L’Europa ha dato alla Grecia 3 mesi di tempo per rendere operativi controlli sistematici ai suoi confini, così da diminuire l’afflusso di migranti in territorio europeo.
Venerdì 12 febbraio è emerso da fonti diplomatiche di Bruxells, poi riprese da Reuters, che in sede comunitaria è stato dato un ultimatum alla Grecia per “fissare i controlli ai confini dell’Unione”, e che se questi controlli non dovessero risultare efficaci il Paese ellenico verrà sospeso dallo spazio di Schengen, ufficialmente per 2 anni.
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L’Unione Europea ha più volte criticato la capacità di gestione da parte greca della crisi migratoria. La Grecia è il principale Paese d’ingresso per molti rifugiati e migranti in fuga soprattutto dalla Siria e da altri paesi mediorientali. Secondo l’Onu nel corso del 2015 più di 1 milione di persone hanno raggiunto l’Europa, e la maggior parte di queste sono passate per il territorio greco nel tentativo di raggiungere Paesi del nord Europa, come la Svezia, la Danimarca e soprattutto la Germania.
Secondo gli accordi di Schengen i paesi ai confini dell’Unione Europea hanno il compito di controllare le frontiere esterne e quindi “adottare misure complementari per la salvaguardia della sicurezza e per impedire l’immigrazione clandestina di cittadini di Stati non membri delle Comunità europee” (art.17).
Mentre fino ad oggi c’erano state solo voci, poi smentite, di un’eventuale sospensione della Grecia dallo spazio comunitario, la dichiarazione di venerdì porta per la prima volta la questione dell’espulsione unilaterale dallo spazio comunitario di un Paese membro ad un livello ufficiale. Secondo il Consiglio Europeo “il funzionamento complessivo dello spazio Schengen è a serio rischio”, e la Grecia sarebbe l’anello debole che rischia di mettere in crisi l’intero sistema di libera circolazione delle persone e delle merci all’interno dell’Ue.
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A causa di questo enorme flusso di persone alcuni paesi europei, tra i quali la Francia e la Danimarca, hanno già deciso di sospendere temporaneamente Schengen, ripristinando i controlli alle frontiere interne. Nonostante fonti diplomatiche europee affermino che questa decisione non deve essere intesa come un modo per isolare e stigmatizzare il Paese ellenico, l’ultimatum di 3 mesi appare come l’ultima possibilità per la Grecia di rimanere all’interno dello spazio comunitario.
Secondo Reuters difficilmente la Grecia potrà esaudire le severe richieste europee sul controllo delle frontiere esterne senza supporti finanziari e logistici, che comunque iniziano ad arrivare, anche se non da parte europea; è stato dato il via libera a una missione Nato che avrà il compito di pattugliare con tre navi militari le coste turche e greche per contrastare i trafficanti di uomini, gli scafisti e arginare il flusso di migranti che tentano di raggiungere l’Europa. Una goccia nel mare, è il caso di dirlo.
La Grecia intanto continua ad avere grossi problemi di politica interna, e la stabilità del Governo Tsipras è a rischio. Il 4 febbraio un partecipato sciopero generale ha paralizzato il paese, e sono stati registrati scontri tra manifestanti e polizia. A pochi giorni di distanza circa 800 agricoltori hanno preso d’assalto il Ministero dell’Agricoltura. Tra arresti e lanci di pietre arriva anche la certificazione ufficiale del ritorno della recessione nel Paese: il Pil ellenico è calato del 0,6% nel quarto trimestre 2015 rispetto ai tre mesi precedenti.
Secondo Poul Thomsen, alto funzionario dell’Fmi, il rischio grexit tornerà presto ad affacciarsi sulla scena, a meno che non si pensi ad un credibile piano di ristrutturazione del debito greco. Un’eventuale sospensione della Grecia dallo spazio Schengen renderebbe ancora più probabile una sua definitiva uscita dall’Unione Europea.