La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
Il norvegese Geir Pedersen ha la possibilità di salvare il processo politico siriano, da tempo clinicamente morto. Ecco come.
Dopo le annunciate dimissioni dell’Inviato Speciale ONU per la Siria Staffan De Mistura, il Segretario generale Antonio Guterres ha nominato il norvegese Geir Pedersen quale suo successore. A fine novembre sarà lui a dover cercare di portare la pace in Siria dopo oltre sette anni di guerra.
Pedersen, che lascia il ruolo di ambasciatore della Norvegia in Cina, ha servito l’ONU in vari ruoli, tra cui quello di Coordinatore speciale per il Libano nel 2007-2008, di negoziatore degli accordi di Oslo del 1993, che portarono al riconoscimento reciproco tra l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e Israele, e di rappresentante della Norvegia presso l’Autorità Palestinese tra il 1998 e il 2003.
Il nuovo incarico è incredibilmente complesso, non solo – come avevamo visto qui – per via dell’attuale situazione del conflitto siriano e dello stallo del processo politico dovuto alle vittorie militari del regime, ma anche per via del percorso intrapreso da De Mistura nei suoi quattro anni di mandato.
Un percorso che ha visto l’Inviato Speciale ONU tentare il compromesso con il regime siriano cercando di tenere vivo il processo politico anche quando non portava da nessuna parte, sperando che gli attori esterni sostenessero alla fine i suoi sforzi. Non è stato cosi, e anzi le potenze coinvolte hanno approfittato della copertura politica fornita dalle iniziative di De Mistura per avanzare le loro ambizioni militari sul terreno, che hanno di fatto sempre paralizzato il processo politico. Processo che, come titola il Foreign Policy, per essere salvato dovrebbe essere “ucciso”.
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Infatti, se perseguito alle condizioni attuali, porterà solo alla riabilitazione di Bashar al Assad, al consolidamento del regime di impunità che imperversa in Siria e a un finto processo di riforme costituzionali ed elezioni. Sebbene ciò possa soddisfare gli attori internazionali, non avrebbe alcun valore sul terreno.
Secondo il Foreign Policy, dunque, Pedersen potrebbe cambiare il corso del processo politico smettendo di tenerlo in vita a ogni costo, condizionando la sponsorizzazione ONU, ossia chiarendo che non gestirà un processo farsa senza un serio impegno degli attori coinvolti.
Infatti, sebbene le varie potenze – a cominciare dalla Russia – abbiano sfruttato gli sforzi di De Mistura per coprire l’unico corso reale del conflitto – ossia quello militare – è pur vero che tutti gli attori hanno bisogno della legittimazione del processo ONU. Il nuovo Inviato ha dunque la possibilità di far leva sulle controparti. Ma come?
Secondo una serie di raccomandazioni del Syrian Justice and Accountability Centre (SJAC), un’organizzazione non governativa che documenta i crimini commessi in Siria, ciò è possibile perseguendo sei priorità.
Riportare il processo politico a Ginevra.
Aver avallato il processo di Astana ha significato permettere alla Russia di dirottare il processo politico e di gestirlo in maniera autonoma al di fuori della supervisione ONU. Permettendo ciò in nome del compromesso, De Mistura lo ha svuotato di reale significato.
Pedersen può fare leva sui partner per fare pressione su tutte le parti in conflitto affinché tornino al tavolo delle trattative ONU a Ginevra. Inoltre, Pedersen non dovrebbe concedere al regime siriano e ai suoi alleati di selezionare gli individui con cui sono disposti a negoziare: dovrebbe invece garantire una rappresentazione indipendente di tutte le opposizioni.
Rivalutare l’approccio alle zone di de-conflitto.
De Mistura ha lodato piu volte le zone di de-conflitto come mezzo per stabilizzare la situazione del terreno, sebbene queste siano sempre state violate e nonostante il regime siriano le abbia usate per concentrare le risorse sulla riconquista di un’area alla volta violando il loro status di zone de-militarizzate, come accaduto ad Aleppo, Ghouta, Hama e Deraa.
Essendo Idlib l’ultima zona di de-conflitto ancora in essere, Pedersen dovrebbe garantirne lo status e mantenere l’accordo che a settembre ha fermato l’offensiva governativa.
Non legittimare lo sfollamento forzato della popolazione civile.
Per evitare lo sterminio delle popolazioni civili delle aree riconquistate dal regime, De Mistura negli ultimi anni ha avallato lo sfollamento forzato dei civili – che come concluso anche dalla Commissione d’Inchiesta ONU è un crimine di guerra – facendolo passare per “evacuazione”.
Strappare in massa migliaia di civili dalle loro case per evitare di essere uccisi o arrestati dalle truppe governative e trasferirli forzatamente in altre aree del Paese senza garantire alcuna assistenza umanitaria, non è un’evacuazione ma un trasferimento forzato che il diritto internazionale classifica come crimine di guerra e contro l’umanità.
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Il nuovo Inviato Speciale dovrebbe rifiutarsi di promuovere piani che comportino lo sfollamento di civili, che hanno implicazioni a lungo termine per quanto riguarda la composizione demografica del Paese, la ricostruzione e la restituzione delle proprietà, soprattutto alla luce del fatto che il regime sta demolendo e/o espropriando le abitazioni degli sfollati.
Dare priorità ai detenuti e alle persone scomparse.
Durante il suo mandato, De Mistura ha gravemente trascurato la questione dei detenuti, rifiundosi di fare pressione sulla questione in pubblico, spiegando che i progressi su una Commissione costituzionale doveva avere la precedenza.
Tuttavia nessun processo politico serio può prescindere dall’impegno a combattere la sparizione forzata e al rilascio dei detenuti inghiottiti nei centri di tortura e detenzione di tutto il Paese.
Affidarsi a una struttura per i diritti umani.
In nome dell’equidistanza e del compromesso, De Mistura ha spesso equiparato le responsabilità del regime e dei ribelli nella commissione dei crimini, sebbene non siano numericamnete paragonabili in quanto è documentato che la stragrande maggiornaza delle vittime civili del conflitto è stata causata dagli attacchi governativi.
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Questa equidistanza ha finito per danneggiare l’attribuzione delle responsabilità legittimando in parte le politiche di sterminio del regime siriano.
È auspicabile che il nuovo Inviato Speciale lavori con maggior coordinamento con la Commissione d’Inchiesta ONU sulla Siria, con il Meccanismo Indipendente sui crimini di guerra (IIIM) istituito dall’Assemblea Generale dell’ONU, con l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche e altri attori coinvolti nella documentazione dei crimini e nell’attribuzione oggettiva delle responsabilità, al fine di non sacrificare la verità per il compromesso politico.
Coinvolgere la società civile e le donne.
De Mistura ha più volte ignorato le raccomandazioni fattegli dalle organizzazioni della società civile siriana. Il nuovo Inviato Speciale dovrebbe considerare la società civile e il comitato consultivo delle donne come una risorsa nelle trattative, senza costringerle – come accaduto in passato – a raggiungere un accordo unico con le organizzazioni governative siriane, consentendo invece il dissenso come un’opportunità per un ulteriore dialogo.
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Resterà da vedere se Pedersen prenderà in considerazione queste raccomandazioni, nello svolgere un compito che molti prima di lui hanno fallito.
Intanto, il regime siriano ha annunciato che offrirà una collaboarazione condizionata al nuovo Inviato Speciale, ossia solo se si distanzierà da quelli che per il regime sono “terroristi”, cioè l’opposizione. Segno che il dialogo è ancora lontano.
di Samantha Falciatori