La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
Una lunga inchiesta della rivista statunitense The New Yorker svela il lavoro della Commission for International Justice and Accountability, che ha raccolto 600.000 documenti originali, trafugati dagli uffici di Damasco, tra cui per la prima volta emergono gli ordini ufficiali di torture ed esecuzioni di massa firmati dalle più alte cariche del governo siriano, compreso il Presidente al-Assad.
La Commission for International Justice and Accountability (CIJA), in italiano “Commissione per la Giustizia e la Responsabilità Internazionale”, ha svelato la massiccia documentazione finora raccolta sulle torture e le esecuzioni di massa ordinate personalmente anche dal Presidente siriano Bashar al-Assad. A riportarne i dettagli è un’accurata inchiesta di Ben Taub per il New Yorker, che ha avuto accesso agli archivi della Commissione.
Il Direttore e fondatore della CIJA è William Wiley, canadese che ha lavorato in diversi tribunali internazionali di alto profilo, mentre il Capo del team investigativo è l’avvocato Chris Engels. La Commissione lavora da anni per raccogliere elementi e documenti sui crimini di guerra e contro l’umanità compiuti in Siria, avvalendosi della collaborazione di siriani che rischiano la vita per far uscire all’esterno migliaia di documenti dei vari servizi di sicurezza, d’intelligence e di polizia. La Commissione ha prodotto un documento legale di 400 pagine in cui parla di “un record di torture sponsorizzate dallo Stato che è quasi inimmaginabile nel suo scopo e nella sua crudeltà”.
I documenti, circa 600.000, vengono dalla Central Crisis Management Cell, un Comando che Assad ha creato nel maggio 2011, poco dopo l’inizio delle proteste nel Paese con lo scopo di sopprimerle. Questo Comando ha sviluppato una strategia, approvata e firmata personalmente da Assad, basata su torture e uccisioni di dissidenti in tutto il Paese (strategia corroborata dalle centinaia di interviste ai testimoni ascoltati dalla Commissione). Incontri giornalieri si tenevano a Damasco sotto la supervisione di Mohammad Said Bekheitan, membro di spicco del Partito Baath. Il funzionario che teneva le fila di questo Comando e che ne trasmetteva gli ordini, Abdelmajid Barakat, simpatizzava segretamente per l’opposizione, e cominciò a trafugare copie dei documenti segreti. Nel 2013 è riuscito a fuggire in Turchia, portando con sé molti dei documenti incriminanti.
Sono anni che dalla Siria emergono prove di torture sistematiche contro le opposizioni, e sono centinaia i rapporti scritti a riguardo da innumerevoli organizzazioni, a cominciare dalla Commissione d’Inchiesta Indipendente sulla Siria delle Nazioni Unite, che in un suo recente rapporto (A/HRC/31/CRP.1) ha concluso che le torture e le morti di massa che avvengono nelle carceri del regime siriano rivelano “una politica di Stato di sterminio della popolazione civile”. Quello che però rende queste prove senza precedenti è il fatto che tra i documenti trafugati vi sono anche ordini firmati direttamente dalle più alte cariche del governo siriano, compreso il Presidente al-Assad, che esaminava le proposte della Central Crisis Management Cell, le firmava e le restituiva per la loro esecuzione, facendo a volte delle revisioni o delle aggiunte. Secondo Barakat “nessun ordine, non importa quanto piccolo, è stato eseguito senza l’approvazione di Assad”.
Dai documenti emerge anche che ci sono stati casi in cui gli stessi inquisitori del regime si sono mostrati diffidenti circa la brutalità che gli veniva ordinata di eseguire, ma che sono stati “tenuti in riga” con la minaccia di essere a loro volta torturati. Emerge inoltre che la Central Crisis Management Cell ordinava ai responsabili delle varie agenzie di sicurezza di fornire periodicamente all’Ufficio di Sicurezza Nazionale i nomi degli agenti di sicurezza che si mostravano non risoluti o entusiasti circa gli ordini ricevuti.
Sebbene in Siria tutte gli attori belligeranti abbiano commesso svariati crimini di guerra, il regime siriano sembra guidare la classifica della brutalità. Stephen Rapp, avvocato e ambasciatore Usa presso l’Office of Global Criminal Justice, ha dichiarato che “l’80% dei crimini di guerra commessi in Siria è attribuibile al governo siriano”. Questi documenti, tutti originali, si aggiungono alle prove emerse dal così detto “caso Caesar” e delle 55 mila foto – autenticate da una Commissione indipendente – di prigionieri torturati a morte nei centri di detenzione di Damasco.
Queste prove non solo confermano, ancora una volta, che la tortura di massa è una deliberata scelta politica del governo per schiacciare ogni dissenso, ma anche che è ordinata, autorizzata e firmata dai massimi livelli del governo siriano, incluso il Presidente Assad. Se un giorno un Tribunale penale internazionale si occuperà di perseguire i crimini di guerra e contro l’umanità in Siria, queste prove, a detta degli investigatori, saranno più schiaccianti di quelle che si avevano contro Milošević e più numerose di quelle di Norimberga; e portando la firma dei mandanti, saranno difficili da contestare.
di Samantha Falciatori