A due mesi dall’inizio dell proteste in Nicaragua il presidente Ortega ha raggiunto un accordo con l’opposizione venerdì 15 giugno acconsentendo al dispiegamento di osservatori ONU per un’indagine sulle almeno 170 morti tra i manifestanti dovute alla repressione governativa.
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Nonostante ciò, sabato 16 giugno almeno otto persone sono morte, due rimaste uccise dopo che la polizia e alcuni sostenitori governativi mascherati hanno aperto il fuoco contro dei manifestanti, secondo quanto riportato dai media locali, e sei – tra cui due bambini – morti in un incendio. Secondo un testimone, Jose Maria Hernandez, la polizia avrebbe incendiato un edificio dopo che il proprietario si sarebbe rifiutato di far salire i cecchini della polizia sul tetto. La polizia non ha rilasciato commenti a riguardo.
Gli investigatori della Commissione Interamericana per i Diritti Umani e Amnesty International hanno condannato la repressione del governo e documentato un uso eccessivo della forza da parte della polizia e delle forze governative.
La Conferenza episcopale del Nicaragua (ECN), incaricata di mediare tra le due parti, ha pertanto intensificato gli sforzi per un dialogo, sostenendo che garantire i diritti umani è la questione più urgente. Tra le proposte vi sono elezioni anticipate al mese di marzo 2019, invece che nel 2021.
Durante i negoziati, il governo nicaraguense ha invece affermato che la priorità è la rimozione dei blocchi stradali improvvisati allestiti dai manifestanti su circa 140 autostrade, cosa che ha danneggiato l’economia, ostacolando il commercio regionale. Con gli accordi di venerdì, l’opposizione ha acconsentito allo smantellamento dei blocchi.
Non è chiaro quando osservatori ONU potrebbero essere inviati nel Paese. Le trattative sono ancora in corso e i prossimi giorni potrebbero essere decisivi per una risoluzione della crisi politica.
di Samantha Falciatori