Agenda 2030: rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile

La speranza che gli obiettivi contenuti nell’Agenda 2030 possano con il tempo diventare realtà, riposa sulla necessaria collaborazione tra governi, privati e società civile. Partenariati costruiti su principi e valori oltre che su una visione condivisa, che protegga “la vita” sul pianeta, sono ormai indispensabili a livello globale, nazionale e locale.


Alla ricerca di una necessaria coerenza tra politiche commerciali e sviluppo sostenibile

Nel primo mese del 2021 diversi termini che davamo un pò per scontati, come ‘sostenibilità’ o ‘multilateralismo’, sono tornati in auge. Bisogna però domandarsi che cosa significhino concretamente, a quali linee politiche e conseguenti azioni queste espressioni consentano l’accesso e con che obiettivi.

Il Presidente cinese critica le amministrazioni statunitensi di aver manipolato il ricorso al multilateralismo per perseguire interessi unilaterali, e candidandosi a campione dei paesi in via di sviluppo, di fatto tace sulle violazioni di massa dei diritti umani degli uiguri, nonché della stretta con cui amministra le posizioni di stati africani, asiatici e latinoamericani in seno alle più importanti organizzazioni internazionali.

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Le politiche commerciali e gli investimenti internazionali non possano essere in contraddizione con le politiche di cooperazione allo sviluppo, la tutela della sicurezza e della pace internazionali non possono entrare in conflitto con la garanzia dei diritti umani, ne la giustizia può subire la regia degli interessi politici, come cinque anni di impunità per la morte di Giulio Regeni e diversi mesi di dentezione di Patrick Zaki sembrano dimostrare.

Il goal 17 pare essere stato immaginato dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite proprio per superare questi corti circuiti logici che a volte paiono pesare come macigni sulla possibilità di progredire come società.

Sostenibilità -secondo Magatti- implica, riconoscere che tutto è in relazione con tutto; che non c’è prosperità economica senza inclusione sociale; che la crescita deve fare i conti con l’ecosistema; che l’interesse individuale sta sempre in rapporto col bene comune; che la vita sociale non è mai riducibile ai coevi, ma è sempre un’alleanza intergenerazionale; che la diversità é una ricchezza se sa rispettare il bisogno di identità e di senso di appartenenza. Invitiamo a leggere interamente questo articolo di Magatti pubblicato sul Corriere della Sera il 24 gennaio 2021, che si chiude proprio con la considerazione che ‘attorno alle variegate sensibilità e interpretazioni della sostenibilità si possa andare costituendo il nuovo «baricentro» delle nostre società’.

Collaborare ai tempi della crisi del multilateralismo

Il multilateralismo (il modello fin qui positivo di alleanze di più Paesi che perseguono obiettivi comuni), è in crisi come testimoniano le difficoltà riscontrate dall’Unione Europea durante la Brexit, o quelle che si originano all’interno del consiglio di Sicurezza Onu paralizzato nella sua operatività dal meccanismo di veto, le difficoltà dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), e delle Conferenze sul clima. E tuttavia un ritorno al multilateralismo, è auspicato se si desidera innescare  una serie di cambiamenti che producano effetti positivi sul pianeta e sulla sostenibilità del suo sistema economico, sociale e ambientale.

Ne è convinta Mariangela Zappia, ambasciatrice che rappresenta in modo permanente l’Italia presso le Nazioni Unite, nonché prima donna in Italia a rivestire questo ruolo, che ha ricordato come «tutti i soggetti pubblici e privati responsabili possono contribuire alla creazione e al mantenimento di un dialogo multilaterale proficuo».

Il goal 17 e i suoi numerosi target, infatti, rilanciano i ‘mezzi di attuazione’ dei partenariati mondiali, più che la loro celebrazione, ed è sull’azione che forse vale la pena riporre la nostra speranza.

Lo spirito dell’Agenda2030: rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile

In questo ultimo goal, emerge l’autentico spirito dell’Agenda, che vuole spingere chi vi aderisce a creare partnership per rendere concreto il concetto di sviluppo sostenibile. Questo concetto, affrontato e sviscerato migliaia di volte dal momento della sua ideazione, può essere variamente interpretato, ma non deve essere necessariamente affrontato in termini di crescita.

Se si osservano i diversi goal proposti, infatti, si noterà che più che il concetto di crescita intesa come espansione, viene proposto come obiettivo quello del raggiungimento di un equilibrio in cui tutte le specie viventi hanno ciò che occorre loro per vivere serenamente.

Occorre avere una visione globale e onnicomprensiva, occorre interiorizzare profondamente i concetti di uguaglianza, equità, umiltà, benessere e giustizia per raggiungere gli obiettivi proposti dall’Agenda senza farsi fuorviare dalla lente dei concetti dell’economia classica attraverso la quale sembra che tutto debba essere filtrato.

Un unico obiettivo per cinque diversi traguardi

Questo ultimo obiettivo propone numerosi target, che possono essere suddivisi a seconda di determinati traguardi da raggiungere in campo finanziario, tecnologico, commerciale, di capacità di sviluppo, e questioni sistemiche.

I primi cinque target di questo diciassettesimo goal riguardano la finanza e prevedono che i Paesi sviluppati si adoperino attivamente, stabilendo anche parametri da rispettare, per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad appianare i debiti e consolidarsi. Per fare questo, è necessario che la situazione dei Paesi sviluppati si consolidi sempre di più verso una condizione di legalità diffusa e di apertura verso chi necessita di aiuto.

I target dal sei all’otto compreso, si occupano della tecnologia e della sua diffusione. E’ infatti indispensabile che le conoscenze tecnologiche siano il più possibile condivise tra i Paesi, per permettere a tutti di godere dei benefici che ne derivano. Questo deve necessariamente accadere in due modi: chi ha le conoscenze e i mezzi deve condividerli e chi non le ha deve potersi rendere indipendente nella loro creazione. Secondo l’Agenda, il concetto di condivisione non comprende solo le conoscenze finali di uno studio, ma anche le metodologie e gli strumenti dello studio stesso.

Il nono target si occupa di sviluppo: tutti i Paesi dovrebbero essere in grado di procedere sul percorso dello sviluppo in modo autonomo, finché questo non sarà possibile, occorre che chi è più avanti nella fila, faccia da traino a chi è più indietro, perché il mondo è da intendersi come unica comunità e nessuno va trascurato.

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I target dal decimo al tredicesimo si occupano del commercio e prevedono che il libero commercio, scevro da dazi e discriminazioni, sia sempre più incentivato. Secondo l’Agenda è poi necessario che si favoriscano le esportazioni dai Paesi emergenti, per consentire loro di accrescere forza sul piano commerciale e, più in generale, economico.

Uno sforzo di coerenza politica che favorisca la stabilità

Tre sono poi le questioni sistematiche affrontate nei target successivi ed in particolare, secondo l’Agenda, è fondamentale che si raggiunga al più presto la coerenza politica ed istituzionale, che favorisce la stabilità, permette di procedere in direzione dello sviluppo sostenibile e permette il rafforzamento dell’indipendenza delle leadership dei diversi Paesi.

Questo ovviamente può realizzarsi solo ove i Paesi che debbono aiutare, siano essi stessi in una condizione di stabilità e che vengano portati avanti i valori della democrazia, perché una dittatura o un Paese ove non vengono rispettati i principi dello Stato di Diritto, non può dirsi in linea con i principi dell’Agenda.

Sedicesimo e diciassettesimo target si occupano specificatamente del concetto di collaborazione, che deve essere il più possibile plurilaterale e completa. L’Agenda continua qui a porre l’accento sul fatto che la collaborazione deve portare all’uguaglianza e non alla dipendenza di coloro che attualmente sono in difficoltà nei confronti di chi dispensa loro aiuti calandoli dall’alto.

Da ultimo, l’Agenda affronta la questione del corretto monitoraggio dei dati, che non sempre è possibile allo stato degli atti poiché spesso è difficile proprio la raccolta dei dati stessi. L’Agenda, nell’ultimo target, propone ai Paesi di iniziare a guardare a metri di valutazione del benessere interno che vadano oltre il PIL, uno strumento che, per stessa ammissione dei suoi creatori, non è nato per la funzione che forzatamente gli è stata assegnata.

Quello che possiamo dedurre, da in questo ultimo e amplio goal, è la necessità di creare una vera e propria cultura della collaborazione, che per le singole imprese può significare l’interazione con il territorio, con altre imprese dello stesso settore per creare sinergie e con imprese di altri settori per cercare collaborazioni che portino all’innovazione.

Dobbiamo insomma passare da una cultura individualista e campanilista ad una cultura di condivisione, alla cui base sia fermo il concetto di uguaglianza sostanziale, senza la quale lo sviluppo resta una chimera.

Di: Isabella Querci, Elisa Traverso