I primi 50 giorni dell’era Trump sono trascorsi e il Presidente ha già iniziato a rendersi protagonista di iniziative piuttosto clamorose, quanto contraddittorie, come ad esempio emerge dalla proposta di budget per la difesa.
Risale a qualche settimana fa la notizia che il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di aumentare la spesa dedicata al Pentagono di 54 miliardi di dollari, portando così il budget dedicato alla Difesa a circa 600 miliardi, un numero superiore rispetto alla somma degli altri nove Stati presenti all’interno della Top-Ten delle spese militari.
Quanto appena ricordato, tuttavia, non dovrebbe essere letto necessariamente come un fatto che si verificherà senza alcun dubbio, ma come una proposta che probabilmente troverà una fortissima opposizione all’interno del Congresso, nel quale numerosi voci si sono levate per lamentare l’impossibilità o la scorrettezza di quanto l’Amministrazione desidererebbe. In particolar modo, il principale ostacolo che si frappone tra i desiderata di Trump e la loro realizzazione assume il nome di Budget Control Act.
Il freno fiscale
Questo strumento vide la luce nel 2011, momento nel quale gli Stati Uniti si trovarono di fronte alla questione del debito sovrano e al rischio di dover dichiarare default, dato che le spese stavano facendo raggiungere la quota massima di debito consentita dalle leggi Usa. Uno dei meccanismi attuati allora per affrontare la situazione fu quello della riduzione dello stesso debito contratto, atto che andò quindi a impattare su diversi programmi federali; tra questi, ovviamente, sarebbero stati inclusi anche quelli riguardanti la sicurezza e il Dipartimento della Difesa.
La legge suddetta previde che nel caso in cui una Commissione Congiunta non si fosse accordata su dei tagli annuali, i cosiddetti “meccanismi di sequestro” sarebbero entrati in funzione automaticamente. Per quanto concerneva le Forze Armate, i maggiori tagli ai finanziamenti si registrarono sul versante “operazioni e manutenzione”, tanto che con il trascorrere del tempo si giunse a lamentele da parte degli ufficiali superiori per il fatto che la prontezza delle unità e dei mezzi (in special modo di alcuni comparti di velivoli) si fosse ridotta fortemente a causa della mancanza di adeguate risorse dedicate. Noti sono stati i casi all’interno del Corpo dei Marine, la cui componente aerea è stata sostanzialmente costretta a rimanere a terra in virtù della mancata manutenzione (per esempio solo il 30% degli aerei da combattimento F/A-18 ha oggigiorno la capacità di volare: un numero comunque alto se confrontato con i principali avversari degli Usa).
Il problema appena illustrato, ben comprensibilmente, non è scomparso con il trasferimento di potere dall’Amministrazione Obama a quella Trump, ma rimanere immutato e costringerà di conseguenza a effettuare tagli nei finanziamenti a diverse agenzie federali e/o dipartimenti, come peraltro sta già accadendo (sanità, ambiente, educazione, protezioni sociali, ecc.: qui e qui degli approfondimenti sul tema).
Il tema della sicurezza
Un ulteriore punto d’interesse che la questione fin qui illustrata permette d’approfondire è il modo attraverso il quale il Presidente ha intenzione di spendere il denaro richiesto e come questo verrà allocato nei diversi rami dell’esecutivo, e in special modo quanto sarà devoluto al capitolo sicurezza, che però non rientra direttamente nel budget da dedicare al Pentagono.
È degna d’attenzione la quota di 314 milioni di dollari che l’Amministrazione vorrebbe indirizzare alla sicurezza dei confini e alle leggi riguardanti l’immigrazione. Attraverso questo stanziamento si vorrebbe garantire anche la facoltà di assumere altri 5mila agenti della Border Patrol e più di 10mila agenti dell’ICE, ossia l’agenzia incaricata della questione immigrazione e gestione delle dogane/frontiere. Questo porta a comprendere una volta di più la visione di Trump. Tuttavia quanto sopra esposto necessita di una maggiore spiegazione che, a propria volta, illustra una serie di problematiche che l’Amministrazione non ha affrontato ancora esplicitamente, o pare non aver preso in considerazione.
Nel corso di tutta la campagna elettorale per le Primarie repubblicane prima e per la Casa Bianca poi, Donald Trump ha sostenuto come il confine meridionale con il Messico fosse una problematica notevole per gli Stati Uniti, data la facilità con la quale i vicini provenienti da Sud riuscivano a infiltrarsi per poi scomparire facilmente nel territorio nordamericano. Da qui la “necessità” di erigere un muro, o meglio una barriera difensiva, e d’incrementare la sicurezza lungo il lunghissimo confine (3.500km circa, dalle coste del Pacifico a quelle del Golfo del Messico). Trascurando il fatto che parte del territorio lungo il quale tale struttura dovrebbe essere costruita presenta già una serie di barriere, o è data dal Rio Grande (barriera naturale), va sottolineata la mancanza di conoscenza di ciò di cui l’Amministrazione parla o, ancora più grave, del consapevole ignorare questo fatto per mere motivazioni ideologiche. Ciò nonostante Trump si sta accingendo a chiedere preventivamente 1 miliardo di dollari al Congresso per iniziare la costruzione dei primi 100km di muro.
Infatti, se si prendesse una mappa geografica in grado di mostrare la posizione degli Stati Uniti nel globo, si vedrebbe banalmente come dall’America centrale o meridionale non si arriva esclusivamente attraversando confini terrestri, ma come dimostrato da numerose operazioni di polizia e ricerche accademiche, anche dall’Oceano Pacifico o dalle acque caraibiche. E su questo punto si può costruire un’ulteriore obiezione alle richieste del Presidente, nonché alle strategie che avrebbe l’intenzione di metter in atto. A doversi occupare del controllo delle acque costiere del Paese vi è infatti la Guardia Costiera che, tuttavia, si vedrebbe ridotto il budget per l’anno 2018 di circa 1,3 miliardi di dollari, corrispondenti addirittura a una cifra superiore al 10% della propria dotazione totale. Tali tagli sarebbero effettuati proprio per andare a finanziare quell’aumento nelle spese militari che sono state descritte all’inizio di tale articolo (e probabilmente l’intero muro, che nel caso fosse veramente costruito nella sua interezza potrebbe costare fino a 25 miliardi di dollari, con un costo anno di manutenzione di 700 milioni).
Lo scontro
Conseguentemente, con lo scopo piuttosto risibile di ricostruire Forze Armate che tutt’oggi, nonostante alcuni problemi fisiologici, risultano essere ancora le più forti al mondo, si andranno a tagliare dei fondi necessari per quello che da Trump è considerato uno dei punti fondamentali del programma con cui è stato eletto, nonché si utilizzeranno ulteriori dollari per occuparsi di un simbolo (il famoso muro sul confine), mettendo in secondo piano le attività della Guardia Costiera, i cui strumenti sono in realtà fondamentali per bloccare, non solo uomini, ma anche l’ingresso di beni di contrabbando, soprattutto di stupefacenti.
Basti pensare che secondo i calcoli della stessa Guardia Costiera nel 2016 sono state sequestrate 200 tonnellate di cocaina e arrestati quasi 600 contrabbandieri. Quest’ultima mossa, in ogni caso, ha già trovato la forte opposizione di 23 senatori di entrambi i partiti, il che significa che all’interno del Congresso, come già detto precedentemente, il percorso di approvazione del budget avrà una vita piuttosto complicata, e come il Presidente ha appena imparato durante la votazione sull’abolizione dell’Obamacare – che passerà alla storia come uno dei più maldestri fallimenti amministrativi di una Presidenza – l’essere al vertice dell’esecutivo statunitense non può assicurare l’attuazione di ogni desiderio presidenziale.
di Luca Bettinelli