Erdogan e la sospensione della Convenzione sui diritti umani

di Ilaria Rudisi
Erdogan sospende la CEDU, e ciò comporta conseguenze fortemente impattanti sul già debole stato di diritto della Turchia e sulla fragile tutela dei diritti umani dei suoi cittadini.

Il golpe fallito tra la notte del 15 e 16 Luglio ha favorito una drastica devoluzione dello Stato di diritto in Turchia che è culminata nella proclamazione da parte del Presidente Erdogan dello stato di emergenza e nella contestuale attivazione della clausola di sospensione (contenuta nell’art.15) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) che la Turchia ha ratificato nel 1954.

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Soldati coinvolti nel tentativo di colpo di Stato arrestati sul Bosphorus Bridge – Istanbul / credits: Getty Image

La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) è un Trattato internazionale che da un lato codifica e rafforza i diritti fondamentali dell’individuo, e dell’altro istituisce un sistema giurisdizionale finalizzato a tutelare i cittadini contro le violazioni dei propri diritti fondamentali da parte degli Stati membri. Il Trattato, all’articolo 15, permette agli Stati membri che si trovino o in una situazione di conflitto interno o in presenza di una grave minaccia all’integrità dello Stato, di sospendere per un periodo di tempo limitato (durante il quale il Segretariato del Consiglio d’Europa – che non c’entra nulla con il Consiglio europeo dell’Ue – deve rimanere costantemente aggiornato sull’evoluzione della situazione interna allo Stato) la tutela dei diritti umani nell’ordinamento interno.

La ratio di questo meccanismo è quella di porre lo Stato nella possibilità di agire al di fuori dei tradizionali meccanismi di tutela tipici dello Stato di diritto – tradizionalmente garantisti – con il mero obiettivo di accelerare la “guarigione” del sistema. Vista l’apparente e sostanziale pericolosità della clausola di sospensione, la Convenzione, se da un lato ammette la possibilità di derogare al suo contenuto, dall’altro individua anche un “nocciolo duro” di diritti considerati intrinsechi al genere umano e mai comprimibili (e sempre opponibili) alle esigenze dell’interesse pubblico superiore, quali la sicurezza collettiva di una Nazione.

In Europa negli ultimi mesi, a seguito dei diversi attentati terroristici subiti, anche la Francia si è appellata all’art.15 della Convenzione, come peraltro non ha fatto a meno di ricordare Erdogan in diverse interviste.

Il diritto alla vita (art.2), la proibizione della tortura (art.3), la proibizione della schiavitù (art.4 co.1) e il principio di legalità (art.7) sono considerati dalla CEDU inderogabili a fronte di qualsiasi minaccia allo Stato; infatti il mantenere saldi questi diritti dovrebbe impedire derive autoritarie dei Governi che procedono alla sospensione della Convenzione.

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Sostenitori dell’AKP in piazza ad Istanbul per il contro-golpe / credits: Ozan Kose-AFP-Getty Images

Ma non è tutto. La sospensione della CEDU attivata dalla Turchia comporterà conseguenze fortemente impattanti sul suo già debole stato di diritto e sulla già fragile tutela dei diritti umani dei suoi cittadini. Infatti, per le violazioni dei propri diritti umani, nel periodo di sospensione della stessa, i cittadini turchi non avranno alcuna possibilità di attivare il meccanismo di tutela, protezione e riparazione offerto dalla Corte Europea dei Diritti Umani, pertanto l’operato del governo turco resterà impunito.

A causa della mancata inclusione nel così detto “nocciolo duro” di alcuni diritti tradizionalmente considerati pilastri democratici, il Governo, come esito della sospensione del diritto alla libertà e alla sicurezza (art.5), potrà trattenere in stato di arresto i sospettati (o oppositori) al di fuori di qualsiasi tipo di garanzia giurisdizionale generalmente fornita dalla magistratura e al di fuori di qualsiasi indicazione circa i presupposti dell’arresto, ancor più sarà estremamente facile modificare il tradizione iter processuale, in forza della sospensione dell’art.6 della CEDU, dedicato all’equo processo.

Il governo di Erdogan non avrà alcuna difficoltà ad istituire tribunali speciali in unico grado di giudizio (o perfino marziali) al fine di assicurare alla giustizia e il più velocemente possibile i “nemici del sistema”, incidendo fortemente anche sulla tradizionale indipendenza dal potere politico dei giudici – già messa a dura prova, se non spazzata via, dalle epurazioni dei giorni scorsi. Risulterà inoltre fortemente compromessa la sfera dell’autodeterminazione personale. Saranno infatti maggiormente facili ingerenze nella vita privata e familiare (art.8) così come vi saranno forti limitazioni della libertà di espressione (art.10) e di riunione (art.11) e non meno importante la possibilità di derogare alla libertà di coscienza e religione (art.9) prevedendo forti limitazioni all’associazionismo di comunità religiose differenti da quella sunnita.