I robot aumenteranno la produttività e faciliteranno la condivisione di ricchezza oppure porteranno via posti di lavoro? Robohub ha intervistato Alan Winfield, Professore al Bristol Robotics Laboratory, esperto in etica robotica e relatore al World Economic Forum e la Royal Society.
D: Che impatto avranno i robot sull’economia?
R: Sicuramente positivo, ma il dibattito su robot e i posti di lavoro è troppo polarizzato. La gente sceglie un lato, che sia “i robot ci ruberanno tutti i lavori” o “andrà tutto bene, saranno creati molti più posti di lavoro di quanti ne andranno persi”. Non c’è un’unica risposta, fino a che punto i robot rimpiazzeranno i vari lavori dipende dal tipo di robot e dalla mansione specifica (…)
D: Può farci esempi concreti di settori in cui i robot potrebbero impattare il mercato del lavoro?
R: La mia più grande preoccupazione è l’Intelligenza Artificiale (IA), piuttosto che i robot fisici. La conoscenza dei lavoratori (avvocati, call centers, traduttori, analisti…) è molto più a rischio a causa dell’IA di quanto non lo siano i lavoratori manovali dai robot fisici. Richiede una tecnologia molto più difficile creare un robot e in ogni situazione in cui immaginiamo che un robot sia utile, scopriamo che ciò di cui abbiamo bisogno sono robot che collaborino al fianco degli umani. Questo perché la maggior parte dei lavori fisici non possono essere completamente automatizzati al 100% e i lavori che possono esserlo, come le catene di assemblaggio, hanno già fatto il salto all’automazione.
Bisogna anche capire quali aree sono adatte all’automazione. Strutture di immagazzinaggio e logistica sono aree in cui i robot stanno facendo enormi progressi. Amazon e Kiva ne sono un esempio ma c’è ancora strada da fare. Ovviamente sono spesso aree caratterizzate da bassa manodopera, stipendi bassi, contratti a tempo molto breve e fisicamente logoranti. I robot hanno un enorme impatto anche nell’agricoltura di precisione sebbene, allo stesso tempo, si tenti di evitare che la gente perda il lavoro.
D: Come possiamo aiutare le persone ad affrontare la transizione in caso di perdita del lavoro?
R: Credo che si possa pensare a una tassa di automazione o ridistribuzione. Le aziende che si automatizzano, e lasciano a casa molti lavoratori a bassa manodopera, hanno un dovere nei loro confronti. Se le aziende non aiutano volontariamente – e generosamente – queste persone, dovrebbe pensarci il governo. L’ultima spiaggia potrebbe essere una tassazione specifica.
D:C’è stato un grande dibattito sulle automobile senza pilota e il loro impatto sull’economia, lei che ne dice?
R: Ci vorrà molto tempo prima che si vedano auto e camion senza pilota per le strade, la tecnologia non è pronta. Il problema essenziale è capire se la macchina richiede un minimo intervento umano o è totalmente autonoma. Gli incidenti mortali delle auto Tesla mostrano che è una pessima idea inserire l’azione umana nel loro sistema. Se il pilota non ha niente da fare mentre la macchina va, è difficile restare attenti alla strada e quindi l’idea che il pilota possa immediatamente intervenire per prenderne il controllo in casi di emergenze improvvise è folle. Il problema è irrisolto. L’incidente di Tesla ha mostrato inoltre che la percezione e la sensibilità dei robot non sono ancora abbastanza buone.
D: Che impatto positivo avranno i robot sull’economia?
R: Nel breve periodo i robot creeranno posti di lavoro per nuove tipologie di impiego. La lezione degli ultimi 20 anni di società digitale è che è difficile prevedere che tipo di che tipo di lavori si tratterà. Se avessimo fatto una chiacchierata simile nel 1996 parlando di internet dubito che avremmo predetto anche solo il 10% dei lavori IT che esistono oggi. Il punto è che le nuove tecnologie generano nuovi modi di essere creativi. Avremo ovviamente bisogno di più persone per fare manutenzione ai robot ma ci saranno anche nuove attività imprenditoriali. Pensate a Open Bionics che stampa protesi con le stampanti 3D. Chi avrebbe mai immaginato che la robotica sarebbe stata usata in questo modo! Al migliorare della tecnologia si apre un mondo di utilizzi per oggetti robotici indossabili e non solo ne beneficiano persone che hanno perso il bacino o l’anca, ma anche i disabili. Spero davvero che le sedie a rotelle diventino un oggetto del passato.
Sul lungo periodo è importante che il benessere portato dalla robotica sia condiviso da tutti. Uno stipendio base universale è l’unica soluzione logica. In ultima istanza, e sto pensando a centinaia di anni nel futuro, sarebbe meraviglioso vivere in una società in cui tutti i lavori che non vogliono essere fatti dagli uomini sono fatti dai robot. Dovremmo mirare a un futuro in cui a nessuno è richiesto di fare lavori fisicamente o mentalmente debilitanti. (…). La robotica può realizzare tutto questo ma solo se la creazione di ricchezza è condivisa. Abbiamo un disperato bisogno di assicurare che i benefici non siano goduti solo dalle aziende che producono e posseggono i robot e lo 0,1% di quelli che posseggono queste aziende. Se falliamo in questo rischiamo di aumentare povertà e disuguaglianza. Che senso avrebbe far produrre a dei robot delle cose che le persone non possono permettersi di comprare? (…)
D: Chi dovrebbe decidere di che tipo di applicazioni della robotica dovrebbe beneficiare l’economia?
R: L’intera società deve avere il diritto di farlo, è necessario un dialogo. Questo già succede attraverso i sondaggi dell’Eurobarometro e molti eventi in Europa. Inoltre ritengo che debba essere creato un organo apposito per lavorarci su. Potrebbe essere una Royal Commission, o un organo europeo, che cerchi di capire come l’opinione pubblica percepisce queste questioni se presentate in maniera approfondita – e non in bianco e nero come fanno i media (…). La regolamentazione è una strada obbligata per il governo per rassicurare i cittadini. La fiducia della gente nei robot arriverà attraverso solo attraverso una regolamentazione e un impegno pubblico. Perché ci fidiamo delle compagnie aeree? Perché si tratta di un’industria molto regolamentata con standard molto duri e protocolli robusti per analizzare gli incidenti. La lezione delle linee aeree deve essere trasferita ai robot. Tesla è un esempio: finché sappiamo che non esistono standard entro cui il loro autopilota è stato regolamentato, non ci si può fidare.
a cura di Davide Vavassori