Lo speciale sulla disuguaglianza in Sud America non poteva che dedicare ampio spazio al paese che presenta al suo interno le contraddizioni tipiche di questa parte di mondo: il Brasile. Due approfondimenti sugli anni della prima grande fase di sviluppo della maggiore potenza economica dell’America Latina ci illustreranno il difficile rapporto tra crescita economica ed equità.
Al termine del secondo conflitto mondiale, in buona parte dei territori interessati direttamente dalla guerra era stata avviata la fase di ricostruzione, resa possibile anche, e forse soprattutto, dai progetti per lo sviluppo regionale formulati in sede ONU. Il Brasile, nonostante dal ’48 fosse stato inserito nel programma dedicato all’America Latina e ai Caraibi (Cepal), era uscito dal periodo bellico avendo a disposizione 708 milioni di dollari di riserve.
Eurico Dutra, eletto nel ’45 primo presidente del Brasile post Estado Novo, la dittatura di Getulio Vargas instaurata nel 1937, ha approfittato di questa disponibilità delle casse brasiliane per togliere ogni restrizione alle importazioni, mantenendo fisso il tasso di cambio prebellico di CR$ (cruseiro, la moneta ufficiale brasiliana fino al 1967) 18.00 per dollaro.
Dutra, confidente nel fatto di riuscire a combattere l’inflazione proprio attraverso il commercio con l’estero, era in realtà vittima di quella che è stata successivamente denominata la ilusāo de divisas (l’illusione delle valute). Varata la nuova costituzione (1946, la quarta dell’era repubblicana) – con la quale si manteneva sostanzialmente intatto l’assetto federale istituito insieme alla Repubblica nel 1889 – Dutra adottò per il Brasile una linea spiccatamente filo-americana: il partito comunista venne messo fuori legge e i legami diplomatici con l’URSS interrotti.
La liberalizzazione dell’economia brasiliana, fino a questo momento largamente dipendente dalle esportazioni di caffè (costituivano oltre il 63% delle esportazioni brasiliane e il 50% della produzione mondiale) viene interrotta però solo dopo due anni, quando a conseguenza del forte disavanzo della bilancia dei pagamenti, provocato dalla pressione di una domanda di prodotti esteri rimasta per anni insoddisfatta, è stato necessario reintrodurre strette misure di controllo alle importazioni. La nuova politica di restrizioni è stata affidata al Dipartimento per le importazioni ed esportazioni del Banco do Brazil (Cexim, Carteira da Exportaçāo e Importaçāo), autorità incaricata per l’appunto della gestione di un sistema di licenze di importazioni, secondo criteri di priorità fissati dallo stesso ente. Esclusi alcuni beni di massima priorità, come medicinali e fertilizzanti, per tutti gli altri fu creata una gerarchia che distingueva tra beni essenziali e beni superflui. All’interno di questo complesso sistema rimane comunque stabile il tasso di cambio a CR$ 18.50.
Un sistema di licenze di importazioni possiede però alcune caratteristiche negative intrinseche. La principale, resa particolarmente evidente nel caso brasiliano, è il legame con la tradizione, assunta a criterio per la distribuzione delle licenze stesse, per cui ogni tipo di importazione ottiene una quota di valuta estera proporzionale al volume di transazioni prevalente prima dell’introduzione. Tuttavia, in una prospettiva di lungo periodo, il sistema di licenze imposto dal governo Dutra stimolò l’industrializzazione rivolta alla sostituzione delle importazioni, favorendo un processo che farà da volano allo sviluppo dell’intera economia del Brasile.
I primi frutti di questo processo di industrializzazione – che tra il 1948 e il 1961 portò l’industria (in particolare pesante) a crescere del 10.40% annuo – iniziarono a manifestarsi nei primi anni ’50, quando al governo si impose nuovamente la figura di Getulio Vargas, già alla guida del Brasile dal 1930 al 1945. Alla vigilia del secondo mandato Vargas, la composizione settoriale al PIL brasiliano aveva subito alcune importanti modifiche: l’industria della trasformazione era passata dal 14.5% al 19.3%, mentre la produzione di beni di consumo, passata dal 67.5% al 60.7%, ha lasciato spazio a quella dei beni intermedi, salita dal 25.9% al 31.7%. Naturalmente, la crescita e la diversificazione dell’economia imposero l’ampliamento e il miglioramento delle infrastrutture. A fronte di questa domanda, fu varato un piano governativo quinquennale (1949-1953), denominato Plan SALTE (Salute, Alimentazione e Trasporti) cui obiettivo era proprio provvedere agli investimenti nell’energia, nei trasporti e nelle attrezzature sanitarie. Il Plan SALTE però, interrotto anticipatamente nel ’51, fallì a causa dell’inesistenza di forme di finanziamento ben definite. La creazione di un Banco do Desenvolvimento economico non riuscì infatti a portare alcun miglioramento al progetto, che rimase dunque un tentativo meramente formale.
Le riforme del governo Vargas II
Getulio Vargas, ispiratore del Partido Trabalhista Brasileiro (PTB), al momento della sua rielezione nel 1950, era perfettamente consapevole dei mutamenti che stavano lentamente interessando il Brasile e delle difficoltà che il suo governo si sarebbe trovato ad affrontare. L’appoggio instancabile ma insufficiente della classe lavoratrice, il sostegno solo parziale del partito socialdemocratico (PSD) e l’arrivo alla Casa Bianca del repubblicano Eisenhower (1953), animato da una spiccata ostilità nei confronti dei governi sudamericani – in particolare quelli progressisti – sono elementi che costrinsero Vargas ad utilizzare tutta la sua esperienza e ingegnosità politica per gestire al meglio il complesso gioco di interessi che contrapponeva il settore agrario e dell’esportazione a quello industriale.
La prima mossa del governo Vargas fu l’approvazione dell’accordo con gli Stati Uniti, negoziato dal predecessore, sulla creazione di una Commissione mista USA-Brasile (Missão Abbink, 1951-1953) attraverso la quale favorire la cooperazione tecnica per l’elaborazione di progetti infrastrutturali in territorio brasiliano, il più significativo dei quali rimane la creazione di una Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico (BNDE),nonostante fossero stati stanziati solo 181 milioni di dollari sui 387 concordati.
Il programma per l’industrializzazione del Paese ideato da Vargas e dall’Assessoria Econômica da Presidencia da República (AERP, organo composto da tecnici incaricati di affiancare Vargas durante la progettazione), nonostante le premesse ideologiche, aveva una impronta marcatamente capitalista. Nel settore agricolo furono implementati progetti per la modernizzazione, lo stoccaggio, la commercializzazione e la colonizzazione dell’area centro-occidentale. Come vedremo anche in seguito, la realizzazione degli obiettivi comportava la creazione di istituzioni ad hoc che, durante il processo di modernizzazione, accompagnassero o sostituissero quelle esistenti.
Nel caso del settore agricolo, al Ministero dell’Agricoltura fu affiancata una Commissione per la Politica agraria (1951), l’Istituto Nazionale per la Colonizzazione e la Banca Nazionale per il Credito Cooperativo. In campo infrastrutturale e dell’industria di base, venne data priorità al settore ferroviario e delle comunicazioni, per il quale venne creata la Commissione per il Coordinamento e lo Sviluppo dei Trasporti (1952). Grande attenzione venne concessa allo sviluppo dei settori energetico e petrolifero, per i quali furono aperte due aziende a direzione statale, rispettivamente la Eletrobras (1954) e la Petrobras (1953, per la quale si ricorda lo slogan “Il Petrolio è nostro!”). Fra i tanti obiettivi fissati da Vargas, va citato inoltre il programma per lo sviluppo regionale, per la cui finalizzazione furono istituite la Banca del Nord-Est (1952) e la Sovrintendenza al Piano per la Valorizzazione Economica dell’Amazzonia (1953).
Vargas, sul piano internazionale, diede grande rilevanza alla ripresa del processo di integrazione e di unificazione dell’America Latina, trovandosi concorde con Perón, presidente dell’Argentina, sulla necessità di attualizzare il patto ABC (firmato ne 1915 tra Argentina, Brasile e Cile). Il tentativo fu reso vano principalmente dalle enormi divergenze politiche presenti all’interno dell’amministrazione brasiliana, divisa tra allineamento agli Stati Uniti e integrazione latino-americana – concepita dallo stesso Vargas in chiave anti-statunitense.
MER, il mandato di Juscelino Kubitschek e la fine dell’Era Vargas
In seguito alla bocciatura della riforma tributaria, nel 1953 venne introdotto un sistema di tassi di cambio multiplo (Multiple Exchange Rates) al quale venne abbinata una classificazione delle importazioni. La riforma, ideata in sede Sumoc (Superintendência da Moeda e do Crédito) prevedeva una divisione dei beni importati in cinque categorie:
- beni essenziali (alimenti, medicine, ecc…);
- alcuni di tipi di input produttivi;
- macchinari industriali, beni capitali e determinati beni di consumo;
- macchinari industriali non essenziali e altre tipologie di input produttivi;
- i beni di consumo non compresi nella categoria tre.
Annualmente, veniva effettuata una distribuzione dell’ammontare di valuta estera disponibile per ogni categoria sulla base di un preventivo. All’interno di ogni categoria, invece, il tasso di cambio effettivo si formava attraverso la vendita all’asta – da parte del Banco do Brasil – delle Promessas de Venda de Cambio (PVC), ossia di certificati di cambio che davano diritto all’acquisto della somma di valuta estera su di essi indicato. In sostanza, venne creato un mercato alternativo a quello ufficiale, la cui sopravvivenza dipendeva dall’esistenza di un monopolio del Banco do Brasil sulle entrate valutarie relative alle esportazioni.
Il vantaggio principale derivante da questo nuovo sistema di controllo agli scambi internazionali fu la sostituzione di un meccanismo competitivo all’arbitrio e alla frode, che andava a rimpinguare le casse pubbliche al posto di quelle degli speculatori privati. Inoltre, il continuo scoraggiamento alle esportazioni comportò un ulteriore incentivo all’industrializzazione. I critici di tale politica però, segnalarono come essa fosse inadeguata ad avviare un processo di sviluppo autosostenuto e duraturo.
La battuta d’arresto del periodo riformista e di questa fase dello sviluppo dell’economia brasiliana coincide con la morte del suo principale promotore, Getulio Vargas, suicidatosi nel 1954, nel pieno di una crisi istituzionale che lo vedeva protagonista. Incolpato di essere il mandante dell’assassinio del giornalista Carlos Lacerda – un suo aspro critico – e accerchiato dalla destra conservatrice (Unione Democratica Nazionale, UDN) e dall’élite militare, era sicuro che la sua deposizione fosse imminente. L’elezione di Juscelino Kubitschek (1956) comportò un lento smantellamento del complesso sistema istituito dal predecessore, avviato nel ’59 con un graduale processo di unificazione e liberalizzazione del sistema di cambi.
Per approfondire le tematiche qui trattate:
- Boggio, L., Sistema dei Tassi di cambio e Sviluppo economico del Brasile nel dopoguerra, Rivista Internazionale di Scienze Sociali, Serie III, Vol. 40 (Anno 77), Fasc. 3, (Maggio-Giugno 1969), pp. 221-237.
- Cano, W., Crise e industrialização no Brasil entre 1929 e 1954: a reconstrução do Estado Nacional e a política nacional de desenvolvimento. In: Revista de Economia Política, vol. 35, nº 3 (140), pp. 444-460, julho-setembro/2015.
- De Paiva Abreu (a cura di), M., A Ordem do Progresso: dois séculos de politica economica no Brasil, Elsevier.