Ogni settimana su Zeppelin vi riporteremo l’intervista più interessante dei giorni appena trascorsi.
Al direttore dell’intelligence americana John Brennan è stato chiesto di commentare il rapporto di 28 pagine dell’inchiesta congressuale sugli attentati dell’11 Settembre 2001, nella quale sembrerebbero esserci prove del diretto supporto fornito ad Al-Qaeda dai sauditi.
L’intervista originale è stata realizzata da Al Arabiya e trascritta in inglese dalla redazione di Washington il 12 Giugno scorso: la trovate a questo indirizzo.
traduzione di Davide Vavassori
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D: Ad oggi, chi tra Al Qaeda e ISIS è più pericoloso?
R: Entrambi sono determinati a realizzare attentati terroristici e uccidere uomini, donne e bambini innocenti. Daesh in questo momento è un’organizzazione presente non solo in Iraq e Siria ma anche in Nord Africa, Sud Est Asiatico e altre aree. In termini di crescita e pericolosità dobbiamo stare molto molto attenti. Al Qaeda esiste ancora: nella regione afgana – pakistana, in Siria e in Nord Africa. Gli specialisti del contro terrorismo devono tenere gli occhi ben aperti per minacce potenziali da tutti questi gruppi.
D: Potete fermare gli attacchi dai lupi solitari?
R: I cosiddetti “attacchi da lupi solitari”, gli individui che potrebbero essere incitati o incoraggiati a fare attacchi dalla propaganda e la retorica di gruppi terroristici rappresentano un fenomeno molto difficile da gestire. Tutti i paesi del mondo devono essere preoccupati dal potenziale di individui o gruppi di individui che agiscono per loro conto, senza contatto diretto con terroristi organizzati o gruppi che provino a attuare questi attacchi. Questo è accaduto sia in Europa che negli USA. L’attentato a San Bernardino è un ottimo esempio di un attacco terroristico che è stato incitato da una retorica che arriva da organizzazioni terroristiche.
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D: Qual è il ruolo dell’Iran nella battaglia contro ISIS?
R: Non ho contatti con gli iraniani.
D: Zero?
R: Zero contatti. Continuo a essere molto preoccupato del supporto dell’Iran a attività terroristiche, specialmente la milizia Quds (ndr. forze speciali iraniane) e le loro attività in Iraq, Siria e altri paesi nella regione. Devono ancora dimostrare che si vogliono impegnare nella battaglia contro il terrorismo.
D: Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa’ud (ndr. membro della famiglia reale, Ministro della Difesa e Secondo Vice Primo Ministro dell’Arabia Saudita) visiterà nei prossimi Washington e gli USA. Come descrive la cooperazione tra USA e Arabia Saudita al momento?
R: Abbiamo un’eccellente cooperazione con l’Arabia Saudita. Ho lavorato con i miei partner sauditi per molti anni. Ho servito in Arabia Saudita per 5 anni e sotto il governo del principe Mohammed Bin Nayef, che è anche Ministro dell’Interno. Negli ultimi 15 anni i sauditi sono diventati tra i nostri migliori partner nel nella lotta al terrorismo (…)
D: C’è stato un gran parlare delle 28 pagine di informazioni classificate come top secret in un report sugli attentati dell’11 settembre. Avete qualche evidenza che colleghi il governo saudita nel supporto, finanziamento o coinvolgimento con i dirottatori come si è detto?
R: Queste famigerate 28 pagine, che sono parte di un’indagine congiunta pubblicata nel 2002, solo un anno dopo l’11 settembre, fanno parte di una relazione preliminare che provava a tirare insieme pezzi di informazioni riguardo ai responsabili degli attentati. In seguito la Commissione 9/11 ha guardato a fondo le presunzioni di coinvolgimento dei sauditi, del loro governo e le conclusioni sono chiare: non c’è prova che il governo saudita, o i principi ereditari individualmente, abbiano supportato gli attacchi. Io credo che queste famose 28 pagine verranno pubblicate ed è buona cosa che lo siano. La gente non dovrebbe prenderle come prova della complicità dei sauditi con gli attentatori.
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D: Ci sono moltissimi servizi di intelligence che operano nell’area della Siria e dell’Iraq. Americani, russi, iraniani, israeliani, turchi, solo per nominarne qualcuno. Come vi muovete in questo teatro complesso? Chi è contro chi? Chi è alleato di chi?
R: Bella domanda. Ci sono attori interni, così come gruppi, governi, intelligence e servizi segreti. Con l’eccezione dell’Iran, interagisco con tutti i partner della regione. Con i servizi arabi, quelli turchi, quelli israeliani e gli altri. C’è un forte interesse a lavorare insieme per distruggere Daesh e Al Qaeda. Brava com’è la CIA, mantenere delle relazioni forti con questi paesi è importantissimo. Lavoriamo a strettissimo contatto con i nostri partner egiziani e mi incontro personalmente con i leader di questi paesi, presidenti e primi ministri. Ho incontrato svariate volte il presidente al Sisi che vuole distruggere Daesh […]. Lavoro con le controparti del Sudan e ho avuto una riunione di recente con Mohammed Atta, il capo dell’intelligence sudanese. Sono molto soddisfatto di cosa ho trovato in Sudan in termini di sforzi per collaborare, scoprire e distruggere varie organizzazioni terroristiche. Noi condividiamo lo sforzo comune nel difendere le popolazioni civili. La CIA farà tutto quello di cui è capace non solo per proteggere i cittadini americani in patria o all’estero, ma anche per proteggere uomini arabi, donne e bambini, persiani, donne e bambini in tutto il globo. Siamo determinati a forgiare e rafforzare queste partnership perché questi gruppi non si fermeranno davanti a niente pur di uccidere e mutilare.
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D: A breve la CIA avrà delle riunioni con i candidati alla presidenza americana. Lei è preoccupato che Mr. Trump possa diramare queste informazioni e mettere in pericolo la sicurezza nazionale?
R: Il presidente Obama ci ha dato indicazioni per vederci con i candidati presidenziali e noi lo faremo tenendo conto che gli forniremo solo le informazioni di cui hanno bisogno in qualità di candidati. Le vere riunioni avranno luogo solo dopo le elezioni, quando il Presidente eletto si sarà insediato. Solo allora avranno luogo discussioni approfondite e riunioni dettagliate riguardo i problemi globali, e al ruolo che la CIA e gli Stati Uniti hanno per fronteggiare queste sfide. È quello su cui ci focalizzeremo quando il Presidente verrà eletto.
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