Si tratta di una delle forze terroristiche e para statali più importanti dell’ultimo ventennio di storia e ciò nonostante è stata per lungo ignorata. Ma cosa è Boko Haram?
In primo luogo il nome completo è, ed è sempre stato, Jamàatu Ahli is-Sunnah lid-Dàwati wal-Jihād, che significa “Gruppo di persone della Sunnah e per la diffusione della Jihad”; però l’espressione Boko Haram è traducibile grossomodo come “La falsa educazione occidentale è peccato”, e come spesso accade, ogni cosa è racchiusa nei nomi.
Boko Haram è quindi uno dei tanti movimenti che sorgono dalla grande delusione planetaria di popolazioni che hanno compreso come il modello occidentale era sì vantaggioso, ma solo per gli occidentali e che la colonizzazione non era mai realmente finita. Con questa premessa in molte parti del mondo antiche tradizioni sono state riscoperte, unendosi spesso a moderne interpretazioni: e l’integralismo islamico contemporaneo è stata una delle tante risposte che i popoli più poveri della Terra si sono dati.
Il luogo in cui ha avuto origine Boko Haram è la Nigeria e con maggiore precisione lo stato di Borno. Questa regione un tempo ospitava l’impero Kanem-Bornu ed è caratterizzata da una certa coesione etnica composta in massima parte dal popolo dei Kanuri.
La Nigeria purtroppo non è nuova a violenti scontri a base etnico-religiosa a partire dalla guerra civile del 1967-1970 fino alla strage di Kano del 1980. Boko Haram non è neanche il primo gruppo integralista islamico apparso in Nigeria ( tra cui gli Yan Tatsine e l’Izala Society). Con un terreno così fertile non colpisce quindi l’apparizione di un fenomeno tanto importante per la storia dell’Africa Occidentale, seppur nessun movimento dell’area ha mai raggiunto una simile capacità offensiva.
Cronologia
Fondato nel 2002 da Ustaz Mohammed Yusuf, il neonato movimento si insinua nelle pieghe dei disservizi dello stato della Nigeria, offrendo istruzione e lavoro in cambio di indottrinamento e drenando ben presto sostenitori dall’Izala Society. In questa primissima fase Boko Haram agisce presso la città di Maiduguri.
Nel 2004 il gruppo ha ormai raccolto numerose persone provenienti anche dal Ciad e il Niger. Non è più relegato al singolo stato del Borno, ed inizia ad essere un fenomeno transnazionale. Sposta la propria sede al confine con il Niger.
Il 2009 è l’anno della svolta. Dopo un periodo di sette anni di attività pacifiche ma in cui la natura militarista del gruppo aveva iniziato a emergere, viene ucciso in una massiccia operazione militare il capo del movimento, eliminato sommariamente da alcuni poliziotti. Verrà sostituito poco da Abubakar Shekau e la linea sanguinaria si imporrà come l’unica politica possibile.
Nel 2010, 721 prigionieri vengono liberati da una prigione che viene assediata da Boko Haram.
Il 2011 è un anno di successi, con Boko Haram che porta a termine numerosi attacchi e attentati soprattutto rivolti verso caserme della polizia, tutti vittoriosi e con decine di morti, e che culminano con la strage di Natale in cui vengono attaccati numerosi luoghi di culto cristiani. In questo periodo Boko Haram attira l’attenzione di Al Qaeda con cui sembra si stringano rapporti di alleanza.
Il 2012 si apre con violente operazioni militari che portano a numerosi morti e consolidano l’occupazione territoriale di Boko Haram, ponendo in luce anche la totale inefficienza dello stato Nigeriano a opporsi al piccolo “stato” nascente.
Nel 2013 le operazioni di Boko Haram sconfinano nel Camerun settentrionale e in altri due stati della Nigeria. Le operazioni dell’esercito nigeriano e della polizia, per quanto violente, sembrano inadeguate ma soprattutto scoordinate nel contenerne la minaccia.
Nel 2014, dopo 12 anni di esistenza e 6 anni di vittoriose campagne militari, l’occidente si accorge di Boko Haram a seguito del rapimento di quasi trecento studentesse perché diventino schiave sessuali. La First Lady statunitense Michelle Obama pone la notizia sotto i riflettori.
Nello stesso anno, fra rapimenti e attacchi militari, trovando una inadeguata resistenza da parte delle forze governative, Boko Haram consolida la sua posizione in Camerun. Alcune ali dell’esercito nigeriano si rifiutano di attaccare e in molti disertano scappando in Camerun.
Il 2015 si apre con il massacro di Baga, la città sede della Coalizione internazionale nata nel tentativo di combattere Boko Haram. Il numero di vittime si stima nell’ordine delle migliaia e Boko Haram dimostra una capacità offensiva al momento inarrestabile. A questo anno coincide l’alleanza di Boko Haram con ISIS, ma anche l’inizio della controffensiva e del suo indebolimento.
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Nonostante le violenze non si fermino inizia una lenta ma inesorabile ritirata di Boko Haram, che spinge gli ufficiali nigeriani a dichiarare che Boko Haram è stato sconfitto. Si tratta però di una magra illusione.
Nel 2016 l’influenza di ISIS sul movimento divide più che unire. Seppur la leadership riconosce l’autorità di Al Baghdadi, questi nomina Abu-Musab al-Barnawi come nuovo leader di Boko Haram e da questo momento iniziano delle lotte intestine fra i sostenitori di Shekau e quelli di al Barnawi.
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A questo periodo risale anche la nascita di Ansaru, una costola di Boko Haram che se ne stacca per differenti vedute su tattiche e ideologie. Si forma anche una fazione guidata da Mamman Nur, alleato di Al-Barnawi ma indipendente da esso. Per quanto ancora trattato come un argomento unitario Boko Haram è un insieme di bande armate di cui quella di Shekau è solo la più grande. Quel che è certo è la politica di Shekau di indiscriminata violenza ha fatto perdere il legame, un tempo radicato, con le popolazioni del nord della Nigeria. Per una dissertazione completa sulle fazioni di Boko Haram rimandiamo a questo report del Combating Terrorism Center dell’Accademia di West Point.
Nel 2017, alla perdita di molti territori e al ritiro sulle montagne coincide la manovra disperata dell’uso di bambini in attentati suicidi.
Nel 2018, nonostante gli annunci del presidente del Ciad che dichiara di aver sconfitto Boko Haram, e qualche operazione vittoriosa dell’esercito Nigeriano, seppur a fronte di una perdita notevole di controllo territoriale, il gruppo terroristico è ancora attivo e svolge rapimenti, per lo più di studentesse.
Le mappe del controllo di Boko Haram divengono, dopo il 2016, molto diverse in base a chi scrive; questo perché innegabilmente Boko Haram ha subito una violenza contrazione ed è difficile distinguere il controllo del territorio effettivo (non dissimile da quello effettuato dalle organizzazioni criminali in alcune regioni d’Italia) dal controllo di tipo para-statale.
Probabilmente oggi Boko Haram è da considerarsi come un fenomeno di bande armate guidati da signori della guerra locali che effettuano razzie e hanno facili coperture e molti interessi anche in zone non direttamente sotto il loro controllo. Il progetto di una nazione è di fatto fallito.
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Boko haram, come l’ISIS rappresenta un fenomeno interessante di aspirante proto-nazione, non generata da un movimento ottriato riorganizzato (come fu ad esempio per la Jugoslavia) né per la parcellizzazione di un precedente stato più vasto.
Al contrario, l’esempio riportato cela tutta l’innocente purezza (e conseguente barbarica violenza) di un nuovo stato che si crea per pura aggregazione comunitaria. L’odio naturalmente meglio si presta a riunire persone molto diverse fra loro ma al contempo esso va continuamente nutrito di nuovo odio. L’ideologia al contrario, aldilà della sua effettiva bontà, offre un prospetto concreto da seguire per proiettarsi verso il futuro.
Si può considerare debolezza intrinseca di queste proto-nazioni non la loro efferata violenza, quanto la fragilità dei loro ideali che le pongono ad essere quasi “nazioni di opposizione”, che seppur in grado di costituire piuttosto rapidamente una struttura para-governativa, anche in grado di produrre degli utili – sia d’esempio la celebre rete di vendita del petrolio di ISIS che è durata ben più dello “stato” che l’ha generata.
Boko Haram si è rapidamente frammentato in piccole orde frazionate degenerando a pura criminalità terzomondista e lo stesso destino aspetta tutti quei fenomeni di aggregazione, che aldilà dell’immenso dolore che provocano alle popolazioni che affliggono, non possono costruire alcun progetto e che di certo non hanno futuro.
a cura di Tanator Tenabaun