Nell’ultima settimana, dal 21 Aprile, le strade del Nicarauga hanno visto proteste di massa contro il governo di Daniel Ortega a causa delle riforme sociali e del taglio delle pensioni. Il governo ha risposto con la forza, reprimendo i manifestanti, causando la morte di almeno 20 persone in pochi giorni, secondo il Nicaraguan Center for Human Rights, e vietando a cinque TV di dare copertura mediatica agli eventi.
Tra i morti, un giornalista ucciso dal fuoco della polizia nella città di Bluefields mentre trasmetteva in diretta su Facebook le riprese delle proteste. La polizia sostiene invece di trovarsi di fronte a bande criminali e nel caos delle proteste non sono mancati casi di sciacallaggio né lanci di pietre contro la polizia.
Le proteste sono scoppiate dopo che il governo ha emesso un decreto che prevede aumenti delle imposte sul reddito e sui salari, nonché tagli al sistema pensionistico, per sostenere il travagliato sistema di previdenza sociale del Nicaragua.
Domenica (22 aprile) Ortega ha annullato il decreto, nel tentativo di placare le proteste, ma con scarsi risultati dato che in migliaia hanno marciato lunedì (23 aprile) nel centro di Managua, Granada ed Esteli contro la violenza delle forze di sicurezza e della polizia.
I manifestanti chiedono le dimissioni di Ortega e di Rosario Murillo, sua moglie e vicepresidente del Nicaragua, il rilascio dei prigionieri politici e un’indagine sulla morte delle 28 persone rimaste uccise. Sono centinaia infatti le persone arrestate (oltre 400 i feriti) e quelle rilasciate ieri (Aprile 25) hanno denunciato di essere state picchiate e torturate dalla polizia.
Un portavoce dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha chiesto un’indagine sulle morti avvenute durante le manifestazioni ed anche Papa Francesco ha invocato la fine delle violenze.
Intanto, la Conferenza episcopale del Nicaragua (ECN) ha accettato di mediare un dialogo proposto dall’amministrazione Ortega per superare la crisi politica.
di Samantha Falciatori