L’Ecuador nel “momento più critico della sua storia”

Coffins for sale in Guayaquil.Credit...Vicente Gaibor del Pino/Reuters

Tra crisi politiche, proteste di piazza e l’emergenza pandemica, l’Ecuador sta affrontando “il momento più critico della sua storia”, secondo le parole del presidente Lenin Moreno.


Sono passati solo sei mesi dalle violente proteste di ottobre contro la revoca dei sussidi ai carburanti – poi annullata – che faceva parte di un accordo per ottenere prestiti dal Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Oggi, dopo quelle forti proteste – che avevano paralizzato l’intero paese per più di due settimane – il governo ecuadoriano si trova a dover gestire una “triplice emergenza” – come l’ha definita lo stesso Moreno – di carattere sanitario, sociale ed economico.

Manifestanti si scontrano con la polizia antisommossa a Quito il 9 ottobre 2019 – credits: Rodrigo Buendia / AFP via Getty Images

Le immagini provenienti da Guayaquil, di cadaveri scaricati per strada, avvolti in lenzuola o chiusi in sacchi della spazzatura, hanno fatto il giro del mondo, sebbene in un primo momento il governo avesse tentato di minimizzare la gravità della situazione, fornendo dati e cifre poco aderenti alla realtà.

Stando ai rapporti del Comité de Operaciones de Emergencia Nacional, al 1° maggio, l’Ecuador contava quasi 27.000 casi di contagio e più di 1000 morti. La sola provincia del Guayas, dove si trova la città di Guayaquil, rappresenta il 70 percento dei casi nazionali. Secondo un’analisi del New York Times però, il numero dei morti sarebbe 15 volte più alto di quanto dicano i dati ufficiali

Per la Banca Mondiale, l’economia ecuadoriana sarà tra quelle che più risentiranno della pandemia nella regione latinoamericana. Il PIL dell’Ecuador nel 2020 potrebbe scendere del 6 percento, anche a causa delle tensioni sociali e della caduta del prezzo del petrolio. All’inizio di maggio il Fondo Monetario Internazionale ha accordato al paese un prestito d’emergenza di 643 milioni di dollari per contrastare la diffusione del virus Sars-CoV2.

Disagi a Quito e violazioni della quarantena

Nonostante le disposizioni previste dallo stato d’emergenza (Estado de excepción), in vigore dal 17 marzo, a Quito e nelle maggiori città ecuadoriane continuano a registrarsi sovraffollamenti in prossimità di supermercati, banche e parchi pubblici, a volte anche oltre le 14, l’ora in cui scatta il coprifuoco (che dura fino alle 5 del mattino del giorno seguente).

Nei giorni scorsi, il municipio di Quito ha chiuso alcuni mercati che erano stati presi d’assalto nelle ore in cui non vigeva il coprifuoco, per evitare assembramenti eccessivi e arginare la propagazione dei contagi.

A più di un mese dall’inizio dell’isolamento, gli ecuadoriani hanno ripreso a uscire, a recarsi nei parchi per fare attività fisica o semplicemente a incontrarsi per strada per scambiare due chiacchiere. In alcuni casi, non usando per niente o usando male le mascherine e non rispettando la distanza di sicurezza.

Le autorità della capitale hanno dichiarato che incrementeranno i controlli nei punti caldi e che miglioreranno il sistema di rifornimento alimentare, attraverso l’installazione di mercati in spazi aperti come stadi o piazzali.

Il funerale di una persona morta a causa della Covid-19 e la sua sepoltura in una bara di cartone in Ecuador – credits Mauricio Torres / EPA, via Shutterstock
La caduta del prezzo del petrolio

Il petrolio rappresenta la principale fonte di reddito del paese, la cui economia dipende largamente dall’esportazione di greggio, seguita da quella di banane e gamberetti.

La caduta libera del prezzo del Western Texas Intermediate (WTI), che lunedì 20 aprile si è attestato a -37,6 dollari al barile (per i futures con consegna a maggio), ha generato non pochi allarmismi nella capitale andina.

Già nelle settimane precedenti, il governo ecuadoriano aveva ridotto la produzione di petrolio, in qualità di paese membro dell’Opec, per frenare il crollo del prezzo del greggio.

L’Ecuador verso il collasso totale?

 “Il paese non ha le risorse per fronteggiare una crisi di questa portata” – dice Fausto Romero, Director de Fomento Productivo presso il Consorcio de Gobiernos Provinciales del Ecuador (CONGOPE) – “i nostri analisti prevedono che se continuerà così, in tre mesi avverrà il collasso totale. In questo momento, molti ecuadoriani non hanno un’entrata, ma vivono solo dei propri risparmi”.

E i prezzi dei beni alimentari, soprattutto in città, stanno aumentando.


“Abbiamo i campi pieni di prodotti agricoli” – spiega Romero – “il problema è la mancanza di logistica; i contadini non sono dotati di mezzi di trasporto adeguati che rispettino le norme di bio-sicurezza”. Ciò ha portato a forti speculazioni sui prezzi degli alimenti che arrivano nei mercati cittadini.

Il 16 aprile il presidente Moreno ha inviato all’Asamblea Nacional la Ley de Ayuda Humanitaria, un progetto di legge per far fronte all’emergenza sanitaria in corso, che “motivi alla solidarietà”.

Tra i provvedimenti della legge, il taglio del 50 percento agli stipendi del presidente, vicepresidente, ministri e vice ministri, un buono di 60 dollari mensili per 2 milioni di famiglie ecuadoriane, e la predisposizione di un credito (chiamato “Respira”) per le piccole e medie imprese che potranno così accedere a finanziamenti a tassi agevolati.

“Dovremo abituarci a una nuova realtà”, ha detto il presidente Moreno, affermando poi che i funzionari pubblici non possono aspettarsi di guadagnare come prima e annunciando tagli di almeno il 10 percento sui redditi superiori ai 1000 dollari.

Misure condivisibili, che però da sole non bastano, specie se si considerano gli ingenti tagli alla sanità effettuati dall’amministrazione di Moreno nei mesi precedenti alla pandemia.

Inoltre, il rientro a Cuba di 400 tra dottori e personale medico de l’Havana lo scorso novembre, ha posto fine senza rinnovo ad una collaborazione in ambito sanitario che era in piedi dal 2013: di certo non si è rivelata una mossa lungimirante.

Come a ottobre 2019, durante le proteste di strada, in giro si vedono persone dal volto coperto, con la sola differenza che prima ci si proteggeva dai gas lacrimogeni della polizia, mentre ora si cerca di evitare il contagio.

Allora gli ecuadoriani non si tirarono indietro, speriamo non lo facciano neanche oggi, di fronte alla pandemia e a un governo che non sembra in grado di affrontare anche questa crisi.

di Francesco Mattioni