di Mohamed-Ali Anouar
Negli ultimi mesi si registrano migliaia di persone in fuga dal Mozambico, non solo a causa della grave siccità che interessa il paese (e in generale l’Africa australe), ma anche per l’intensificarsi della violenza tra forze governative e opposizioni.
Sarebbe forse bastato constatare la migrazione di migliaia di rifugiati verso il vicino Malawi per rendersi conto del livello di tensione raggiunto in Mozambico da qualche mese a questa parte. Il governo di Maputo sta conducendo una campagna militare che ha tutti i tratti di un vero e proprio conflitto non dichiarato e che le autorità sembrano determinate a nascondere. Atti di guerra tra forze governative che combattono il REMANO (braccio armato dell’opposizione). Tensioni politico-militari che in realtà non sono mai del tutto cessate dal 1975 anno in cui il paese ottenne l’indipendenza dal Portogallo. Nelle menti dei mozambicani sembra riemergere ora, il ricordo delle atrocità di 10 anni di guerra civile che ha causato circa 1 milioni di morti e più di 5 milioni di rifugiati.
Dopo più di 5 secoli di colonizzazione il Mozambico riesce finalmente a liberarsi della morsa portoghese dopo la guerra d’indipendenza dal 1964 al 1974. Ciononostante, l’ottimismo durerà solo un paio d’anni poiché nel 1977 il paese sprofonderà in una guerra civile che si perpetuerà per oltre 15 anni (1977-1992). Un conflitto da inserire nel contesto della guerra fredda visto che il FRELIMO (partito al potere) di tendenza marxista venne sostenuto dal blocco comunista mentre il RENAMO (ribelli antimarxisti) dall’ex Rodesia del Sud poi solo dal Sud Africa (una volta che la Rodesia bianca divenne definitivamente Zimbabwe nel 1980).
Oggi, il paese africano rimane in una situazione di instabilità politica. Le due parti che dominano il panorama politico da oltre 40 anni stanno poco alla volta tornato a imbracciare le armi. Sebbene sembrerebbe prematuro parlare di una guerra civile, vi sono però tutti i presupposti visto i diversi combattimenti registrati in buona parte del paese da ormai diversi mesi.
Il punto di rottura – di un già fragile cessato il fuoco firmato nel 1992 – come accade a gran parte dei paesi africani si è raggiunto dopo l’isolamento di un partito politico a discapito dell’altro in seguito all’esito delle elezioni; vinte di fatto da Filipe Nyusi membro del FRELIMO nell’ottobre 2014, ma fortemente contestate dall’opposizione che accusa brogli e poca trasparenza. Nonostante un notevole numero di seggi ottenuti nelle legislative del 2014 l’opposizione non ha mai riconosciuto i risultati delle elezioni presidenziali e legislative tanto meno la vittoria del neo presidente.
I primi scontri sono iniziate a metà del 2015 dopo che il Leader del REMANO Afonso Dhlakama aveva minacciato la secessione del paese. Dichiarando di volere prendere il potere in 6 regioni su 10. Regioni tra l’altro vinte durante le elezioni del 2014. Nonostante un primo tentativo di mediazione tra le due fazioni da parte del Sud Africa, del Vaticano e dell’Unione Europea, la situazione degenera con il tentativo di uccisione di Manuel Bissopo numero 2 del REMANO. Nel corso degli ultimi mesi, il paese è stato testimone di tensioni crescenti tra le due frazioni. Diversi scontri si sono registrati su tutto il territorio dove le violenze hanno interessato – come sempre – la popolazione civile. Lo scorso febbraio l’Human Rights Watch ha denunciato l’esercito nazionale di aver effettuato arresti forzati, stupri, bruciato case al loro passaggio, esecuzioni sommarie durante le operazioni di disarmo nelle zone controllati dai ribelli. D’altro canto il principale asse che collega il Nord al Sud del paese è diventato in diversi punti una strada fantasma dove le milizie ribelli hanno posizionato posti di blocco, minacciando i vari convogli che la attraversano. Inoltre, sono stati responsabili di violenti scontri che stanno paralizzando il paese.
La crisi che ormai si perpetua nel paese ha raggiunto il suo apice nei primi mesi del 2016; sono in aumento le vittime civili e cresce il numero di persone che scelgono la strada dell’esilio verso il vicino Malawi. A Maputo – così come nel Sud del paese – la situazione è tranquilla, ma il resto del paese è in guerra.
Le continue tensioni trascinano il paese africano in uno stato di incertezza. In forte espansione economica, le recenti scoperte di riserve di gas e carbone fanno del Mozambico uno tra gli Stati con la più grande crescita del continente. Ma la situazione attuale rischia di indebolire gravemente il paese ed ostacolare la crescita in futuro. Il Mozambico sembra ancora legato ai demoni che hanno caratterizzato la sua storia. Ad oggi i negoziati sono ad un punto fermo. Il numero dei rifugiati aumenta giorno dopo giorno. Una situazione che diventa ancora più allarmante se la si inquadra nel contesto della grave siccità che sta attraversando il paese cosi come tutta l’Africa Australe. Gran parte delle prospettive future del Mozambico si basano su come governo e opposizione saranno in grado di risolvere le loro divergenze in modo pacifico per concordare su una roadmap politica condivisa. Solo così si potrebbe evitare che lo stato sprofondi nuovamente in una guerra civile.