La coalizione di governo ad Addis Abeba ha annunciato la sua volontà di implementare l’accordo di pace di Algeri firmato nel 2002 con Asmara. Con questa decisione Abiy Ahmed sembra tendere la mano al suo omologo Isaias Afewerki per porre fine ad un conflitto iniziato nel lontano 1993.
L’Etiopia è uno dei paesi politicamente ed economicamente più bloccati del continente africano, ma allo stesso tempo anche uno dei più promettenti. Tuttavia, il vero cambiamento risulta effimero fintantoché si continuerà ad applicare lo stesso copione storico e ideologico scelto dalla coalizione di governo sin dal suo insediamento ad Addis Abeba nel 1991.
Abiy Ahmed sembra aver capito questo concetto e anche che l’unico modo per fare uscire il paese dall’impasse è rompere con il vecchio modello di fare politica. Due mesi dopo la sua investitura sembra rispettare alla lettera il suo proposito. Sebbene, l’annuncio abbia destato grande stupore tra gli osservatori politici sembra tuttavia coerente con la posizione del partito fortemente orientato ad attuare nuove riforme.
Oltre a togliere lo stato di emergenza decretato lo scorso febbraio per una durata di sei mesi e aprire l’economia al settore privato, il giovane leader ha annunciato il suo desiderio di porre fine a venti anni di conflitto con il suo vicino eritreo.
Leggi anche: Etiopia: Gli Oromo bussano alle porte del potere
Martedì 5 giugno, il Comitato Esecutivo del Fronte Rivoluzionario Democratico dei Popoli Etiopi ha annunciato la piena attuazione dell’accordo di pace di Algeri firmato nel dicembre 2000 con l’Eritrea per porre fine ad una diatriba durata oltre un decennio. L’ultimo affronto tra il 1998 e il 2000 ha causato la morte di oltre 80.000 persone e ne ha sfollate un milione, secondo le fonti. La coalizione etiopica accetta anche il confine tra i due paesi, stabilito da una commissione di arbitrato nel 2002, che fino a ora era stato disconosciuto, con il rifiuto di accordare la città di Badme agli eritrei. Da allora, i due paesi hanno mantenuto molte forze lungo il loro confine di 1.000 chilometri e gli scontri periodici hanno portato a temere una ripresa di un conflitto su larga scala, in particolare nel 2016.
In effetti, gli incidenti armati costellavano periodicamente la vita quotidiana degli abitanti delle città di confine, in particolare tra Tsorona e Adigrat. Nel giugno 2016, il portavoce del governo etiopico, Getachew Reda, dichiarò addirittura che il suo paese aveva “la capacità di condurre una guerra totale contro l’Eritrea”.
Oggi però i tempi sono cambiati, con l’arrivo di un giovane leader che sembra non condividere l’ostilità della vecchia guardia né tanto meno le politiche condotte contro i fratelli nemici eritrei. Per ora, Asmara non ha commentato questo annuncio. Sebbene Isaias Afewerki avesse in passato affermato la possibilità di conciliazione nel momento in cui l’Etiopia avesse rispettato gli accordi e i confini. Ebbene ora Addis Abeba sembra volere rispettare i patti. Tuttavia, pochi sono quelli che vedono il presidente eritreo raccogliere realmente l’invito poiché l’assenza di pace è sempre stata la ragione con la quale il regime ha legittimato lo status quo per mantenersi al potere e non avviare reali processi di cambiamenti democratici. Inoltre, potrebbe usare questo annuncio per alimentare la sua retorica nazionalista e definire di fatto la soluzione etiope come una vittoria del popolo eritreo.
Isaias Afewerki: Presidente Eritreo
Non ci sarebbe alcuna ragione o giustificazione per mantenere la tensione tra i due paesi se gli accordi dovessero essere rispettati.
Leggi anche: Come l’Eritrea è diventato uno Stato canaglia
Abiy Ahmed Ali: Primo Ministro etiope
Né l’Etiopia né l’Eritrea traggono vantaggio da una situazione di stallo: dobbiamo spendere tutti i nostri sforzi verso la pace e la riconciliazione e liberarci dai piccoli conflitti e divisioni e concentrarci sull’eliminazione della povertà.
Naturalmente, un vero riavvicinamento tra i due paesi – culturalmente molto legati – riporterebbe la pace da troppo tempo perduta tra i due paesi fratelli oltre che migliorare drasticamente la sicurezza della regione, segnata da numerosi conflitti che spesso e volentieri – Etiopia e Eritrea – hanno anche condotto per procura. Per di più, permetterebbe ad Asmara di allentare la morsa delle sanzioni internazionali, acconsentirebbe al paese di aprirsi al mondo e alleviare le sorti del popolo eritreo. D’altro campo invece Addis Abeba potrebbe riacquistare l’accesso dei porti di Assab e Massawa sul Mar Rosso e non dipendere interamente da Gibuti.
di Mohamed-Ali Anouar