Nella regione dello Xinjiang in Cina le autorità hanno proibito ai dipendenti pubblici, agli insegnanti e agli studenti di osservare il digiuno nel mese di ramadān, durante il quale per tutte le ore di luce del giorno sono interdetti ai musulmani cibi, bevande, fumo e rapporti sessuali. Non solo, i ristoranti dovranno restare aperti e gli abitanti dovranno astenersi dal praticare qualsiasi attività religiosa.
Una decisione che può essere inquadrata all’interno della campagna antiterrorismo lanciata un anno fa dal presidente cinese Xi Jinping nel tentativo di contrastare l’escalation di atti di presunta matrice uigura nello Xinjiang, (territorio dove vivono 8 milioni di uiguiri), e nelle aree limitrofe.
Gli uiguri sono una popolazione turcofona di religione musulmana che abita la regione più occidentale della sterminata Repubblica Popolare Cinese. Un’area cruciale per i piani di Pechino, impegnata a realizzare una “nuova via della seta” ovvero un megaprogetto infrastrutturale che collegherà il paese all’Europa. Da più di vent’anni il governo centrale persegue nell’area una politica di sinizzazione che si traduce, oltre che nel consueto uso della forza, in notevoli incentivi economici per tutti quei cinesi di etnia Han che fossero disposti a trasferirsi nella zona. Risultato? Diffusissimo e radicato risentimento nei confronti dell’etnia maggioritaria e “autenticamente” cinese (gli Han) che ha solo alimentato le aspirazioni separatiste ultracentenarie degli uiguri.
La nuova Frontiera inoltre (questo il significato di Xinjiang) è una regione considerata da Pechino come un hub cruciale per l’approvvigionamento di idrocarburi provenienti dall’Asia Centrale; il fatto che il 46% della popolazione dell’area sia uigura e chiami questa terra Turkestan orientale (proprio nell’accezione turco-islamica) è di per sé un problema in un paese che fa della certezza dei confini il suo axis mundi.
Il Movimento islamico per l’indipendenza del Turkestan Orientale (Etim) è un problema; per il governo cinese infatti è la più temibile organizzazione terroristica operativa all’interno della Repubblica Popolare. Il rischio che lo stesso venga risucchiato all’interno della galassia jihadista internazionale è concreto; se non altro a causa della prossimità geografica tra lo Xinjiang e due paesi come il Pakistan e Afghanistan.
Per tutte queste ragioni e chissà quante altre, Pechino ha deciso che i musulmani cinesi che volessero – attraverso il digiuno – distogliere il corpo e la mente dal ricordo di sé, così da poterli rivolgere a Dio, o esprimere solidarietà verso i credenti più poveri, o coltivare virtù quali la pazienza e lo spirito di sopportazione di origine beduina, beh non potranno farlo.
Eliza Ungaro