La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
Nonostante la stretta collaborazione con la Russia in Siria, i funzionari iraniani sono sempre più sospettosi sulle reali intenzioni di Mosca e della sua strategia a lungo termine. Ecco perché.
Il 10 giugno l’Iran ha ospitato un incontro trilaterale con i Ministri della difesa di Russia e Siria per discutere una strategia comune nella lotta al terrorismo. Da rilevare che questa volta, a differenza dei precedenti incontri, è stato l’Iran, e non la Russia, a dirigere la riunione. Durante i colloqui, i tre ministri della Difesa hanno confermato la determinazione dei rispettivi governi nel “continuare le operazioni militari fino a quando il terrorismo non sarà sradicato”, in particolare ad Aleppo, come ha ripetuto il Ministro della difesa iraniano Hossein Dehghan.
Il riferimento è all’attacco di maggio effettuato dalla coalizione ribelle Jaish al-Fatah nel villaggio di Khan Tuman (sud di Aleppo), che ha ucciso decine di combattenti iraniani del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), della brigata afghana Fatemiyoun (mercenari che combattono per l’Iran) e delle milizie sciite di Hezbollah. Secondo alcune fonti le vittime sarebbero un’ottantina, tra cui due generali di spicco; si è trattato della più grave perdita per le forze iraniane dall’inizio del conflitto.
Dopo lo scontro a Khan Tuman, molti strateghi dell’IRGC hanno cominciato a esprimere dubbi sugli obiettivi di Mosca nella lotta al fianco delle forze iraniane, libanesi e siriane. Questi strateghi, e altri funzionari che in Iran si oppongono alla presenza militare della Russia in Siria, mettono in guardia circa le divergenze di interessi tra Russia e Iran che nel lungo termine potrebbero portare a conseguenze impreviste.
Il panorama mediatico in Iran – precedentemente fiducioso per quanto riguardava la presenza russa in Siria – improvvisamente è scivolato nello scetticismo se non addirittura nel silenzio. Non è solo la sconfitta a Khan Tuman ad aver segnato il dibattito nella leadership militare iraniana, ma anche altri fattori che riguardano la strategia russa che sono fonte di crescente preoccupazione per l’Iran.
Che gli obiettivi di lungo termine di Russia e Iran in Siria divergano non è una novità (ne avevamo parlato qui), ma gli sviluppi degli ultimi mesi sono significativi per quel che riguarda le intenzioni degli attori contendenti, soprattutto nell’area di Aleppo: la Russia ha negoziato a maggio il cessate il fuoco ad Aleppo, accettandolo senza informare l’Iran e proponendo poi uno stop temporaneo degli attacchi aerei russi contro al-Nusra per “dare ai ribelli siriani moderati la possibilità di dissociarsi da al-Nusra”, di nuovo senza coordinazione con l’Iran.
Anche il riavvicinamento russo con Israele è fonte di sospetto per i funzionari iraniani.
La retorica tanto siriana quanto iraniana sostiene che la Siria è vittima di un complotto internazionale sionista (e americano) volto a rovesciare Assad, ma questo non ha impedito alla Russia di consolidare i suoi rapporti con Israele, anche per quanto riguarda il coinvolgimento militare, che operando in Siria, è stato imprescindibile: il premier israeliano Netanyahu ha visitato a giugno Putin per celebrare il 25° anniversario della riapertura dei rapporti diplomatici tra i due Paesi ed è stato accolto in pompa magna.
È stato anche il 4° incontro tra i due del 2016. Da febbraio infatti le relazioni tra i due Paesi si sono fortemente intensificate, con la firma di accordi commerciali (anche nei settori di energia, agricoltura, dogane, previdenza e tutela dei diritti sociali), diplomatici e persino con un accordo interparlamentare.
Ma sono soprattutto gli accordi militari e d’intelligence per quanto riguarda la Siria a destare maggiore interesse. Lo stesso Netanyahu ha ammesso che Israele ha condotto decine di raid aerei in Siria contro Hezbollah e convogli di armi a loro destinati per impedire che acquisiscano armi avanzate da poter poi usare contro Israele, e la cooperazione militare con la Russia in Siria mira proprio a evitare incidenti aerei tra le due aviazioni e a garantire a entrambi sicuri margini di manovra per perseguire i rispettivi interessi, che divergono palesemente da quelli iraniani.
Si tratta solo di una delle tante contraddizioni frutto delle complesse alleanze in Siria, non ultima quello che riguarda le alture del Golan (territorio siriano ma occupate da Israele dal 1967). Il Golan è uno dei cardini della retorica anti-israeliana del regime di Damasco e di Teheran, ma Netanyahu ha dichiarato che mai il Golan verrà restituito alla Siria e che per Israele ciò è una linea rossa. Annuncio fatto da Netanyahu ad aprile, in visita da Putin, a Mosca.
Le autorità russe continuano inoltre a dichiarare che non è Assad in persona la loro “linea rossa”: la portavoce del Ministero degli esteri russo Maria Zakharova ha ribadito che la Russia sostiene una “legittima autorità in Siria, non Assad personalmente”, posizione che sottolinea ancora una volta la divergenza di interessi a lungo termine tra Russia e Iran in Siria.
Il più grande obiettivo di Mosca è avere un governo dipendente a Damasco per mantenere l’accesso alle città portuali nel Mediterraneo, mentre quello dell’Iran è mantenere aperti i canali con Hezbollah in Libano e Hamas in Palestina tramite il territorio siriano. Se la Russia raggiungesse i suoi obiettivi, potrebbe non avere più bisogno di mantenere lo status quo, ed è anche questo, tra le altre cose, a preoccupare l’Iran.
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L’obiettivo principale dell’incontro dei ministri della Difesa voluto dall’Iran è far capire ai suoi partner siriani e russi che l’Iran è ancora il principale attore nella guerra siriana e non è disposto a trattare a causa di Assad o Putin fino a quando tutti i suoi obiettivi non siano stati realizzati, anche per l’investimento economico che l’Iran ha fatto su Assad, che si stima ammonti, dal 2011, ad almeno 6 miliardi di dollari fatti fluire ogni anno al regime siriano.
di Samantha Falciatori