Lo scorso 12 novembre a Caracas, Claudio Maria Celli, inviato speciale del Vaticano, ha reso noto i primi esiti dei colloqui tra i delegati del Governo e dell’opposizione. Argomento dei negoziati: uscire dalla crisi economica e politica che attraversa il Paese.
In un contesto di forte tensione sociale, la strada tutta in salita per il dialogo in Venezuela è iniziata il 30 ottobre scorso con la stretta di mano tra il Presidente Maduro e il Segretario generale della Mesa de la Unidad Democrática (Mud) Torrealba.
Come risultato del primo incontro in riunione plenaria del “dialogo nazionale”, la via della distensione, favorita dall’intermediazione della Santa Sede e appoggiata da Ernesto Samper, Segretario generale dell’Unasur (Unión de Naciones Suramericanas), ha preso la forma concreta di quattro tavoli tematici per le negoziazioni tra le parti interessate.
Il primo tavolo di lavoro ha come oggetto il rispetto della sovranità del Paese, ed è mediato dall’ex Primo ministro spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero. Il secondo tavolo tratta i temi della giustizia, della pace e dei diritti delle vittime di atti di violenza ed è mediato da un rappresentante del Vaticano. A seguire il terzo tavolo che tratta argomenti di natura economica e sociale, mediato dal Presidente della Repubblica Dominicana Leonel Fernández. In ultimo troviamo il tavolo per la ricostruzione della fiducia reciproca e le procedure di dialogo, mediato dal Presidente di Panama Martín Torrijos.
Nel corso della seconda sessione plenaria dello scorso sabato 12 novembre sono stati evidenziati i più recenti sviluppi del processo di dialogo. I più importanti accordi raggiunti tra Governo e opposizione sul versante economico e sociale prevedono, in primo luogo, il riconoscimento prioritario dell’adozione di misure a breve termine con lo scopo di rifornire il Paese di medicine e alimenti d’importazione. È altresì prevista la promozione di politiche di cooperazione tra settore pubblico e privato per l’acquisizione e redistribuzione di beni.
In campo istituzionale si è convenuto di avanzare nel superamento del gravoso contraddittorio tra il Parlamento (Asamblea Nacional), roccaforte dell’opposizione dal 2015, e la Corte Suprema (Tribunal Supremo de Justicia). La controversia tra questi due poteri verte sulle presunte irregolarità nell’elezione di tre rappresentanti dello Stato dell’Amazonas, entità federale della Repubblica Bolivariana del Venezuela.
Sempre nell’ambito politico, i colloqui hanno portato ad un compromesso di lavoro per riconfigurare il Consejo Nacional Electoral (Cne), mediante la sostituzione di due delle cinque alte cariche che lo compongono. Il Cne, ente di garanzia che sovrintende alla trasparenza dei processi elettorali, è attualmente dominato da quattro elementi allineati con il Governo, e solo uno riservato all’opposizione. L’ente è al centro di una accesa diatriba per via della recente decisione presa dall’organismo di sospendere a tempo indeterminato il processo referendario per la revoca del Presidente Maduro.
Un’altra questione risolta dai colloquianti, probabilmente con meno difficoltà visto che si tratta di un tema che da anni plasma l’identità collettiva dei venezuelani, è stata la difesa del diritto alla sovranità sul territorio della Guayana Esequiba, oggetto di controversia e di un reclamo formale tra Venezuela e Guyana fin dal 1966.
Infine, forse in coscienza del pericolo che comporta per la coesistenza civile l’estrema polarizzazione che da anni caratterizza la vita pubblica del Paese, governo ed opposizione hanno fatto uno sforzo ulteriore rilasciando una dichiarazione congiunta di convivenza pacifica. In tale documento si dà particolare enfasi alla volontà delle parti di andare oltre i modelli politici e le ideologie che rappresentano, nell’ottica di promuovere il mutuo riconoscimento, la pacifica convivenza ed il rispetto reciproco.
Benché si tratti di progressi tangibili, il complesso di traguardi raggiunti dal dialogo nazionale che si aggiornerà nella terza seduta plenaria il prossimo 6 dicembre, ha sollevato le critiche dei settori più ostinati dell’opposizione. Il motivo del malcontento deriva dall’assenza, tra i punti trattati, di quella che è stata fin dall’inizio la priorità assoluta del fronte anti-governativo: arrivare ad elezioni presidenziali anticipate, con l’obiettivo di rimuovere Maduro mediante una legittima consultazione popolare.
Il referendum revocatorio, strumento garantito dall’articolo 72 della Carta Costituzionale è di particolare urgenza per l’opposizione perché, stando alle regole, se il referendum si tenesse oltre la data limite del 10 gennaio del 2017, eventualità che sembra sempre più probabile col passare del tempo, un voto contro Maduro non porterebbe a nuove elezioni presidenziali ma al passaggio di poteri in favore del Vicepresidente, carica attualmente occupata da Aristobulo Isturiz, esponente di vertice del Partido Socialista Unido de Venezuela (Psuv).
Infine, secondo un comunicato emesso dalla Mud, figura tra gli obiettivi seguenti al dialogo anche quello della liberazione di persone detenute. Con una trasfigurazione lessicale coerente con l’impegno ad abbassare i toni, il portavoce dell’opposizione, che fin qui aveva parlato con orgoglio di “prigionieri politici”, non hanno specificato ne il numero ne l’identità di coloro che dovrebbero beneficiare dei provvedimenti ampliativi della libertà personale da parte del Governo.
di Luis Daniel Angelucci