivo su possibili escalation politiche e conflittuali in determinate regioni. Per chiarire, i corpi speciali russi rientrano tutti nella generica etichetta di Specnaz (Spetsnaz in inglese) sebbene siano subordinati a diversi livelli di comando: Spetsnaz sotto il comando del GRU, il servizio segreto militare, comparabili con gli US Delta Force, sono storicamente il nucleo più importante e numeroso degli Spetsnaz, famosi per gli interventi sovietici e russi in Afghanistan e Cecenia; due unità Spetsnaz agli ordini del Servizio Segreto Civile (KGB sovietico, FSB russo), Alfa e Vympel, la prima per operazioni anti-terrorismo, la seconda a protezione di obiettivi strategici; 300 forze speciali Spetsnaz sotto il comando del Servizio di intelligence internazionale (SVR); e infine, truppe sotto il comando del Ministero degli Interni russo, assimilabili ai corpi di gendarmeria.
A questi reparti è stato affiancato un organismo ulteriore nel 2011 dal nome SOF (Special Operation Forces), sotto la guida dell’allora Capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate e vice Ministro della Difesa Nikolai Makarov che supportò la riforma militare russa iniziata nel 2008.
L’intento della riforma e della creazione del nuovo reparto speciale, ha avuto lo scopo di “occidentalizzare” le forze speciali russe, rendendole un riflesso di quelle statunitensi, inglesi e tedesche. Infatti la differenza che divide gli Spetsnaz sotto il comando del GRU e il SOF, è che il primo si riscontrerebbe come un gruppo di ricognizione dietro le linee nemiche, mentre il secondo agirebbe come incursore. In sostanza, il SOF interviene quando c’è il bisogno di un’azione militare per prevenire un’escalation ancora più grave.
L’ufficializzazione del SOF, voluta dal Capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate Valery Gerasimov nel marzo 2013, fa intuire quanto il corpo fosse direttamente agli ordini politici del Ministero della Difesa russo.
Il centro di comando del SOF istituito nel 2012, dallo scorso anno ha sotto la sua direzione 7 brigate Spetsnaz, ognuna con 4-6 reparti, per un totale di 1.000 soldati ciascuno, ed entro il 2020 saranno inserite altre due brigate. Le abilità di Counterintelligence, utilizzo del cyber e Counter-Insurgency, affiancate dall’uso dell’azione militare, hanno dimostrato la capacità di agire del SOF in tutti i teatri in cui sono intervenuti: Crimea, Donbass e Siria.
In Crimea l’operazione di sequestro del Parlamento del 27 febbraio 2014 e di controllo dei maggiori centri operativi della penisola (aereoporto, base navale già sotto il controllo delle forze militari russe, televisioni e la stazione di comando delle forze armate ucraine in Crimea) è stata progettata ed eseguita in maniera impeccabile dai cosiddetti “piccoli uomini verdi”.
L’annessione di una regione di un altro Stato senza spargimento di sangue rappresenta un momento di rottura con il passato, esempio lampante del principio di “guerra ibrida” con cui il mondo dovrà confrontarsi nei prossimi anni. Stessa dimensione, ma diverso tipo di messa in opera nel teatro del Donbass, in cui le unità speciali russe hanno supportato, addestrato e armato le forze indipendentiste dell’est Ucraina, riuscendo a più riprese a capovolgere la situazione sul campo di battaglia e mantenendo una situazione congelata nelle regioni indipendentiste.
Le forze speciali russe hanno dimostrato (e tuttora dimostrano in Siria) il proprio livello di specializzazione e la capacità di essere determinanti in teatri conflittuali. Infatti non solo hanno addestrato e aiutato nella pianificazione le truppe siriane guidate da Bashar al-Assad fin dal settembre 2015, ma hanno svolto un ruolo fondamentale conducendo ricognizioni di terra su obiettivi pre-selezionati per gli attacchi dei bombardieri russi, assistendoli in termini di orientamento in zone remote, colpendo direttamente linee di infrastrutture e di forniture dei terroristi, nonché obiettivi mirati anti-Assad. L’intervento diretto degli Spetsnaz ha dato un contributo significativo sul fronte siriano alla coalizione informale composta da Assad, Iran ed Hezbollah in vittorie fondamentali contro Al-Nusra e ISIS, soprattutto nella riconquista di Palmira e nella battaglia di Aleppo.
In conclusione la creazione del SOF rappresenta in maniera completa la tipologia di confronto internazionale che avviene già da anni su molteplici fronti e che nel prossimo periodo le grandi potenze affronteranno in maniera sempre più strutturata: unità di corpi scelti, altamente specializzate e impegnate in operazioni delicate di controspionaggio, di raccolta di informazioni e intervento diretto, in cui la logica della pace e della guerra si confondono in maniera continua.
L’intervento dei corpi speciali con l’individuazione dei bersagli ha assunto un valore fondamentale soprattutto da quando gli attacchi aerei sono lo strumento privilegiato per evitare l’intervento delle truppe di terra. Anche in questo caso le SOF e i suoi uomini hanno dimostrato un’ampia capacità nell’individuazione degli obiettivi nemici, come ad esempio il luogotenente Spetsnaz Alexander Prokhorenko che nel marzo 2016 ordinò un attacco alle postazioni nemiche vicino Palmira in cui lui stesso era bloccato poiché circondato dalle forze ISIS. Il Presidente Putin lo ha dichiarato eroe nazionale nell’aprile del 2016 rinforzando l’idea di quanto siano fondamentali nei piani strategici russi l’utilizzo delle forze speciali nei terreni di confronto contemporanei.
di Mattia Giulioli