ROSCOSMOS: l’Agenzia spaziale russa

Credit to: National Aeronautics and Space Administration

L’Agenzia spaziale della Federazione russa (ROSCOSMOS) ancora oggi dipende a vario titolo dal glorioso passato del programma spaziale sovietico. Nella nuova corsa allo spazio è presente e ambisce a mantenere un ruolo di primo piano anche se il Cremlino persegue altri interessi nazionali.


E’ doveroso compiere una breve introduzione a questo intervento, poiché lo spazio riservato alla ROSCOSMOS è innegabilmente maggiore rispetto a quello riservato alle altre agenzie spaziali. Come diceva l’insuperato Lev Tolstoj:  “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.” E certamente analizzare la storia della ROSCOMOS vuol dire analizzare la storia di una famiglia infelice, di una Federazione che ricorda l’Impero e che può vantare la partecipazione alla nuova corsa allo spazio grazie ad una immensa eredità del passato. 

Poche cose riescono a colpire l’immaginazione quanto la Stazione Spaziale MIR. Già per una persona nata alla fine degli anni novanta del Novecento potrebbe essere un’entità sconosciuta la cui memoria sia stata completamente soppiantata dalla più celebre Stazione Spaziale Internazionale.

Eppure per anni non vi erano dubbi riguardo a chi fosse la regina dei cieli: la prima stazione spaziale modulare, unico vero avamposto dell’umanità oltre la stratosfera, potenzialmente ampliabile senza limiti e fiore all’occhiello del Kosmicheskaya programma SSSR (Космическая программа СССР) ovvero sia, il Programma Spaziale dell’URSS. 

 

L’eredità del passato che influenza il presente

Parlare oggi della ROSCOSMOS, l’agenzia spaziale della Federazione Russa, è impossibile senza introdurre il leggendario programma sovietico, ma al contempo è bene ricordarsi del ruolo traumatico e fondamentale che ebbe la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Esiste oggi una concreta difficoltà nel rendersi conto che la Federazione Russa e l’Unione Sovietica sono due realtà distinte, e se assumono “comportamenti storici” apparentemente simili è perché trattasi entrambe di potenze che agiscono secondo dinamiche naturali. 

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Al contempo la ROSCOSMOS deve così tanto al programma spaziale che l’ha preceduta ed in generale a tutta la storia della ricerca scientifica in Unione Sovietica, che oggi la Federazione può beneficiare un vantaggio notevole, soprattutto quasi esclusivamente, grazie ai progressi conquistati dal suo illustre predecessore. 

Prima di svolgere una rapida risalita attraverso la storia del programma spaziale sovietico fino al presente, è bene ricordare quanto già detto per la NASA poiché stiamo letteralmente parlando dell’altra metà della storia dell’esplorazione spaziale e delle prime colonizzazioni. Questi due giganti rappresentano le due metà indissolubili della primissima fase dell’era spaziale e per forza di cosa esistono elementi di complessità e molteplici sfaccettature sotto il punto di vista storico, sociale, culturale, tecnico, che non approfondiremo in questa sede. 

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Offro quindi in questa sede due esaustivi ed interessanti testi di riferimento, uno in inglese, l’altro in russo, poichè nel pieno spirito della Guerra Fredda non potrebbe essere diversamente: Путь к звёздам. Из истории советской космонавтики (Il percorso verso le stelle. La storia della cosmonautica sovietica) del 2006 di A. A. Alexandrov e naturalmente The Soviet Space Program di Eugen Reichl del 2019.

Il programma spaziale sovietico

Contrariamente al ruolo fondativo che ebbero gli scienziati tedeschi nella creazione dell’agenzia spaziale americana, la storia della missilistica sovietica inizia nel 1931 con il Gruppo per Studio del moto Reattivo, il Группа изучения реактивного движения, abbreviato in GIRD. Anche se potremmo postulare essa sia nata ancor prima, con gli studi di  Konstantin Tsiolkovsky (1857–1935), che agli inizi del secolo scorso espresse le equazioni relative al rapporto fra spinta e gravità che portarono al 1929 all’introduzione del concetto di razzo multistadio, in altre parole la metodologia di lancio utilizzata ancora oggi

Per approfondire: Siddiqi, Asif (2000). Challenge to Apollo : the Soviet Union and the space race, 1945-1974 (PDF). Washington, D.C: National Aeronautics and Space Administration, NASA History Div. Retrieved May 22, 2022.

Il GIRD portò alla realizzazione dei primi missili sovietici che venne poi incorporato nel RNNI (Istituto di Ricerca Scientifica per i Motori a Reazione) nel 1933. Già questa breve introduzione ci racconta una storia molto diversa rispetto alle sue controparti occidentali. In questo caso non si parla mai di agenzie ma di istituti, centri di ricerca. Eppure, in un gioco di capovolgimento dei ruoli degno di uno spettacolo teatrale, la caratteristica unica del Programma Spaziale sovietico, che lo distingueva fortemente dall’agenzia NASA, era la concorrenza. 

Contrariamente alle sue controparti occidentali e cinesi , che hanno sempre avuto una grande agenzia di coordinamento, il programma spaziale sovietico fu diviso e suddiviso tra diversi uffici di progettazione, in costante competizione fra loro, tutti guidati da grandi pionieri scientifici come Korolev , Kerimov , Keldysh , Yangel , Glushko , Chelomey , Makeyev , Chertok e Reshetnev. Tale stato di cose assume dei caratteri ironici se si pensa che la grande debolezza della NASA, campionessa nello spazio dell’economia liberista statunitense, era proprio l’eccessivo accentramento che vide per la maggior parte degli anni ‘60 la guida unica, seppur illuminata, di James Webb.

Al contrario il programma spaziale sovietico, responsabile per la supremazia spaziale di un’economia centralizzata e statalizzata, aveva il suo cuore pulsante nella competizione di questi gruppi. Non sbaglieremmo nel definire i successi del Programma Spaziale Sovietico come travolgenti:il primo missile intercontinentale, il primo satellite artificiale in assoluto ( il leggendario Sputnik del 1957), il primo animale in orbita terrestre e, naturalmente, nel 1961 il volo del primo umano nello spazio, con il viaggio di Yuri Gagarin a bordo del Vostok 1, poi seguito nel 1963 dalla prima donna nello spazio, la cosmonauta Valentina Tereškova. 

4 ottobre 1957, Il lancio dello Sputnik. Credit to: RKK Energiya/Solaris
12 Aprile 1961 Yuri Gagarin decolla a bordo del Vostok 1. Credit to: Roscosmos / Edited by The Planetary Society

Fecero seguito la prima passeggiata spaziale (1965) ma soprattutto l’avviamento del grande programma di esplorazione robotica che già nel 1959 aveva portato una sonda sul lato oscuro della luna dopo il primo atterraggio morbido sul nostro satellite naturale, nonché il primo rover della storia nel 1966 e la prima sonda robotica che raccolse nel 1970 campioni lunari riuscendo a riportarli indietro sulla Terra. Sempre tra gli anni 60 e 70 osserviamo le prime sonde interplanetarie che atterrarono su Venere e su Marte restituendoci le prime immagini al suolo di questi mondi vicini. E dopo la prima stazione spaziale nell’orbita bassa terrestre, nel 1986 vide la luce la Stazione Spaziale MIR.  

Leonid D. Kizim, e Vladimir A. Solovev, sono i primi cosmonauti a occupare la stazione spaziale Mir. Credit to: Nasa

Esattamente come nel caso della NASA e degli Stati Uniti d’America, il programma spaziale sovietico ebbe sempre, fin dalle prime fasi della Guerra Fredda, una funzione spiccatamente geopolitica per un uso dell’astro politica come conquista di posizioni di controllo nella stratosfera e come attestazione dell’avanzamento tecnologico russo. Senza considerare il ruolo fondamentale che ebbe come alimentatore di un serbatoio tecnologico che venne distribuito in seconda battuta, a tutto il blocco orientale. 

Questa indipendenza totale, che rimarcava la divisione polarizzata del mondo in quegli anni, portò alla nascita di una tecnologia, di una estetica ed in generale di un comparto di tecniche di esplorazione spaziale completamente avulse da quelle dell’occidente a trazione americana. Anche per questa ragione chi scrive ha sempre trovato calzante la divisione tra astronauti e cosmonauti, al di là di tutte le divisioni e categorizzazioni successive sopraggiunte con l’invio di uomini nello spazio da parte di altri paesi come India e Cina. Tale divisione trova infatti fondamento nella visione secondo cui un astronauta è uno specialista dell’esplorazione spaziale addestrato per interagire con la tecnologia di derivazione statunitense, mentre al contrario un cosmonauta è un professionista addestrato nell’uso delle interfacce e dei mezzi di derivazione russa. 

Il programma spaziale cinese e quello indiano sono marcatamente di origine sovietica e ancora oggi è richiesto a qualsiasi astronauta, o cosmonauta, di imparare anche il russo per poter interagire anche solo superficialmente con quella linea tecnologica. 

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Tali considerazioni possono sembrare ridondanti eppure sono parte di quel quadro composito che mostra quanto ancora oggi, la ROSCOSMOS, dipenda dal glorioso passato del programma spaziale sovietico. Del resto, che il programma spaziale fosse parte integrante della realizzazione del progetto rivoluzionario bolscevico non solo non fu mai un mistero ma venne addirittura propagandato a gran voce dagli stessi organi del partito, che vedeva e professava una diretta consequenzialità, tra dominio spaziale e dominio terrestre. 

L’unione sovietica progettò e realizzò anche la prima vera e propria astronave da guerra automatizzata, il Polyus del 1986, armata con un laser frontale e che anticipava nella funzione e nello scopo previsto le caratteristiche di mezzi di egemonia e controllo dello spazio suborbitale ed orbitale che abbiamo già osservato per altre agenzie spaziali ma a partire dagli anni 2000. L’uso del condizionale è d’obbligo considerando il fallimento in fase di lancio del progetto che proponeva anche un uso innovativo di un razzo di trasporto come vettore di trasporto in orbita del Polyus. 

La caduta del muro e la nascita della ROSCOSMOS

L’intera avanguardia tecnologica, che aldilà della propaganda occidentale non ebbe nessun disastroso arresto con la perdita della corsa alla luna e continuò a rappresentare un avversario alla pari e competitivo per la NASA, rappresentata dal Programma Spaziale Sovietico si infranse, insieme ad altre cose, nel 1989, con la caduta del muro. Un’industria che richiedeva continui investimenti ed una macchina organizzativa complessa e articolata andò letteralmente in frantumi. Rappresentativa è la sorte di Sergei Krikalev, il cosmonauta che trovandosi a bordo della stazione MIR al momento della dissoluzione dell’Unione Sovietica ne fu l’ultimo cittadino e venne letteralmente lasciato indietro, rimanendo così “bloccato” nello spazio per 311 giorni.

Il Cosmonauta Sergei Krikalev rientra sulla terra dopo essere stato dimenticato nello spazio. Credit to: Sygma via Getty Images

Gli anni 90 videro la nascita della ROSCOSMOS che in principio non fu in grado di gestire il caos che seguì il crollo con problemi finanziari e organizzativi che di fatto bloccarono l’intero sistema. Con la fine degli anni 90 si tentò di rifocillare le casse disastrate della ROSCOSMOS aprendosi ai lanci per satelliti commerciali e al turismo spaziale, tentando di sfruttare l’immensa eredità sovietica in termini di mezzi, tecnologia ed esperienza del personale. Nel 2005 la ROSCOSMOS avviò anche una collaborazione con lo storico rivale di sempre, gli Stati Uniti d’America, con il programma di collaborazione fra ROSCOSMOS e The Planetary Society.  

Lentamente sono così ripresi anche i programmi scientifici di pura esplorazione spaziale come il Koronas Foton del 2009, il RadioAstron 2011, l’Intergelizonda del 2011, lo Spektr Roentgen Gamma del 2015 fino al programma Terion del 2018 ed il coinvolgimento della Federazione Russa nel programma della Stazione Spaziale Internazionale.

Da questo punto di vista, le flessioni muscolari, sempre più crescenti dalla seconda metà del primo decennio del 2000, fra Russia e Occidente, non hanno sostanzialmente influenzato le collaborazioni fra ROSCOSMOS e le altre agenzie, fino allo scoppio del conflitto in Ucraina. Ciò era dovuto in primis da un rapporto di mutua necessità legato al fatto che la efficientissima navicella Soyuz, progettata nel 1966 e ancora perfettamente operativa, fosse l’unico strumento rimasto per raggiungere la stazione spaziale internazionale dopo la fine del programma shuttle al punto che gli statunitensi arrivarono a pagare fino a 90 milioni di dollari per astronauta per poter raggiungere la Stazione Spaziale.

9 Aprile 2021, la navicella Soyuz MS-10 decolla dal Cosmodromo di Baikonur in Kazakhstan, con a bordo astronauti della NASA e cosmonauti della ROSCOSMOS Credit to: NASA/Bill Ingalls

Questo almeno fino all’ingresso in scena di Tesla che con il Falcon, come abbiamo già visto nell’intervento dedicato agli Stati Uniti, ha reso di fatto superflua l’alleanza con la Russia da questo punto di vista o per lo meno non più indispensabile considerando il costo al momento quasi equivalente di un lancio effettuato con un Falcon della SpaceX ed uno con la Soyuz della ROSCOMOS. Non a caso gli analisti del settore parlano da tempo di come la Russia abbia di fatto perso terreno complessivamente con l’inizio della nuova epoca dell’esplorazione e colonizzazione spaziale ed in generale nel campo del mercato dei lanci spaziali. 

Un ruolo fondamentale sicuramente è stato ricoperto, come abbiamo già visto, dall’ingresso dei nuovi concorrenti privati che in primis hanno avuto il fondamentale effetto di provocare un abbattimento drastico dei costi di lancio. Inoltre quella stessa ricchezza portata in dote dal programma spaziale sovietico ha rappresentato anche un ostacolo concreto all’innovazione dell’industria spaziale russa che è rimasta in qualche modo ancorata a vecchie metodologie ed approcci.

Quando si sostiene che la ROSCOSMOS ha perso terreno ovviamente non si deve immaginare essa sia andata ad occupare un posto defilato nelle retrovie, ad ancora oggi la Russia rimane fra le prime nazioni per numero di lanci ospitati, con un range complessivo di lanci planetari fra il 2017 ed il 2021 compreso fra 14% e il 24%  (per avere un termine di paragone, gli Stati Uniti d’America nello stesso periodo hanno rappresentato fra il 20% ed il 32% dei lanci totali). 

Nonostante la grande eredità sovietica, e a discapito della macchina propagandistica, la Russia è un paese in affanno la cui economia fatica a trovare stabilità e che non riesce ad assegnare una redistribuzione della ricchezza neanche alle élite del paese all’infuori della ristrettissima cerchia degli oligarchi. Ciò vale anche per la ROSCOSMOS la quale è letteralmente afflitta da salari bassi e uno scarso ricambio generazionale che la porta ad avere un’età media dei dipendenti intorno ai 46 anni.

Inoltre anche la ricchezza più preziosa, con il passare degli anni, subisce le ingiurie del tempo, e a questa regola dell’entropia universale non si sottraggono neanche i capolavori tecnologici dell’era sovietica. Nonostante la stabilità e la validità di progetti che come abbiamo visto possono essere utilizzati per oltre quarant’anni, e nonostante in praticamente ogni ambito cardine dell’esplorazione spaziale, l’Unione Sovietica fosse all’avanguardia o in qualche caso, come la robotica, in prima linea, ormai queste tecnologie risultano obsolete, i pezzi di ricambio introvabili ed in generale fanno riferimento ad un sistema tecnologico e di compatibilità elettronica che non esiste più. 

Peggio ancora è che a risultare obsolete sono le procedure burocratiche e l’intero sistema organizzativo e dove un tempo il Programma Spaziale Sovietico era strettamente collegato alle forze armate, oggi la ROSCOSMOS risulta non solo disconnessa da esso ma addirittura trattata con diffidenza come ha dimostrato il disastroso abbattimento da terra da parte dell’esercito russo di un proprio satellite che doveva essere una prova di forza agli occhi del resto del mondo ed ha assunto connotati tragicamente comici quando il suddetto abbattimento ha generato detriti spaziali che hanno messo a rischio la vita degli astronauti a bordo della Stazione Spaziale internazionale, compreso un cosmonauta russo della ROSCOSMOS. Successivamente è risultato evidente che la ROSCOSMOS non fosse stata avvertita dell’esperimento dimostrando un certo scollamento fra le forze armate e il programma spaziale, una condizione alquanto anomala se confrontata a tutte le altre nazioni del pianeta. 

26 Luglio 2022. Il Presidente russo Vladimir Putin incontra al Cremlino Yuri Borisov il nuovo capo della ROSCOSMOS. Credit to: Mikhail Klimentyev/Sputnik/Kremlin Pool Photo via AP

La strada della ROSCOSMOS non è però completamente in salita, ed essa appare al contrario muoversi su di un terreno dissestato. Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi nuovi sistemi come nuovi stadi superiori di razzi; sono stati effettuati investimenti nelle linee di produzione e le aziende hanno iniziato a prestare maggiore attenzione alla formazione di una nuova generazione di ingegneri e tecnici inoltre molte aziende russe private del settore aerospaziale hanno potuto trarre profitto da contratti e partnership con aziende estere anche se è difficile prevedere come e in che modo tali incentivi potranno proseguire dopo gli eventi legati al conflitto in Ucraina e la rarefazione dei contatti con l’Occidente. 

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Nonostante l’altalenante attenzione mediatica che l’occidente ha riservato alla politica estera Russa, la quale è incentrata da almeno venti anni sulla ricostituzione di una sfera di influenza che possa essere in qualche modo vagamente paragonabile a quella Sovietica (tenendo conto che ovviamente ciò oggi non è possibile essendo tale ruolo occupato in larga parte del mondo dalla Cina che le è subentrata sotto molti punti di vista), i governi occidentali è dall’invasione della Crimea del 2014 che hanno sottoposto la Federazione Russa a delle vere e proprie sanzioni. Esse hanno concretamente danneggiato lo sviluppo della ROSCOSMOS e dell’economia russa in generale, considerando che l’industria missilistica ha rappresentato sempre un pilastro fondamentale della fragile economia post sovietica. 

Dal 2010 si è assistito ad una vera e propria esplosione dell’industria commerciale missilistica della ROSCOSMOS con un predominio in quei primi anni quasi totalmente diviso fra le Soyuz e la Arianespace di cui abbiamo già parlato e garantendo così alla ROSCOSMOS un fatturato nel 2001 di 707 milioni di dollari dai soli ricavi dei lanci commerciali.

Un idillio, quello con l’occidente pre crisi Ucraina che sembrava destinato a durare per sempre, con l’accordo stipulato con l’Agenzia Spaziale Europea per la realizzazione di una struttura di lancio per Soyuz dallo spazioporto della Guyana Francese di cui abbiamo già parlato. 

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L’occupazione militare della Crimea nel 2014 ha rappresentato di fatto il Rubicone, con il travalicamento di un confine puramente simbolico (alla luce degli eventi degli anni precedenti) che ha rappresentato la fine del programma di pressione diplomatica da ambo le parti. Da questo momento i rapporti con il mondo euroamericano si sono fatti improvvisamente tesi e, aldilà di qualsiasi considerazione di merito, i numeri mostrano chiaramente quanto questo nuovo scenario si sia rivelato disastroso per la ROSCOSMOS. Le sanzioni economiche già di per sé severe si sono concentrate proprio nell’ambito tecnologico e spaziale colpendo dichiaratamente anche il settore delle importazioni ed esportazioni in questo ambito. Il precedente capo della ROSCOSMOS è egli stesso il bersaglio di sanzioni individuali

Questo scenario geopolitico incandescente ci da un’occasione di osservare certi fenomeni di cui abbiamo lungamente parlato ma in un contesto profondamente accelerato. L’indebolimento dell’agenzia spaziale di una nazione significa di fatto indebolire il confine verticale del paese, esponendolo ad infiltrazioni e rendendo difficili le operazioni militari all’infuori di esso. Un esempio su tutti è dato dal fatto che, a molti mesi dallo scoppio del conflitto, e con una potenza militare proporzionalmente più grande, la Federazione Russa non solo non abbia ancora il controllo dello spazio aereo ucraino ma non riesca neanche a contenere sporadiche invasioni di campo da parte Ucraina

Senza considerare che ciò lascia la strada completamente aperta all’intelligence NATO che può coordinare in tutta comodità operazioni sul campo grazie ad una rete di satelliti che di fatto sorveglia ogni mossa militare sul campo ma soprattutto può fare affidamento su numerose agenzie private impazienti di fornire il loro supporto e dando vita in questo modo a quella che è stata definita “La Prima Guerra Spaziale Commerciale”.  

Inoltre il conflitto per procura con la NATO ha rappresentato il blocco immediato di ogni relazione di collaborazione fra la ROSCOSMOS e le altre agenzie, con la conseguente sospensione di ogni lancio, collaborazione e arrivando addirittura alla confisca coatta da parte russa di alcuni satelliti inglesi che dovevano partire dallo storico spazioporto di Baiokonur. 

I cosmonauti russi Oleg Artemyev, Denis Matveev and Sergey Korsakov a bordo della Stazione Spaziale Internazionale posano con una bandiera dell’autoproclamatasi Repubblica del Luhansk, in questa foto divulgata il 4 luglio 2022. Credit to: Roscosmos/Reuters

In questo scenario la ROSCOSMOS, intenzionalmente messa da parte dal governo federale russo che le preferisce la giovane Kosmicheskie voyska Rossii (Le forze spaziali dell’esercito) svolge un ruolo sempre più minoritario e da mesi ormai la Federazione Russa tenta di spostare il conflitto nel cyberspazio o di “rubare” parte della rete spaziale di altre nazioni come nel caso del tentativo, fallito, di accendere alcuni satelliti osservativi tedeschi. Anche in questo caso sembra sia stia sottovalutando la quantità di problemi e ostacoli che un’agenzia spaziale deve superare per garantire la sua semplice esistenza, dovendo in qualche modo introiettare fallimenti di lanci, interferenza di segnali elettronici, collisioni con detriti e altri satelliti, guasti di sistemi complessi prima o dopo il lancio e naturalmente attività di hacking

In altre parole, esattamente come agli albori della guerra fredda, predominio dello spazio significa predominio tecnologico totale, e tentare di aggirare furbescamente questa realtà di fatto, si risolve sempre in un fallimento.

A proteggere concretamente oggi i confini della Russia è ancora una volta una fondamentale eredità raccolta dalla ROSCOSMOS dal programma spaziale sovietico: la Soviet Deep Space Network (o come viene chiamata oggi, per quanto esattamente coincidente, Russian Deep Space Network ). Si tratta di una una rete di grandi antenne e strutture di comunicazione che supporta le missioni di veicoli spaziali interplanetari e osservazioni radio e radar astronomiche per l’esplorazione del Sistema Solare e dell’universo, costruita sotto l’Unione Sovietica è che rappresenta ancora oggi un fondamentale sistema di pattugliamento dello spazio aereo e orbitale sui cieli della Federazione Russa. 

Alla luce di queste fragilità appaiono quasi parossistiche certe manifestazioni propagandistiche, come la scelta di scrivere Donbas sul nuovo lancio di missili, mentre di fatto il governo isola e indebolisce di giorno in giorno la sua agenzia spaziale, agendo attivamente per smantellare quella che è stata per un certo periodo la principale forza spaziale umana e che ora fatica a stare al passo quando altre nazioni, come abbiamo visto, avanzano rapidamente. 

La ROSCOSMOS emerge da questo ritratto come una creatura strana: nata dalla pluralità del Programma Spaziale Sovietico e trasformatasi in un’azienda centralizzata, tesa ancora nello sforzo di preservare la grande eredità raccolta e di riconquistare uno spazio di potere in una nazione che non la pone più al centro dei suoi interessi.

Un percorso completamente diverso per un’agenzia spaziale di cui ingiustamente si parla poco anche se ha dimostrato in più occasioni di poter vantare un livello tecnologico pari a quello della NASA pur mantenendo una complessa pluralità di fondo, nel bene e nel male. La protagonista del nostro prossimo intervento sarà l’ESA.

Di: Tanator Tenabaun