I leader di Turchia, Russia e Iran si sono riuniti ad Ankara, capitale turca, lo scorso 4 aprile. In una dichiarazione congiunta rilasciata al termine del vertice, il presidente turco Erdogan e i suoi omologhi russo e iraniano hanno rimarcato la loro ferma intenzione di raggiungere un “cessate il fuoco duraturo” in Siria, Paese dilaniato da sette anni di guerra e dove questi tre Stati continuano ad esercitare un ruolo di primo piano.
Questo è il secondo incontro al vertice in meno di sei mesi fra questi tre attori internazionali, il primo si era tenuto a Sochi, in Russia, ed un terzo summit avrà luogo a Teheran, in data ancora da definirsi. La conferenza assume una rilevanza ancora maggiora alla luce degli ultimi sviluppi nello scacchiere siriano con l’avanzata turca nell’enclave curda di Afrin, delle truppe governative nella Ghouta orientale e le rivelazioni riguardo l’intenzione del presidente USA Donald Trump di richiamare in patria le truppe statunitensi presenti in Siria.
L’eventuale ritiro delle truppe statunitensi lascerebbe un importante vuoto di potere in alcune parti della Siria, accelerando la già latente lotta per l’influenza e il territorio del Paese. Tale decisione rafforzerebbe Russia e Iran, avversari in tale contesto e non solo degli USA e sostenitori del presidente siriano Bashar al-Assad, capace di rimanere al potere, nonostante la lunga ed estenuante guerra civile.
L’avanzata turca contro i territori controllati dall’YPG nel nord-est della Siria è stato uno dei temi all’ordine del giorno del vertice. Il presidente turco Erdogan, infatti, nonostante gli auspici per un cessate il fuoco duraturo, ha dichiarato che la Turchia potrebbe estendere le proprie operazioni militari ad altre aree contigue ai propri confini meridionali controllate dall’YPG, considerata un’organizzazione terroristica da Ankara.
Secondo Jana Jabbour, professoressa di scienze politiche a Parigi, Mosca e Teheran potrebbero dare il via libera ad Ankara, se quest’ultima riportasse i ribelli siriani da lei appoggiati al tavolo dei negoziati. La Turchia non sostiene, infatti, al contrario di Russia e Iran, il presidente siriano Bashar al-Assad.
Nonostante le dichiarazioni di facciata, comunque, il vertice fra questi tre attori internazionali non ha registrato nessun passo avanti verso la soluzione politica del conflitto, che si protrae da sette anni e che ha già causato la morte di oltre 340mila persone.