Dopo un secco “no” da parte del governo gibutino, la Russia tenta il Somaliland per costruire una base militare nel Corno d’Africa, che le permetterebbe di proiettare la sua forza nel continente nero e rafforzare la sua influenza nel Golfo di Aden e nel Medio Oriente.
La Russia sta progettando una base navale in uno stato separatista dell’Africa orientale per ampliare drasticamente la sua potenza militare in quel angolo di mondo. Dopo il rifiuto da parte della repubblica di Gibuti di concedere il suo territorio, Mosca ha da tempo avviato i colloqui con i leader del Somaliland per trovare un accordo per una base militare a Zeila.
Zeila ospiterebbe 1500 uomini a supporto delle sue navi da guerra e dei sottomarini per operare nel tratto strategico della costa che si affaccia sul Golfo di Aden. La base dovrebbe ospitare due navi cacciatorpediniere, quattro fregate, due sottomarini, due piste di atterraggio in grado di accogliere fino a sei aerei pesanti e quindici aerei da combattimento in una delle regione più instabile del continente.
In cambio la Russia si impegnerà a promuovere e riconoscere la Repubblica separatista del Somaliland nelle varie sedi internazionali oltre a garantire la sicurezza e addestrare le forze armate somalilandesi.
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Naturalmente, Mosca ha da tempo avviato una fitta linea diplomatica nel continente offrendo un alternativa ai paesi africani che vogliono separarsi dalle classiche cooperazioni europee e statunitensi. Tuttavia, è in questa ottica che dovrebbero essere lette gli interventi russi in Repubblica Centrafricana, nel Sudan e i vari viaggi diplomatici della delegazione russa in Algeria, Egitto, Sud Africa, Marocco.
Il Somaliland – oltre ad avere buone relazioni con il governo di Addis-Abeba – ha già trovato un accordo con gli Emirati Arabi Uniti per la costruzione di un porto a Berbera. Questo progetto a tre – fortemente voluto dal governo etiope – darebbe all’Etiopia un secondo sbocco al mare visto che adesso dipende interamente dal porto di Gibuti.
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La piccola Repubblica di Gibuti ospita già le basi militari di Stati-Uniti, Francia, Italia, Spagna, Cina, Giappone, Germania. Inoltre, sono già iniziate le trattative per una base turca e saudita.
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Il Cremlino potrebbe godere di questa situazione favorevole e sotto una velata motivazione economica stringere accordi con tutti e de facto proiettarsi militarmente nel continente nero. Inoltre, la Russia è interessata a investire nell’economia del Somaliland, in particolare nel settore dei combustibili fossili.
Il governo russo ha messo sul piatto 250 milioni di dollari per l’estrazione e il trasporto di gas naturale e petrolio. Il paese non è riconosciuto dalla comunità internazionale, fatica a trovare credibilità nonostante abbia tutti i presupposti per esserlo ma ciò non gli impedisce di siglare accordi con altri stati.
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Se realizzato, questa sarebbe la prima base russa in Africa dopo la Guerra Fredda e sarà un importante passo in avanti per l’ambizioso programma di modernizzazione della fotta russa voluta da Vladimir Putin. In effetti, la dottrina navale russa adottata nel 2017, promuove una visione della marina russa come una forza globale che nelle intenzioni dovrà consolidarsi come la seconda marina più potente del mondo dopo quella gli Stati Uniti.
Negli ultimi 10 anni le attività navali russe sono aumentate nel Mar Nero, nel Mediterraneo cosi come nell’Oceano Atlantico e Indiano. Inoltre, ha recentemente esteso il contratto di affitto per l’utilizzo dell’impianto navale di Tartus in Siria e con il progetto somalo, entrerà a far parte dell’elenco dei potenti nella regione del Corno d’Africa. Per di più la politica estera russa è rimasta per molti anni ai margini delle varie dinamiche politiche nei confronti di paesi che un tempo gravitavano nell’orbita di Mosca salvo poi passare sotto l’influenza americana.
Andrew Foxall, Direttore del Centro studi Russia ed Eurasia ha detto:
Il Corno d’Africa è strategicamente importante per un certo numero di ragioni, non ultimo perché permette di proiettare la potenza russa nel Medio Oriente e di esercitare influenza sul canale di Suez attraverso il Golfo di Aden.
È senz’altro una politica pericolosa quella condotta da Mosca. Tralasciando le ovvie questioni geopolitiche e l’importanza per la Russia di ritagliarsi uno spazio in una zona fortemente influenzata dalla politica di Washington, riconoscere il Somaliland aprirebbe di fatto alla balcanizzazione della Somalia e di conseguenza la strada a molti altri paesi separatisti africani che vivono scenari analoghi.
La comunità internazionale così come l’Unione Africana ad oggi non hanno mai seriamente accolto le richieste di Hargheisa e faticano a riconoscerle questo status proprio per il timore che altri movimenti separatisti nel continente possano iniziare a loro volta a rivendicare l’indipendenza, con il pericolo di destabilizzazioni e nuove guerre.
Ma la storia ci insegna che tutto è possibile. La divisione del Sudan, fortemente voluta e sponsorizzata dagli Stati Uniti, si è realizzata.
Per concludere, sarebbe comunque opportuno sottolineare un fatto. Le redini dei paesi africani sono da sempre in mano ad alcune potenze che hanno sempre controllato la politica e determinato le strategie geopolitiche. Difficilmente si può pensare che Mosca possa oggi entrare in questa arena salvo il benestare delle potenze già presenti.
Inoltre, la storia ci mostra come il Cremlino abbia spesso sbagliato il modo in cui ha interpretato la sua politica estera. Non possiede le risorse necessarie e l’esperienza di potenze come Gran Bretagna, Francia o Stati-Uniti per condurre determinate politiche di proiezione in luoghi così lontani e sconosciuti. E come vediamo, l’uso eccessivo della forza non sempre porta i suoi frutti. Questo può farci dedurre che la sua presenza nel continente nero sarà tutto sommato simbolica e non confrontabile a quella degli altri attori presenti nell’area.
di Mohamed Ali Anouar