L’ennesimo, vile, attacco all’Europa non può che essere un altro punto di partenza per cercare di trovare una soluzione alla mancanza di strategia comune in materia di sicurezza e politica di difesa. L’Unione se vuole essere pronta ad affrontare altri attentati e, di conseguenza, altri morti, deve interrogarsi seriamente su quale è e dovrà essere il ruolo del Vecchio continente nel panorama internazionale, anche dal punto di vista militare.
No, non è stato colpito solo il Belgio e la sua capitale, Bruxelles. È stata colpita, ancora una volta, l’intera Europa. Un’Europa sempre più spesso forte con i deboli, ma ancora troppo fragile con chi minaccia, dal suo interno, la libertà, la sicurezza e la pace. Quello che è successo oggi, martedì 22 marzo, deve fare riflettere tutti, in primis i leader dell’Unione che, mai come ora, si trova a dover fare i conti con un nemico che non arriva da fuori.
Il terrorismo di matrice islamista, ma che di islamico ha ben poco, ha riportato le lancette degli orologi indietro di 40 anni, quando, soprattutto in Italia, la strategia del terrore mieteva vittime innocenti senza un apparente e sensato motivo logico.
Non sono i primi e non saranno gli ultimi. I 34 morti (cui vanno sommati almeno 250 feriti) degli attentati rivendicati dall’Isis che hanno colpito la metropolitana e l’aeroporto della capitale belga, continuano ad essere un banale seppur tragico numero; una cifra che nei mesi e negli anni non potrà far altro che aumentare se l’Europa tutta non saprà reagire in maniera unitaria.
Qualche mese fa era stato il turno di Parigi, prima ancora di Londra e Madrid, senza contare le migliaia di morti che ogni giorno cadono sotto le bombe in Siria e in Iraq, ma questa volta però è diverso. Hanno voluto colpire il “cuore” dell’Unione, la sua “capitale”, la città che ospita le istituzioni che dovrebbero rappresentare la pace, la democrazia e l’unità del Vecchio continente, in quel Belgio che soffre evidentemente di carenze nelle proprie forze di polizia (6 diverse in tutto il pur piccolo paese: 3 francofone e 3 fiamminghe) e di intelligence.
Le lacrime in diretta dalla Giordania dell’Alto rappresentare Federica Mogherini, sicuramente saranno sincere, ma non è più pensabile credere a un’Europa unita ma senza un’unica Politica estera e di difesa; il nemico vuole attaccare tutti i sistemi valoriali nati con la fine della Seconda guerra mondiale, non vuole attaccare il singolo Stato. Non ha nessun interesse a colpire il Regno unito, l’Italia, la Lettonia o la Svezia.
Il vero nemico degli estremisti è l’Europa in quanto tale, lo spazio “fisico” di libertà e di eguaglianza che manca a tutti quelli che dicono di agire in nome di una loro presunta “superiorità religiosa”. È giunto il momento per l’Europa di svegliarsi; non si può più permettere di avere vittime innocenti sulla coscienza, vittime inermi che non hanno nessuna colpa se non quella di vivere liberamente, senza costrizioni o fanatismi religiosi di alcun tipo.
L’Unione deve cercare di ritrovare la sua identità, quell’identità che è urlata, forte e senza tentennamenti nel suo motto: “unita nella diversità”.
Se si è stati in grado, nei decenni, di far sedere intorno allo stesso tavolo 28 paesi con culture, tradizioni e sistemi giuridici differenti, perché non si è nelle condizioni anche di difendere queste diversità che ci contraddistinguono? L’Europa deve tirare fuori gli artigli; se non lo farà, sarà costretta a soccombere, sotto il peso dei suoi stessi errori.
di Omar Porro