Come sono andate le elezioni in Africa

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di Danilo Giordano
Con un’attenzione minore rispetto all’analoga situazione che si verifica nel corso delle elezioni primarie statunitensi, il 20 marzo scorso si è tenuto il Super-Sunday africano, ovvero lo svolgimento contemporaneo, al netto dei diversi fusi orari, di ben 6 votazioni in tutto il continente, di cui vi offriamo una breve sintesi.

In Benin si è svolto il secondo turno delle elezioni che dovevano indicare il successore del presidente in carica Thomas Boni Yayi. Il ballottaggio ha visto il capovolgimento della situazione del primo turno, quando a prevalere era stato il Primo Ministro Lionel Zinsou, appartenente allo stesso partito di Yayi: la conta dei voti del 20 marzo ha assegnato la vittoria a Patrice Talon, che ha ottenuto il 64,8% delle preferenze e sarà il prossimo presidente del Paese.

In Niger non è avvenuta la medesima alternanza al potere e a prevalere è stato il presidente in carica Mahamadou Issofou, rieletto con oltre il 92% dei voti. Anche in questo caso, il 20 marzo si è svolto il secondo turno delle elezioni e a sfidarsi erano Issoufou e Hama Amadou, anziano presidente dell’Assemblea Nazionale, detenuto in carcere nei mesi antecedenti le elezioni con l’accusa di traffico di bambini. Date le premesse, non era difficile immaginare la vittoria di Issoufou, tenuto conto che l’opposizione aveva chiesto esplicitamente ai suoi elettori di non recarsi alle urne per protesta.

Nel Congo-Brazzaville è stato rieletto, direttamente al primo turno, il presidente in carica Denis Sassou Nguesso, con oltre il 62% dei voti: dovrà svolgere il suo terzo mandato “democratico” consecutivo benché governi il Paese, quasi ininterrottamente, da 32 anni. Nguesso, 72 anni, prendendo a modello le iniziative di altri presidenti africani, si è potuto ricandidare alla presidenza, dopo aver fatto approvare una legge che cancellava il limite anagrafico dei 70 anni previsto dalla Costituzione congolese.

A Capo Verde, uno degli Stati più stabili del continente africano, il Movement for Democracy (MdP), partito all’opposizione, ha vinto la sua prima elezione in 15 anni, ottenendo il 53,7% dei voti che gli conferiscono la possibilità di governare da solo. Nell’isola di Zanzibar, arcipelago della Tanzania che possiede parlamento e presidente indipendenti, Ali Mohamed Shein, del partito Chama Cha Mapinduzi, ha ottenuto la riconferma alla presidenza con il 91,4% dei voti.

Benché alla proclamazione ufficiale dei vincitori, come accade di consueto, abbiano fatto seguito le accuse di brogli degli sconfitti, durante lo svolgimento delle votazioni non si sono registrati rilevanti episodi di violenze e soprusi; ciò nonostante, il bicchiere democratico del Super-Sunday africano è pieno solo a metà.

L’ottimismo di base riguarda quanto avvenuto in Benin, lo Stato che ha dimostrato una buona maturità democratica: Thomas Boni Yayi lascerà la presidenza al termine del suo secondo mandato consecutivo, i candidati sono stati liberi di fare campagna elettorale, le elezioni si sono svolte in un clima sereno. Rimane un solo dubbio legato alla figura del vincitore, Patrice Talon, spregiudicato uomo d’affari, osteggiato per anni dal presidente Yayi, con una serie di procedimenti giudiziari a suo carico, per i quali potrà ora beneficiare dell’immunità presidenziale, e accusato nel 2012 di aver orchestrato un tentativo di uccisione del presidente.

Le note dolenti provengono dalle altre elezioni: il ballottaggio svoltosi in Niger ha visto l’assenza dello sfidante Amadou, ricoverato in un ospedale di Parigi a causa del peggioramento delle sue condizioni fisiche dopo i mesi trascorsi in carcere, in Congo tutte le comunicazioni sono state sospese immediatamente dopo la chiusura dei seggi per evitare notizie “sgradite” al governo, a Zanzibar le elezioni del 20 marzo erano una ripetizione di quelle svolte lo scorso 25 ottobre, annullate per le numerosi frodi riscontrate.

In Senegal, invece, si è votato per un referendum popolare, proposto dall’attuale governo, che modifichi la lunghezza del mandato presidenziale, portandolo da sette a cinque anni. La mattina del 23 marzo la Commissione Nazionale Elettorale ha comunicato la vittoria del fronte del sì con oltre il 62% dei voti, sancendo una vittoria personale del presidente Sall. La modifica non sarà a costo zero, in quanto permetterà comunque a Macky Sall di beneficiare di una sospensione della regola del limite dei due mandati presidenziali consecutivi e di candidarsi nuovamente nel 2019: solo allora sapremo se il bicchiere democratico senegalese sarà mezzo pieno o mezzo vuoto.