Nella giornata di domenica in Libia le milizie che fanno capo al governo di Tobruk (guidate dal Generale Aftar e sostenute da Egitto ed Emirati Arabi), hanno attaccato e conquistato i porti di Ras Lanuf ed Es Sider, tra Sirte e Bengasi. Questi due porti hanno una certa importanza, perché è da qui che continua a partire – seppur in maniera molto minore rispetto al periodo prima della guerra civile – il petrolio estratto nel Paese.
A difesa degli stabilimenti c’era la Guardia petrolifera libica, guidata da Ibrahim Jathran. La Guardia petrolifera, a dispetto del nome “istituzionale”, è nei fatti una vera e propria milizia autonoma. Questa milizia a luglio era arrivata ad un accordo con l’altro governo – quello stanziato a Tripoli e sostenuto dalla comunità internazionale, guidato da Fayez Serraj – per la ripresa del commercio e delle esportazioni petrolifere.
I governi di Tripoli (che controlla l’ovest del Paese) e di Tobruk (che controlla la parte est) sono entrambi impegnati nella lotta contro le fazioni islamiste e contro l’Isis, ma non sono mai riusciti a giungere ad un accordo che potesse contemplare la formazione di un governo di unità nazionale capace di operare su tutto il territorio. Fino ad oggi, però, non si era mai giunto allo scontro armato tra i due governi libici.
Questo nuovo sviluppo potrebbe decretare il fallimento della missione Onu che aveva affidato al governo di Tripoli di Serraj il compito di riunire la Libia, e a cui il Generale Aftar si era sempre opposto. La presa dei due porti – in altri due, Brega e Zueitinasi, si sta ancora combattendo – potrebbe inoltre complicare quella che secondo Reuters sarebbe l’unica possibilità per la Libia di ricostruire le fondamenta dello Stato, e cioè la ripresa dell’esportazione stabile del petrolio estratto nel Paese, che da solo varrebbe il 95% delle entrate statali.
Intanto nella giornata di oggi è stato comunicato dal governo italiano l’invio in Libia di 100 medici e 200 militari della Folgore. Il loro mandato sarà quello di costruire un ospedale da campo nei pressi di Misurata e sostenere l’esercito del governo di unità nazionale di Serraj, che da tempo chiedeva aiuti in questo senso.
di Lorenzo Carota