Russia e Giappone sono formalmente in guerra dalla fine della Seconda guerra mondiale, e la mancata stipula di un Trattato di pace tra i due paesi dipende da alcune dispute territoriali. Ma forse le cose stanno per cambiare.
Lo scorso 12 settembre, il presidente russo Vladimir Putin aveva proposto al primo ministro giapponese Shinzo Abe di concludere un Trattato di pace fra i due Paesi entro la fine dell’anno, un trattato “senza precondizioni” e che è atteso da decenni, visto che formalmente la Seconda guerra mondiale (o Grande guerra patriottica, se siete russi) tra Giappone e Russia, non si è mai conclusa.
Tuttavia, la proposta sembrava non aver attratto più di tanto il leader nipponico il quale, durante una competizione di judo a cui stavano assistendo entrambi i leader, aveva sottolineato come per il Paese del Sol Levante non fosse possibile firmare alcun trattato di pace con la Russia, se prima non fossero state risolte le dispute territoriali fra i due Paesi.
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Come afferma Dmitri Strelsov, capo del dipartimento Africa-Asia presso l’università MGIMO di Mosca, era difficile immaginare una risposta differente, dato che il Giappone considera il trattato di pace con la Russia solo come uno strumento per giungere alla risoluzione di contese territoriali.
La proposta di Putin non sembrava, dunque, aver portato alcun risultato. Tuttavia, già lo scorso 10 novembre il quotidiano giapponese Mainichi annunciava l’intenzione da parte giapponese di ravvivare le negoziazioni riguardanti la firma di un accordo di pace fra i due Paesi. Un desiderio confermato dal primo ministro Abe anche lo scorso 14 novembre, quando durante l’ultimo summit ASEAN a Singapore, ha incontrato Vladimir Putin.
La base giuridica su cui basare il rilancio dei negoziati è la Joint Declaration siglata nel 1956 da URSS e Giappone, documento che permise ai due Stati di riallacciare rapporti diplomatici a undici anni dalla fine della seconda guerra mondiale. In particolare, un ruolo chiave riveste l’articolo 9 di tale dichiarazione, la quale prevede che l’Unione Sovietica (oggi la Russia) debba cedere al Giappone le isole Shikotan e l’arcipelago Habomai, mentre tale articolo nulla dice riguardo le altre due isole oggetto del contendere, ossia Iturup e Kunashir.
L’interpretazione dell’articolo 9 potrebbe portare a una prima battuta d’arresto. Se infatti, il Giappone ritiene che il passaggio di sovranità delle isole Shikotan e dell’arcipelago Habomai costituisca solo un primo passo, prima di poter procedere con il negoziato finale che prevede una discussione riguardo il possesso delle due isole non espressamente citate dall’accordo, al contrario Mosca ritiene che ogni discussione non debba eccedere quanto espressamente previsto dalla suddetta clausola.
Inoltre, il presidente russo ha sottolineato come la Joint Declaration del 1956 affermi solo che l’Unione Sovietica sia pronta a restituire le due isole al Giappone, tuttavia tale dichiarazione “non dice nulla riguardo i termini della restituzione né sotto quale sovranità le due isole debbano rimanere”.
Il principale ostacolo per Putin è rappresentato soprattutto dal fatto che la stragrande maggioranza dei russi è contraria ad ogni cessione di sovranità riguardante le isole Kurili, (nome russo delle isole contese). La popolazione russa infatti non ritiene necessario fare delle concessioni al Giappone sulla base di almeno tre considerazioni differenti.
In primo luogo, è stata la Russia ad uscire vincitrice dalla Seconda guerra mondiale. In secondo luogo, la maggior parte dei russi non solo non considera il Paese asiatico come un partner paritario della Russia, ma sottolinea come il Paese del Sol Levante sia uno dei principali alleati degli USA, il principale avversario geopolitico della Russia. Infine, la popolazione del gigante eurasiatico non ritiene che tale accordo possa portare dei benefici significativi per la Russia.
Allo stesso modo, un accordo basato solo su quanto previsto dall’articolo 9 della dichiarazione del 1956 potrebbe essere un azzardo anche per Abe. Un risultato simile infatti implicherebbe perdere ogni diritto su Iturup e Kunashir, che compongono il 93% di quelli che vengono definiti dai giapponesi “Territori Settentrionali”.
Certamente, la firma di un trattato di pace a 73 anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale avrebbe anche dei risvolti positivi per entrambe i leader. Innanzitutto, iscriverebbe di diritto i due personaggi nella storia. Inoltre, una volta risolti le problematiche derivanti dalle dispute territoriali, la Russia potrebbe utilizzare il Giappone per limitare la crescente influenza cinese sia nel proprio territorio, ma anche più in generale nel contesto eurasiatico e, in particolare, in Asia centrale.
di Antonio Schiavano