La situazione siriana è un inferno. Capire cosa sta succedendo è doveroso in quanto esseri umani e indispensabile per la comprensione di quei fenomeni che travalicano i confini naturali di quella terra. Per questo motivo la nostra Rivista seguirà più da vicino la guerra siriana, che in realtà sono tante guerre diverse e sovrapposte, in modo da fornire un quadro sempre aggiornato e il più chiaro possibile.
L’Assenza delle opposizioni e dei curdi, e il documento finale presentato al pubblico, mostrano che il vero scopo della conferenza di Sochi sulla Siria non era quello ufficiale di diramazione della crisi: sotto la farsa, il successo di Russia e Siria, con la Turchia che rimane sempre più ambigua.
Il Congresso di Dialogo Nazionale Siriano tenutosi a Sochi su iniziativa russa avrebbe dovuto portare allo stesso tavolo tutte le componenti siriane al fine di concordare un piano di pace per riscrivere la Costituzione siriana, ma la sua credibilità è venuta meno sin dall’inizio.
In primo luogo perché non vi hanno partecipato i curdi del Rojava, non invitati affatto su volontà turca, né l’Opposizione siriana, che ha boicottato il Congresso denunciandolo come tentativo di soppiantare il processo di pace ONU confermando lo status quo sia politico che militare a favore del regime. In secondo luogo, infatti, il Congresso è avvenuto in Russia in un momento in cui le operazioni militari russo-iraniane a Idlib e quelle turche ad Afrin si sono intensificate in ciò che è un inasprirsi della guerra in Siria a causa degli stessi garanti del processo di pace di Astana.
In terzo luogo a rendere poco credibile il Congresso vi è la natura dei partecipanti. Oltre alla delegazione del regime siriano, vi erano due gruppi di “opposizione tollerata dal regime”, ossia le cosiddette piattaforme de Il Cairo e di Mosca, gruppi assemblati da Mosca e Damasco composti da simpatizzanti ed ex-membri del regime siriano che svolgono la funzione di “opposizione”. In realtà, si tratta di fatto di estensioni del regime stesso e infatti al Congresso non si è discusso delle richieste dell’Opposizione siriana, ossia apertura di corridoi umanitari, fine degli assedi e dei bombardamenti sui civili, liberazione dei detenuti politici, nonché le dimissioni di Bashar al Assad.
I partecipanti al Congresso di Sochi hanno approvato una dichiarazione in 12 punti che stabilisce che “la Siria dovrà mantenere la sua sovranità e integrità territoriale e che spetta al popolo siriano determinare il futuro del Paese attraverso le elezioni”, senza però menzionare i 7 milioni di rifugiati siriani fuggiti all’estero e che – vale la pena ricordarlo – non poterono votare, come i circa 9 milioni di sfollati interni, alle elezioni farsa del 2013 che riconfermarono Assad alla presidenza.
Nessuna menzione nemmeno al futuro politico di Assad, né a una transizione politica, come invece stabilito dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU 2254, che resta il documento guida di una risoluzione politica al conflitto, approvata nel 2015 e finora ignorata perché stabilisce una transizione che il regime siriano non accetta.
Anzi, lo scopo di Sochi era proprio questo: neutralizzare la risoluzione 2254, che prevede prima un governo di transizione inclusivo e poi elezioni politiche per un nuovo parlamento che dovrà riscrivere la Costituzione.
La Dichiarazione di Sochi invece chiede di istituire una Commissione costituzionale per riscrivere la Costituzione senza passare per nessuna transizione, lasciando il regime al potere. Per indorare la pillola, la dichiarazione chiede al Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, di contribuire a organizzare la Commissione con la mediazione dell’Inviato speciale ONU per la Siria, Staffan De Mistura, unico rappresentante occidentale presente – Francia, Regno Unito e Stati Uniti non hanno infatti inviato osservatori ritenendo il Congresso una farsa.
De Mistura è stato criticato ma ha difeso la sua presenza sostenendo che “la dichiarazione finale di Sochi restituisce il controllo del processo di pace all’ONU” e insistendo che l’Opposizione siriana avrà un ruolo importante perché la Commissione non sarà composta solo dai presenti a Sochi, ma da 150 persone proposte da Turchia, Iran e Russia con 50 nomi ciascuno. Tuttavia appare evidente, in base a tale meccanismo, che la Commissione sarà a prevalenza filo-governativa e che il ruolo dell’ONU sarà marginale.
A rendere poco credibile il Congresso c’è stata inoltre la presenza, tra la delegazione governativa, di Mihrac Ural, il generale alawita turco, naturalizzato siriano, che in quanto comandante di una milizia al servizio di Assad ha diretto e partecipato al massacro di Banyas e al Baida del maggio 2013 in cui 410 persone, la metà bambini, vennero trucidati e arsi vivi in una delle pulizie etniche più feroci di tutta la guerra.
Massacro la cui responsabilità da parte delle milizie governative siriane è stata documentata anche dalla Commissione d’Inchiesta ONU sulla Siria. Zeppelin aveva intervistato uno dei pochi testimoni oculari di quel massacro, un ex volontario della Mezza Luna Rossa.
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La presenza di Ural ha scatenato anche l’ira della Turchia perché in quanto leader di un ramo del Fronte del Partito per la Liberazione del Popolo (THKP-C), è accusato anche di essere dietro a una serie di attacchi terroristici che nel 2013 hanno ucciso 52 persone a Reyhanli, in Turchia.
Ankara ha chiesto spiegazioni a Mosca per la sua presenza, dato che lo ricerca per terrorismo, ma Mosca si è detta all’oscuro della sua partecipazione.
Una presenza scomoda che ha reso, se possibile, ancora meno inclusivo e risolutivo un Congresso difficilmente non definibile “congresso farsa”, visto che le finalità ufficiali di trovare un compromesso politico unitario non è stato nemmeno preso in considerazione; una mossa diplomatica di facciata per affermare la vittoria della Russia nel mantenere al potere il regime siriano e per suggellare la vittoria militare, riuscendo a spostare le redini delle negoziazioni internazionali in mano ai vincitori militari del conflitto, ossia Russia, Iran e regime siriano.
Il fatto che l’ONU supervisionerà la riscrittura della Costituzione non deve trarre in inganno: nessun processo che non preveda una vera e sana transizione politica che coinvolga tutti i siriani, compresi i quasi 15 milioni di rifugiati e sfollati interni, che non preveda la fine dei bombardamenti, degli assedi, dell’impunità per chi ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità e l’accesso agli aiuti umanitari, non potrà avere alcun successo sul medio e lungo periodo.
di Samantha Falciatori