La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
Le analisi dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche forniscono prove definitive, ma le implicazioni geopolitiche alimentano ancora divisioni, contraddizioni e fake news.
In Siria è dal 2013 che vengono usate armi chimiche (sarin, cloro e gas mostarda), ma accertarne l’uso, e ancor più i responsabili, pone sempre enormi sfide, non perché sia difficile dal punto di vista fattuale, ma perché lo è da quello (geo)politico. Le armi chimiche sono l’argomento che forse più di altri alimenta nel conflitto siriano aspri contrasti tra le potenze coinvolte e una perenne guerra mediatica che troppo spesso trascura il lento, ma certosino lavoro delle organizzazioni preposte a verificare in modo oggettivo e imparziale quanto accade sul terreno.
L’attacco chimico su Khan Shaykhun (che avevamo analizzato qui) ne è l’ultimo esempio. Il rapporto definitivo dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) che ha condotto le indagini conferma “in modo incontrovertibile” l’uso del gas nervino sarin nell’attacco chimico su Khan Shaykhun, aiutando a far luce sulle varie (e contraddittorie) tesi finora circolate.
Come sono state condotte le indagini e cosa emerge?
Sebbene il team dell’OPAC non poté entrare a Khan Shaykhun nei giorni seguenti all’attacco in quanto, come precisato nello stesso rapporto, le condizioni di sicurezza e la mancata autorizzazione del regime siriano (che a Khan Shaykhun non ha più controllo, essendo in mano ai ribelli) non lo rendevano possibile, la raccolta di campioni e prove è stata comunque possibile. Già il 5 aprile infatti ispettori OPAC si trovavano in Turchia, dove le vittime intossicate dell’attacco erano state trasferite, a raccogliere campioni biologici e ambientali, ad assistere alle autopsie e a intervistare i sopravvissuti. Dal momento che il valore scientifico e probativo del luogo di impatto diminuisce con il passare dei giorni, la direzione dell’OPAC decise di non inviare gli ispettori a Khan Shaykhun nelle settimane successive, ritenendo che i campioni raccolti fossero sufficienti. Alcuni di questi campioni, tra l’altro, sono stati forniti all’OPAC dalle stesse autorità siriane, che prima le avevano fatte analizzare nei loro laboratori del Centro di Ricerca e Studi Scientifici di Damasco, riscontrando anch’esse che si trattava di Sarin (p. 47-48 del rapporto).
Le 34 testimonianze raccolte dall’OPAC tra sopravvissuti, medici e soccorritori accorsi sul posto, concordano nel dire che si è trattato di un attacco aereo in cui furono sganciati ordigni su Khan Shaykhun, cosa che sembra corroborata anche dalle prove fotografiche e video. Solo due testimoni forniti dalle autorità siriane e intervistate dall’OPAC a Damasco smentiscono la presenza di aerei durante l’attacco, ma l’OPAC precisa nel suo rapporto (p. 19) che essendo solo due testimonianze non corroborate da alcuna prova, non è possibile verificarle. Anzi, come fu per l’attacco al sarin su Ghouta nel 2013, ci sarebbero intercettazioni delle comunicazioni in cui militari siriani ed esperti chimici discutono i preparativi per l’attacco con gas sarin nei pressi di Idlib.
Il rapporto dell’OPAC non attribuisce però responsabilità circa l’uso del sarin, in quanto non è suo mandato farlo, ma fornisce le analisi e i risultati oggettivi su cui il Meccanismo congiunto ONU-OPAC (JIM) condurrà ulteriori indagini per individuare i responsabili, come ha già fatto in altri casi. Di sicuro però le analisi dimostrano che il sarin è stato usato contro la popolazione civile di Khan Shaykhun e si tratta di un risultato importantissimo, alla luce della diffusa strategia nel conflitto siriano di negare, anche contro ogni evidenza, fatti e crimini ormai divenuti quotidiani.
La narrativa politica, le sue contraddizioni…
La confusione era lecita, dal momento che da un lato Damasco e Mosca negavano l’uso del sarin e dall’altro gli Stati Uniti lo denunciavano, arrivando persino a bombardare come rappresaglia la base aerea di al Shayrat da cui l’attacco chimico sarebbe partito. Inoltre Damasco e Mosca hanno cambiato versione più volte, dapprima negando l’uso del sarin, salvo poi accusare i ribelli (che controllano Khan Shaykhun), per poi sostenere che un aereo del regime aveva bombardato un deposito di sarin in mano ai ribelli, cosa secondo gli esperti impossibile non solo perché il cratere di impatto dell’ordigno è chiaramente in mezzo a una strada, come tutte le foto mostrano, ma soprattutto perché il sarin non è un agente chimico che viene immagazzinato pronto all’uso, ma necessita di un reagente di attivazione che lo renda utilizzabile. Anche se un deposito con l’agente chimico del sarin venisse colpito, il sarin non verrebbe rilasciato. A questo proposito l’OPAC ha confermato che il rilascio del sarin è avvenuto proprio dal cratere di impatto, escludendo che possa essere avvenuto dall’esplosione di un presunto magazzino.
Quando poi il 12 aprile il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si riunì per votare una risoluzione che chiedeva di aprire un’inchiesta sull’attacco di Khan Shaykhun ed esortava tutte le parti del conflitto a collaborare garantendo accesso alla città colpita, la Russia mise il veto impedendone l’approvazione. Una mossa inspiegabile, se la tesi russa circa il bombardamento di un deposito di sarin fosse stata vera e soprattutto perché nei giorni precedenti era stata proprio la Russia a chiedere un’indagine internazionale per accertare i responsabili. Ciò si spiega in realtà con l’esigenza russa di tutelare a livello politico-diplomatico il suo alleato siriano, onde scongiurare azioni internazionali, anche a costo di contraddirsi.
.. e le fake news.
A complicare le cose, nei giorni successivi all’attacco, il 21 aprile, si è persino diffusa in rete la falsa notizia secondo cui l’ONU concludeva che non fosse stato il regime ad avere usato il sarin e che anzi il sarin non era stato usato perché le vittime erano morte per l’uso di armi convenzionali. La notizia si basava sulla traduzione errata di una dichiarazione di Paulo Pinheiro, Presidente della Commissione d’inchiesta ONU sulla Siria, che in realtà affermava una cosa ben diversa: “Abbiamo documentato l’uso di gas clorino nei nostri ultimi due rapporti e ora stiamo investigando l’uso di gas sarin a Idlib (ndt. a Khan Shaykhun). Siamo anche consapevoli che la maggior parte delle vittime del conflitto (ndt. quindi in 6 anni) è morta per armi convenzionali e non per sarin“, facendo dunque una considerazione generale senza esprimersi sul caso di Khan Shaykhun (né sui responsabili) perché le indagini erano ancora in corso (sebbene già le analisi preliminari permettevano all’OPAC, il 19 aprile, di dichiarare in un comunicato che già c’erano “prove incontrovertibili dell’uso del sarin”).
Le implicazioni geopolitiche.
Il negazionismo e le fake news, per quanto siano sempre smentite dai fatti, sono delle armi a tutti gli effetti che coadiuvano le strategie politiche e belliche. Nel caso specifico, l’uso di armi chimiche contro i civili è un crimine (sia di guerra che contro l’umanità) che suscita nel sentire comune un orrore maggiore rispetto ad altri crimini ed è (almeno in astratto) maggiormente passibile di una reazione della comunità internazionale rispetto ad altri (è stato il sarin a spingere Trump a reagire, e non ad esempio l’uso del naplam su Deraa o le politiche di pulizia etnica in corso), quindi negarne o strumentalizzarne l’uso, in un senso o in un altro, diventa imperativo. Per le considerazioni e le implicazioni politiche dell’attacco a Khan Shaykhun, rimandiamo a questo nostro “Siria Report”.
Nel vasto campo di battaglia del discorso politico, le conclusioni dell’OPAC sono dunque fondamentali perché accertano i fatti e forniscono prove che la narrativa politica e gli interessi delle parti coinvolte non possono ignorare o negare, almeno non senza cadere come visto in evidenti contraddizioni e perversioni logiche che in certi casi fanno persino sorridere, come ad esempio il fatto che le autorità di Damasco hanno subito liquidato il rapporto dell’OPAC come “privo di fondamento”, sebbene siano state loro stesse ad aver fornito all’OPAC parte dei campioni raccolti a Khan Shaykhun e ad aver accertato nei propri laboratori che si trattava di sarin.
di Samantha Falciatori