Lo scorso 15 maggio, il presidente russo Vladimir Putin ha inaugurato il ponte che, attraversando lo stretto di Kerch, collega la Crimea, annessa da Mosca nel marzo 2014, alla Russia continentale. Il ponte lungo 19 km e costato 3,7 milardi di dollari è l’unico collegamento stradale e ferroviario diretto fra il Paese eurasiatico e la Crimea.
La Russia auspica che esso possa permettere il passaggio di milioni di automobili e tonnellate di merci ogni anno; precedentemente il traffico automobilistico doveva oltrepassare lo stretto di Kerch passando per l’Ucraina o utilizzando un traghetto.
Le relazioni fra Russia e Ucraina continuano a rimanere tese, dato anche il persistere del conflitto fra Kiev e i separatisti delle regioni orientali dell’Ucraina, supportati da Mosca. Nel 2016, gli Stati Uniti avevano imposto delle sanzioni contro le compagnie russe coinvolte nella costruzione di tale ponte, e ne hanno criticato l’apertura.
Una nota rilasciata dal dipartimento di Stato americano non solo ha condannato il ponte in quanto rappresenta il tentativo della Russia di legittimare l’annessione e occupazione illegale della Crimea, ma, inoltre, impedisce la navigazione, limitando il calibro delle navi che possono transite lungo lo stretto di Kerch, il solo sentiero tramite cui è possibile raggiungere le acque territoriali ucraine nel mare di Azov.
La costruzione di tale ponte, definito “ponte di Putin” da numerosi russi, è stata ovviamente criticata anche dall’Ucraina, il cui premier, Petro Poroshenko, ha dichiarato che la costruzione illegale del ponte di Kerch è “l’ultima prova che il Cremlino non abbia alcun rispetto per il diritto internazionale”.
Una simile posizione è stata assunta anche dall’Unione europea. Il portavoce del servizio europeo per l’azione esterna ha dichiarato che l’Ue considera il ponte come “un’ulteriore violazione della sovranità ucraina e della sua integrità territoriale”, sottolineando che Bruxelles continua a condannare l’annessione illegale della Crimea da parte della Russia e non intende riconoscere questa aperta violazione del diritto internazionale.
La risposta delle autorità russe non si è fatta attendere con l’ambasciata russa negli Stati Uniti che, in un post su Facebook, ha ricordato che “la Crimea è Russia”, dunque la Federazione russa “non deve chiedere alcun permesso per costruire delle infrastrutture che servono l’interesse delle proprie regioni”. Anche se queste interferiscono con acque territoriali di paesi terzi.
di Antonio Schiavano