Si assiste ad un costante innalzamento del livello di tensione nell’area del Mar Cinese Meridionale, in particolare nella zona delle isole Spratly. Nell’ultimo periodo Pechino ha dispiegato nell’area missili antinave e antiaerei, oltre che aerei da caccia e bombardieri strategici, alimentando le insicurezze dei paesi vicini.
Chinese bombers including the H-6K conduct takeoff and landing training on an island reef at a southern sea area pic.twitter.com/ASY9tGhfAU
— People's Daily, China (@PDChina) May 18, 2018
La presenza di questi asset, che si va a sommare alla presenza di radar aerei e navali, oltre che a strumenti per il disturbo elettronico, rischia di modificare profondamente gli equilibri strategici della zona a favore di un sempre più assertivo governo cinese.
Per questo motivo il Pentagono annuncia questa settimana l’esclusione della Cina dalla edizione 2018 della RIMPAC, una esercitazione navale su vasta scala con cadenza biennale, che vede impegnate le marine della maggior parte delle nazioni alleate di Washington nel Pacifico, ma che nelle ultime edizioni aveva visto – seppur con ruoli marginali – anche la partecipazione della marina di Pechino.
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A segnalare il cambiamento della postura americana nell’area, oltre alle operazioni navali, si ha notizia di due B-52 americani, che hanno compiuto operazioni di volo nei dintorni delle isole Spratly. Portando dei bombardieri con capacità nucleari a volare a sole venti miglia nautiche dalle installazioni cinesi, l’amministrazione americana alza la posta. Infatti secondo dichiarazioni ufficiali, si starebbe valutando una intensificazione delle operazioni di libera navigazione nell’area. Questo potrebbe significare un aumento della durata delle missioni, l’aumento delle unità impiegate, e una sorveglianza ravvicinata delle strutture cinesi nell’area.
A tale riguardo, degno di nota l’impegno del Ministro francese delle forze armate Florence Parly e del segretario di stato alla difesa Britannico Gavin Williamson. In occasione dello Shangry-La Dialogue tenutosi a Singapore dall’1 al 3 Giugno 2018, i due rappresentanti hanno annunciato una intensificazione delle operazioni di libera navigazione nell’area da parte delle rispettive marine nazionali, finalizzata a evitare l’affermazione di una forma di acquiescenza sulle rivendicazioni cinesi, che sono considerate in contravvenzione del diritto internazionale del mare e finalizzate al mutamento degli equilibri tramite azioni coercitive.
Alla presenza di Navi francesi si aggiungerà quindi quella di elicotteri inglesi, e – nel corso delle operazioni – sarà presente anche una delegazione tedesca. Si osserva quindi l’affermazione di una volontà – anche parzialmente europea – di intervento finalizzata all’affermazione del principio della libertà dei mari.
Si apprende inoltre che gli Stati Uniti starebbero riconsiderando la possibilità di far transitare navi militari nello stretto di Taiwan. Una possibilità – secondo quanto riferito da fonti ufficiali all’agenzia Reuters – di cui si era già discusso quest’anno, poi accantonata – oltre che per non guastare i rapporti con Pechino in vista dell’atteso incontro del 12 giugno tra Kim Jong-un e Trump – per evitare di irritare il governo cinese in un momento già critico per l’acuirsi dello scontro commerciale in atto.
Una mossa, il passaggio di navi militari lungo lo stretto, che potrebbe dare un primo seguito alla rottura del protocollo compiuto dall’amministrazione americana, già infranto con la telefonata effettuata da Trump al premier di Taiwan. Se reiterato, un tale atteggiamento potrebbe portare all’erosione del modus vivendi raggiunto dai due paesi, con la potenziale percezione di una messa in discussione della One China Policy fin qui tenuta dagli Stati Uniti, nei confronti di una sempre più distante Pechino.
Di: Andrea Cerabolini