Cosa sarebbe accaduto se Hollande e Erdogan avessero invocato l’applicazione dell’articolo 5 del trattato costitutivo dell’Alleanza Atlantica come risposta alle “minacce” alla sicurezza nazionale dei rispettivi Paesi?
16 novembre 2015, il presidente francese François Hollande parla di fronte all’Assemblea Nazionale tre giorni dopo gli attentati di Parigi in cui morirono 130 persone. Durante il suo discorso dichiara che il Paese è ufficialmente in guerra contro il terrorismo e lo Stato Islamico, e mentre la portaerei “Charles de Gaulle” parte alla volta delle coste siriane, gran parte dei media occidentali s’interrogano sull’effettiva portata delle parole pronunciate da Hollande.
Una settimana più tardi, il 24 novembre, un jet Su-24 russo viene abbattuto in Siria dalla contraerea turca. Secondo Ankara il velivolo aveva sconfinato in territorio turco, accusa rigettata da Mosca. Erdogan invoca il diritto del proprio Paese a difendersi e lo scontro diplomatico tra le due nazioni fa sussultare nuovamente l’Occidente.
Francia e Turchia sono due nazioni aderenti alla Nato, l’alleanza che raggruppa buona parte dei Paesi europei, Canada e soprattutto Stati Uniti. Il fiato corto dell’Occidente, durante quella settimana di tensione aveva una sola origine: l’eventualità che Hollande e Erdogan invocassero l’articolo 5 del trattato costitutivo dell’Alleanza Atlantica:
“Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o nell’America settentrionale, costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’art.51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale”.
Si tratta del cuore pulsante dell’intera alleanza oltre che di uno dei capisaldi della politica estera di gran parte delle nazioni occidentali. La Nato impone ai suoi membri la mutua difesa, e da qui trae la propria forza, anche deterrente. Ben pochi stati sarebbero disposti a scontrarsi contro alcuni dei più forti eserciti esistenti, peraltro capeggiati dall’esercito più forte del mondo.
Fu proprio la volontà di creare un efficace forza di deterrenza contro l’Unione Sovietica stalinista a far nascere la Nato nel 1949. L’alleanza raccolse a sé l’intero blocco europeo filo-americano, contrapposto al blocco sovietico radunato sotto il “Patto di Varsavia”.
Con il crollo dell’Unione Sovietica, la Nato, lungi dal diventare a sua volta un rudere della storia, ha conosciuto una nuova giovinezza, accogliendo al suo interno nazioni europee un tempo parte del Patto di Varsavia. L’allargamento verso est della Nato è forse la causa principale della tensione tra Occidente e Russia, che accusa l’alleanza di volerla accerchiare.
Oggi la Nato si prepara ad accogliere il Montenegro quale ventinovesimo paese aderente, dimostrando una vitalità che stride con la paralisi politica dell’Europa. Se la crisi dell’Unione diventasse cronica, ad esempio perseverando nell’incapacità di rispondere a problematiche quale la pressione migratoria ai suoi confini, per la Nato potrebbero aprirsi spazi di manovra impensati, anche grazie all’articolo 5.
L’Articolo infatti prevede che in caso di attacco ad un paese aderente, i membri dell’alleanza siano tenuti a riunirsi e a decidere quali misure adottare. L’uso della forza militare è una possibilità, tra le altre soluzioni contemplate dall’articolo 5, che ha come obiettivo ultimo “ristabilire e mantenere la sicurezza” dei contraenti. E i paesi europei hanno attualmente un disperato bisogno di sicurezza. Seppure nessuno in Europa tema un esercito invasore, aumenta sempre più l’inquietudine derivante dalla sfida lanciata dal terrorismo internazionale, sospinta anche – al netto del clamore della stampa – da flussi migratori difficili da gestire.
La Nato potrebbe servirsi della minaccia terroristica per darsi nuovamente slancio, e magari intervenire (sarebbe la prima volta) anche su questioni di politica interna e ordine pubblico? È probabile che, laddove un capo di Stato invocasse l’articolo 5 in risposta a un attacco di tipo informale e asimmetrico (quale può essere un attentato), i membri dell’alleanza tratterrebbero istintivamente il fiato.