Dopo il rinvio per presunte irregolarità, è stata fissata la data di un appuntamento politico fondamentale per l’Unione europea: le elezioni presidenziali austriache. Facciamo il punto il punto della situazione.
4 dicembre: questa la data stabilita in ultima istanza dalla Corte costituzionale viennese per le elezioni presidenziali, cambiamento che si è reso necessario in virtù delle presunte irregolarità elettorali segnalate. Per la prima volta, nonostante le leggi austriache non contemplino la possibilità di rinvio, l’Austria decide di differire, per un motivo di natura tecnica, delle elezioni già ufficialmente stabilite tempo addietro.
La precedente consultazione aveva visto confrontarsi il Verde Alexander Van der Bellen, che al primo turno aveva raccolto circa il 23,1% dei consensi, e il candidato del Fpö Nobert Hofer, rappresentante della destra populista che era arrivata al ballottaggio invalidato recentemente, grazie ad un’ampia base elettorale, corrispondente a circa il 35% degli aventi diritto.
Lo scontro fra le due realtà austriache era culminato nel secondo turno: il candidato dei Verdi aveva vinto per una manciata di voti sulla destra. Ora però, inevitabilmente, il rinvio della Corte azzera ogni vantaggio.
Sicuramente è evidente quanto il voto, secondo l’opinione dello stesso Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, sia decisivo per alcune questioni di rilievo internazionale, dal momento che questa potrebbe essere la prima vittoria di un partito di estrema destra in Europa da molto tempo, eventualità che trova il beneplacito di altre forze coeve guidate rispettivamente da Merine Le Pen in Francia e da Salvini in Italia.
Ancor più evidente è però il testa a testa fra i due candidati, come dimostrato nei recenti sondaggi, dai quali emerge che se da un lato la destra radicale ha conquistato la maggior parte dei lander, dall’altro invece i Verdi hanno fatto registrare risultati migliori nelle città come Vienna e nelle votazioni per corrispondenza, strumento elettorale che in Austria ha un peso notevole nelle consultazioni (votano per corrispondenza anche i residenti in Austria con domicilio in un posto diverso da quello del proprio seggio elettorale, quindi non sono solo voti esteri).
Altro fattore da non trascurare è il contesto di sottofondo: la vittoria dei “leave” nella brexit e l’elezione di Donald Trump alla Presidenza Usa. In questo frangente storico l’Austria non sembra essere propensa ad uscire dall’Ue, ma va considerato che il Fpö, memore del referendum del 1994 nel quale si schierò contro l’ingresso nell’Ue, potrebbe avanzare, in ordine al proprio spirito euroscettico, la proposta dell’Öxit, se non altro alla luce delle circa 260 mila firme raccolte dai cittadini a favore dell’uscita.
Ad ogni modo la situazione che si è venuta a creare in Austria è estremamente delicata e secondo molti opinionisti potrebbe rappresentare un punto di svolta importante per l’intera Comunità europea: ora che molti populismi si affacciano con forza in tutto il mondo, questo potrebbe essere per l’Europa l’ennesimo test di resistenza.
di Edoardo Volpe