Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea, ha minacciato di dimettersi dal proprio incarico nel caso in cui Martin Selmayr, suo ex capo di gabinetto, fosse costretto a rinunciare alla nuova posizione come segretario generale dell’istituzione presieduta da Juncker.
Juncker ha espresso forte disappunto nei confronti delle aspre critiche piovute di recente da stampa e Parlamento europeo in merito alla sua decisione di promuovere Selmayr nel corso di un incontro, con altre due importanti personalità del Partito Popolare Europeo (PPE), Antonio Tajani, Presidente del Parlamento europeo e Joseph Daul, presidente del PPE, tenutosi giovedì 22, in preparazione del consiglio europeo di venerdì 23 marzo. Il lussemburghese ha manifestato forte rammarico, in particolare, per le critiche giunte dal suo stesso partito.
Juncker ha manifestato il suo nervosismo latente anche nel corso della consueta conferenza stampa seguita al Consiglio europeo di venerdì. Alla domanda di una giornalista che chiedeva: “Non crede che chiederà a Selmayr di dimettersi, dovrà poi dimettersi anche lei?”, il presidente della Commissione ha laconicamente e causticamente risposto:
“Non avendo intenzione di chiederglielo, la seconda parte della sua domanda non ha senso”.
Tuttavia, la promozione di Martin Selmayr non ha destato solo reazione negative in seno all’Unione. Angela Merkel, fresca di conferma alla guida della Germania, ha affermato di apprezzare il lavoro dell’ex capo gabinetto di Juncker, descrivendolo come “una persona che prende le decisioni in modo molto professione e cerca di fare un lavoro efficace”.
Più diplomatica, invece, la dichiarazione del presidente francese Emmanuel Macron, il quale, sebbene abbia dichiarato di “apprezzare la sua (di Selmayr) grande professionalità e grande competenza”, non ha mancato di sottolineare le forti critiche che questa nomina ha destato.
La nomina di Selmayr distrugge la credibilità dell’Unione, secondo l’eurodeputata liberale olandese Sophie in’tVeld. Certamente, questa vicenda non è ciò di cui l’UE avesse bisogno in un momento storico in cui il consenso nei confronti dell’Europa continua a vacillare.