Jihadisti Salafiti: una minaccia che dilaga nel mondo, Europa inclusa

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L’estremismo islamico rappresenta oggi una forza politica rivoluzionaria motivata a seminare il terrore, in diverse parti del mondo, e anche in Europa. I Salafiti Jihadisti sono probabilmente dietro l’attentato avvenuto questa mattina fuori dalla cattedrale di Notre Dame a Nizza dove due donne ed un uomo sono stati uccisi. Per combattere il terrorismo i nostri governi devono sviluppare delle controffensive, più efficaci e meglio coordinate e per farlo è necessario conoscere meglio il nemico e i meccanismi attraverso cui la sua influenza continua a espandersi.


Il movimento Islamico salafita è di matrice sunnita e predica la necessità di difendere l’Islam dalle insidie della modernità occidentale, invocandone un  ritorno alla purezza originaria. L’etimologia della parola Salaf, che significa i primi “pii” musulmani, si riferisce infatti ai compagni del Profeta, modelli esemplari di virtù umana e religiosa,  a cui tutta la comunità dei credenti, la Umma, dovrebbe ispirarsi per ripristinare la purezza dell’Islam. 

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Per i Salafiti l’intenzione di professare la versione più autentica dell’Islam, la più pura, si materializza con la necessità di dare priorità assoluta alle scritture invece che alle tradizioni, bandendo qualsiasi tipo di interpretazione soggettiva del libro sacro del Corano, che, a loro dire, comprometterebbe l’unico messaggio legittimo. E’ proprio questo approccio letteralista che contraddistingue il testualismo salafita dal tradizionalismo sunnita. 

Jihadisti Salafiti
I Salafiti-Jihadisti, così come altri movimenti dell’Islam cosiddetto radicale, quali Al-Qaeda, Hamas o i Talebani, ritengono lecito il ricorso alla Jihad. Credits to: Rahman Safi/Xinhua via Getty Images

La necessità del ritorno ad un Islam puro, la creazione di uno Stato Islamico regolato dalla Sharia, la legge Islamica e, la sconfitta del nemico occidente, sfruttatore e prevaricatore del mondo musulmano, sono i principali obiettivi che il movimento dei Salafiti-Jihadisti si prefigge di raggiungere. Intellettualmente parlando, infatti, la corrente di pensiero dipende in gran parte dal Wahhabismo, nato nel XVIII secolo nell’odierna Arabia Saudita, ed affonda le sue radici nei riformatori islamici della fine del XIX secolo e della prima metà del XX secolo, come Jamal al-Din al-Afghani (1839-1897), Mohammed Abduh (1849-1905) e Rashid Rida (1865-1935) che vedevano, per l’appunto, un ritorno al puro Islam come soluzione alla crisi nel Mondo islamico, soggiogato dall’imperialismo europeo.

Quello che però non deve sfuggirci in questa narrazione, è che i Salafiti-Jihadisti, così come altri movimenti dell’Islam cosiddetto radicale, quali Al-Qaeda, Hamas o i Talebani, ritengono lecito il ricorso alla Jihad, la lotta santa armata, per il raggiungimento dei loro fini, in particolar modo, per  “liberare” il mondo Islamico dall’influenza delle potenze occidentali e dei loro sostenitori.

Il ricorso alla violenza è quindi considerato legittimo, poiché la lotta santa armata non è altro che un mezzo per affermare la superiorità morale dell’Islam rispetto alle altre religioni, un mezzo per raggiungere un piano divino la cui realizzazione permetterà la salvezza di tutta l’umanità. 

I salafiti-jihadisti rappresentano una seria minaccia per le nostre società per due ragioni fondamentali. In primo luogo, perché, come avviene con altre ideologie islamiche radicali, i salafiti sono occupati in azioni di proselitismo, la cosiddetta Da’wa, e mirano a diffondere l’ideologia islamica dell’odio contro l’occidente, infiltrando in questo modo le nostre società e trasformandole dall’interno. Questo fenomeno è preoccupante, data la portata della “diaspora” islamica nelle principali capitali europee e la penetranza del messaggio salafita tra i segmenti più marginalizzati della nostra società.

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In Germania il numero di salafiti è raddoppiato negli ultimi cinque anni raggiungendo la soglia dei 10.000 seguaci, come ci rivela il rapporto annuale dell’Ufficio federale della Costituzione (Bfv), l’intelligence tedesca. Il rapporto illustra come i salafiti stiano concentrando i loro sforzi di reclutamento soprattutto tra gli immigrati che cercano rifugio in Germania.

Sotto l’apparenza di aiuti umanitari, gli islamisti riescono a radicalizzare soprattutto i più giovani, che in virtù dell’età sono particolarmente sensibili alla “attività missionaria salafita.” La situazione non è sicuramente migliore in Belgio, Regno Unito e  Francia, definiti i focolai jihadisti d’Europa, mentre in Italia i centri a rischio di radicalizzazione proliferano e la minaccia terroristica di matrice islamica si estende, come ci racconta un articolo di Francesco Balucani e Fabio Ottaviani apparso l’anno scorso su Zeppelin.

Candele e messaggi di cordoglio per le vittime dell’attentato terroristico avvenuto a Bruxelles il 22 marzo 2016, posti ai piedi del monumento in Piazza della Repubblica a Parigi. Credit to: Ian Langsdon/EPA

In secondo luogo, i salafiti-Jihadisti sono una forza emergente che si è dimostrata capace di indebolire i nostri governi, minando la nostra sicurezza e seminando terrore, grazie soprattutto alla loro capacità di stabilire networking strategici ed operazionali con altri gruppi dell’Islam radicale, con i quali condividono il sentimento di avversione verso l’occidente e la difesa e propagazione dell’Islam.

Un articolo di Katherine Zimmerman, apparso su Critical threats lo scorso aprile, ci racconta come in alcuni stati dell’Africa occidentale, in particolare in Burkina Faso, in Ciad, in Mali, in Mauritania e in Niger, i salafiti-jihadisti abbiano creato un vero e proprio ecosistema nella regione del Sahel, affiliandosi ad Al-Qaeda e allo stato Islamico. Le strategie militari ed operazionali, scaturite da quest’alleanza tra i diversi gruppi e fazioni dell’Islam radicale hanno permesso a quest’ultimi di fronteggiare e neutralizzare le azioni contro-terroristiche, lanciate dalle potenze occidentali come Francia, attraverso operazioni militari di supporto ai governi locali, come è il caso dell’operazione Berkhane.

Tutta la regione versa in una preoccupante instabilità securitaria e al momento non ci sono evidenze per ritenere che la situazione possa migliorare in un breve lasso di tempo.

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Figura 1: Network dei Salafiti-Jihadisti nel Sahel, la regione dell’Africa occidentale a sud del Sahara; origine American Enterprise Institute

Mentre l’influenza dei Salafiti-Jihadisti si estende nel nord del Benin e il network Jihadista acquista nuovi attori, strumentalizzando i conflitti comunitari, principalmente tra allevatori seminomadi e agricoltori stanziali, per l’accesso alle risorse naturali (fonti idriche, terreni di pascolo) e la definizione delle rotte di transumanza, molti Istituti di ricerca Europea come il Grip con sede a Bruxelles, monitorano la stabilità regionale e pubblicano dei rapporti per un audience specialistica.

Il monitoraggio è una delle azioni fondamentali per capire come si evolve il fenomeno del radicalismo islamico ma va affiancato ad altri azioni più risolutive.

Il servizio esterno dell’Unione Europea è impegnato in diverse azioni antiterroristiche, principalmente di natura strategica e di coordinamento, anche se, lo ricordiamo, la sicurezza resta una priorità di ciascun stato membro e le politiche anti-terroristiche messe in atto possono variare da paese a paese.

Quello che però accomuna un po’ tutti gli stati occidentali è la scarsità di risorse investite in studi regionali che aiuterebbero a conoscere meglio i nostri nemici e chissà forse a sconfiggerli un giorno.

Gli attacchi terroristici nelle nostre capitali europee che si sono susseguiti tra il 2004 al 2019 hanno dimostrato che i leader delle fazioni fondamentaliste sono sempre più consapevoli delle problematiche attuali del mondo occidentale e si sono dimostrati capaci di sfruttare le circostanze a loro vantaggio. Ci conoscono probabilmente molto di più di quando noi conosciamo loro e sono sicuramente molto motivati per raggiungere i loro obiettivi. Dovremmo forse sottovalutarli di meno e studiarli di più.

di Tiziana della Ragione