Il 13 maggio è stato l’anniversario della morte di Kenneth Waltz, uno dei più importanti scienziati politici del dopoguerra. Con questo pezzo siamo interessati a onorarne la memoria, gli studi e le lucide teorie sul sistema politico internazionale.
Kenneth Waltz aveva il primato di essere il più anziano docente di Relazioni Internazionali al mondo. Insegnava a Berkeley, è morto il 13 maggio del 2013 all’età di Ottantanove anni. Si può considerare tra i più influenti teorici di Scienze politiche internazionali. Dal suo lavoro accademico è nato e si è alimentato il Neorealismo strutturale, che tuttora permea e divide la comunità politologica mondiale.
Il suo approccio viene spesso definito – a torto – cinico, poiché nella sua interpretazione del sistema internazionale verrebbe a mancare la presa in considerazione delle ideologie, delle forme di governo dei diversi Stati e del ruolo delle Istituzioni Internazionali.
Per Waltz infatti la cosa più importante da tenere in considerazione quando si parla delle relazioni tra Stati è il modo con cui quest’ultimi agiscono verso l’esterno.
Secondo il politologo americano il comportamento statale sarebbe intimamente influenzato, più che dalle forme di governo scelte dagli Stati, dalla forma stessa del sistema internazionale, e di riflesso, dalla sua polarità (cioè dalla distribuzione delle capacità). Solo intuendo la polarità del Sistema si può ipotizzare correttamente come agiscono e perché agiscono le diverse polity statuali.
I critici sostengono che questa teoria sia troppo materialista oltre che semplicistica, perché tenderebbe ad ignorare troppe variabili e a sovrastimare l’importanza di altre.
Al contrario, i sostenitori tendono a sottolineare come invece la teoria, più che essere semplicistica, sia fondamentalmente essenziale, nel senso che tralascia il superfluo, si occupa quindi solo di ciò che davvero conta all’interno dell’arena internazionale, arena che è e rimane anarchica. È superfluo inserire variabili ideologiche all’interno di una teoria che si prefigge il compito sia di descrivere il sistema internazionale, sia di spiegarne il funzionamento. Una teoria che si concentra sui princìpi ordinatori che creano l’ambiente sistemico entro cui gli Stati dovranno sopravvivere: gli Stati infatti si comportano tutti in maniera simile nelle relazioni estere, quali che siano le dinamiche al loro interno.
L’obiettivo della sua teoria è stato quello di mostrare come la struttura del sistema internazionale produca determinati effetti a prescindere dalle intenzioni degli Stati.
Pur rifacendosi alle teorie realiste, l’approccio waltziano è originale, e probabilmente questa sua originalità ha reso alcuni suoi lavori molto controversi. Basti pensare ad una delle sue ultime pubblicazioni (“Why Iran Should Get the Bomb – Nuclear Balancing Would Mean Stability” in Foreing Affairs, July/August 2012, Vol.91, N.4) in cui argomentava come un Iran nucleare contribuirebbe in maniera determinante alla stabilità del medioriente; deflagrata come una bomba all’interno di un dibattito occidentale interamente focalizzato sulla “canaglieria” dell’Iran. Negli Stati Uniti solo uno dalle spalle larghe come Waltz avrebbe potuto scrivere una cosa simile senza venir tacciato di intelligenza col nemico.
Lo studio della deterrenza nucleare è una delle discipline a cui per tutta la vita Waltz ha prestato attenzione ed interesse. Si pensi a testi come “The Spread of Nuclear Weapons: A Debate” (New York, W.W. Norton, 1995), dove Waltz discute della pace nucleare, che può essere sintetizzata – un po’ brutalmente – dall’idea che la diffusione orizzontale, tra gli Stati, dell’arma atomica, e la conseguente e necessaria deterrenza, diminuirebbe la propensione sistemica alla guerra (“more may be better” scrive Waltz).
Il mondo bipolare emerso dalla Seconda guerra mondiale era per Waltz l’esempio perfetto della stabilità “pacifica” che la deterrenza nucleare regalava, e dimostrava anche quanto poco contasse l’ideologia e il tipo di governo interno degli attori, per spiegare e descrivere il comportamento e le relazioni dei due paesi competitori per eccellenza. Usa e Urss infatti, benché fossero acerrimi nemici – strategici ed ideologici – non arrivarono mai a farsi la guerra (come d’altronde India e Pakistan, anche loro armati nuclearmente, anche loro acerrimi nemici). Come già ammesso, Waltz non metteva in conto volutamente gli effetti collaterali, come ad esempio le guerre per procura, combattute indirettamente dai due poli per misurarsi e studiarsi a vicenda. Ma è anche questa esaltazione dell’essenziale che rende affascinante ed esteticamente perfetta la teoria di Waltz.
Stephen Walt, docente di Relazioni Internazionali ad Harvard e in passato studente di Waltz, ha raccontato nel 2013 sulla rivista Foreign Policy come Waltz insegnasse che teoria e pratica – in un mondo in cui la maggior parte delle persone considera questi concetti come separati – siano invece inestricabilmente intrecciati. Ed è per questo, continua il docente di Harvard, che Waltz ha avuto ragione dove molti altri hanno sbagliato. Ha avuto ragione sulla guerra del Vietnam – a cui si opponeva -, ragione su chi stava vincendo la Guerra Fredda, ragione sui princìpi base della deterrenza nucleare, ragione sull’errata previsione di Francis Fukuyama sulla “Fine della Storia”, ragione sulla sciagurata guerra in Irak del 2003, ragione sull’irrilevanza sistemica degli organismi internazionali – incapaci di regolare l’anarchia internazionale – e sulla rilevanza che gli Stati continuano invece ad avere anche in un mondo globalizzato ed interdipendente.
Ciò che lo studioso ci lascia – oltre ai libri su cui studenti, scienziati politici ed analisti di relazioni internazionali studieranno per preparare i loro esami e le loro teorie – sono strumenti utili per leggere e interpretare la realtà. Strumenti estremamente chiari, depurati da quelle considerazioni pregiudiziali e ideologiche che spesso inquinano il pensiero e le scelte degli analisti politici e dei decision maker.
Uno scrittore americano scrisse “the pessimist complains about the wind; the optimist expects it to change; the realist adjusts the sails”. Ecco, Kenneth Waltz, nella sua strabiliante lucidità, ci lascia le coordinate per aggiustare la vela.
Bibliografia
- Man, the State, and War. Columbia University Press. New York: 1959.
- Foreign Policy and Democratic Politics: The American and British Experience. Little, Brown and Company. New York: 1967.
- Theory of International Politics. McGraw Hill. New York: 1979.
- The Use of Force: Military Power and International Politics. University Press of America. New York: 1983. (coauthored with Robert Art).
- “Reflections on Theory of International Politics. A Response to My Critics” in: Keohane, Robert: Neorealism and Its Critics. 1986.
- The Spread of Nuclear Weapons: A Debate Renewed. W. W. Norton & Company. New York: 1995.
- Realism and International Politics. Routledge. 2008.
Lorenzo Carota