L’incremento dell’utilizzo dei social media all’interno del dibattito politico sta determinando una metamorfosi della democrazia e il fallimento degli strumenti di democrazia diretta?
Ultimamente sono in molti ad interrogarsi sul futuro della democrazia, e in particolar modo sulla funzionalità degli strumenti della “democrazia diretta”, riferita al potere degli elettori le cui scelte hanno determinato rilevanti mutamenti politici interni ed esterni allo Stato. Si pensi alla decisione espressa dagli elettori britannici in merito alla brexit, o a alla scelta dei colombiani rispetto agli accordi di pace Farc-Governo, o al risultato delle urne americane nelle ultime presidenziali.
L’argomento migliore contro la democrazia è una conversazione di soli cinque minuti con l’elettore medio.” – Winston Churchill
La democrazia quale forma di governo – nata nell’antica Grecia – che vede il popolo coinvolto nelle scelte dei governanti della Res Publica rappresenta una grande conquista per l’umanità. Ma ancor più lo è la democrazia diretta come forma di governo che coinvolge la collettività nel procedimento legislativo. Oggi però si assiste a una “distorsione” del sistema che porta a porci una domanda. La maggior inclusione del cittadino nel processo legislativo rappresenta un limite per la democrazia, o semplicemente ci troviamo dinnanzi a un deficit informativo degli elettori che impatta negativamente sull’integrità del sistema?
Contestare la democrazia diretta tout court sarebbe sicuramente un errore. È però necessario ripensare gli strumenti partecipativi. Gli elettori non possono essere privati della partecipazione politica, ma è necessario che vengano informati correttamente prima del momento elettorale, senza pregiudizi nei confronti delle delle scelte che compieranno.
La democrazia diretta è chiamata a difendersi dall’avvento dei social media, che ne sta determinando una metamorfosi. Infatti, l’elettorato non sempre è messo nelle condizioni di reperire facilmente informazioni di qualità, e se i mass media si fanno portatori di idee che alimentano il sentimento di diffida verso l’Istituzione, l’elettore agisce compiendo scelte che nel lungo periodo potrebbero rivelarsi controproducenti. Infatti, il voto degli elettori è sempre più una reazione “di pancia” all’inattività delle Istituzioni.
Prendiamo ad esempio il referendum che il 23 giugno del 2016 ha portato il Governo britannico ad avviare i negoziati per l’uscita dall’Unione Europea. In quell’occasione, l’informazione ha dato pochissimo spazio a dibattiti pubblici dedicati ai costi e ai benefici di adesione della Gran Bretagna o alle conseguenze dell’uscita dall’Ue; dibatti che sono stati ulteriormente soffocati dai social media che hanno fortemente limitato la qualità dell’informazione.
Ciò che maggiormente sta minando l’integrità della democrazia attiva è il fenomeno della “camera dell’eco“, ovvero quella teoria per cui nell’utilizzo dei social media l’utente sarà sempre portato a visualizzare contenuti informativi simili a quelli che lui stesso già approva e condivide, non essendo così esposto a contenuti opposti che potrebbero mettere in discussione i propri convincimenti.
Viviamo in una comunità virtuale che condivide i nostri stessi interessi e orientamenti politici e incanala le nostre scelte, generando così un altro fenomeno negativo per la democrazia: la c.d. filtre bubble per cui gli strumenti di ricerca e i social media, indicizzando le nostre ricerche e preferenze, e privano l’utente di risultati diversi dalla propria visione del mondo.
Questi sono i motivi principali per cui oggi l’istituzione referendaria rischia di fallire nel tentativo di garantire l’efficienza della democrazia diretta poiché, come previsto da Margaret Thatcher nel 1975, è divenuto “dispositivo di […] demagoghi”.
Ancor prima, Alexander Hamilton, rivoluzionario americano, sosteneva durante i lavori della Convenzione costituzionale del 1787, che “se le deliberazioni della Convenzione fossero state pubbliche, i clamori della fazione avrebbero impedito eventuali risultati soddisfacenti”; prediligendo a strumenti di democrazia diretta, decisioni politiche complesse prese da un gruppo di esperti eletti dal popolo.
Oggi i Governi democratici sono dinnanzi all’esigenza di preservare la democrazia dalla distorsione determinata dalla diffusione dei populismi e dei social media a cui potrebbero rispondere limitando la democrazia diretta alla scelta dei propri rappresentanti politici e escludendo dalle consultazioni questioni di natura tecnica. Così verrebbe tutelato l’intero sistema politico dello Stato dalle scelte dell’elettore vittima dell’assenza di strumenti di informazione politica di qualità, in grado di formare elettori consapevoli, così da non permettere alle derive dell’agorà virtuale di influenzare quella reale.
di Ilaria Rudisi