Muhammadu Buhari è stato riconfermato, per un secondo mandato, Presidente della Nigeria, anche se l’opposizione contesta i risultati elettorali.
Muhammadu Buhari è stato riconfermato Presidente della Nigeria alle elezioni del 23 febbraio – dando il via ad un secondo mandato fino al 2023- con il 56% dei voti e con risultati vincenti in più di 10 stati e con più di 4 milioni di voti rispetto allo sfidante Atiku Abubakar.
La legge elettorale nigeriana è infatti piuttosto complessa: per vincere un candidato deve conquistare la maggioranza dei voti e contemporaneamente raggiungere il 25% dei consensi in almeno due terzi dei 36 Stati della Nigeria, legge pensata per evitare presidenti troppo regionalisti o di una specifica area.
Per capire l’importanza di queste elezioni occorre però inquadrare il contesto nigeriano e il suo ruolo regionale. La Nigeria è infatti il Paese più ricco e più popolato dell’Africa, che con quasi 200 milioni di abitanti rappresenta la settima popolazione mondiale e la prima potenza regionale militare.
Prima del colonialismo in Nigeria erano presenti importanti civiltà; è un grande Paese federale composto da 36 stati con più di 50 lingue, che utilizza l’inglese per comunicare. Nel sud ci sono le maggiori ricchezze naturali, c’è il Delta e la città degli affari, Lagos. La Nigeria ha però tensioni lungo tutti i suoi confini, con il Niger, il Chad e il Camerun, e anche storiche tensioni interne nel Biafra nel sud e con Boko Haram nel nord del Paese. Dal punto di vista economico, la Nigeria non ha aderito al mercato comune africano, di cui fanno parte invece 52 Stati sui 55 del continente.
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È dunque un contesto complesso quello in cui si sono svolte le elezioni. Il principale sfidante di Buharui, Atiku Abubakar (72 anni, del Partito Democratico Popolare), viene dal nord della Nigeria ed è musulmano come Muhammadu Buhari (76 anni, del Congresso di Tutti i Progressisti). Atiku, come è noto in Nigeria, ha 4 mogli e più di 20 figli ed è un uomo d’affari di successo legato alla dogana dell’importantissimo porto di Lagos. Viene da una famiglia modesta di Adamawa, uno stato del nord, suo padre fu costretto a mandarlo a scuola dal governo. Atiku ha avuto trascorsi politici ambigui, ha cambiato più volte partito, è stato vicepresidente, ha aiutato Buhari a diventare presidente nel 2015 ed è stato accusato di corruzione. La campagna elettorale di Atiku è stata condotta all’insegna del liberismo in economia e del pugno duro contro Boko Haram, i due punti deboli del presidente Buhari. Probabilmente il suo trasformismo politico ha pesato nella cabina elettorale.
Non è infatti bastato a sconfiggere Buhari, che alle ultime elezioni del 2015, era succeduto al presidente Goodluck Jonathan, del sud, la prima volta in cui in Nigeria ci fu una consegna di poteri pacifica e stabile. La precedente presidenza Buhari era stata caratterizzata da un’economia molto debole, dalla stagnazione del PIL e da un raddoppio dell’inflazione. La rigidità del cambio in politica monetaria è stata molto criticata dal settore privato che si è sentito danneggiato. In campagna elettorale si è parlato molto del passaggio da un regime di cambi fissi a uno variabile e della privatizzazione di alcune imprese: l’economia nigeriana è scarsamente diversificata ed è vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime (petrolio in particolare), quindi ora Buhari ha altri quattro anni per cercare di diversificarla e rilanciare il lavoro.
Tuttavia, rispetto al 2015 c’è stato un calo nella partecipazione di voto: nel 2015 fu del 44%, mentre adesso è stata solo intorno al 35%, anche se potrebbe non aver giovato il rinvio delle elezioni di una settimana annunciate lo stesso giorno previsto per l’apertura dei seggi.
Intanto l’opposizione ha rifiutato i risultati elettorali: Atiku ha definito il voto una “farsa” e minacciato un ricorso legale; durante le votazioni si sono anche registrati episodi di violenza e sparatorie in alcune aree del Paese, con almeno quattro morti.
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La missione europea di osservazione elettorale che ha supervisionato le elezioni, su richiesta della Commissione Elettorale Nazionale della Nigeria, ha rilasciato una dichiarazione preliminare nella quale pur riconoscendo dei miglioramenti nella Costituzione e nella gestione delle elezioni e pur accogliendo con favore la partecipazione della società civile al processo elettorale, nota, tra l’altro, delle carenze nella legge elettorale, nella pianificazione a livello nazionale delle elezioni stesse e nella libertà di stampa.
di Luca Di Gennaro Splendore