In Catalogna soffia il vento dell’autodeterminazione, una spinta molto più antica di quello che si potrebbe pensare.
Le ultime elezioni amministrative in Catalogna sono state vinte, come da previsione, dalle forze indipendentiste. Rajoy ha già dichiarato di esser disposto a ridiscutere le condizioni dell’autonomia della regione pur rimarcando che “la Spagna è una sola”. Il Premier spagnolo ha certamente ragione: la presenza della Catalogna è decisiva a rendere la Spagna “Spagna” e non semplicemente Castiglia, nonostante i reiterati tentativi nella storia di rendere esclusivo nel paese l’elemento castigliano. I catalani tuttavia appaiono sempre più insofferenti di questo progetto politico di una nuova “Hispania” nata ormai più di cinquecento anni fa per mezzo del matrimonio tra Fernando V di Aragona e Isabella di Castiglia. La regione vuole tornare ad essere padrona dei propri destini. Ma è mai stato realmente così, soprattutto per una terra caratterizzata da sempre dal fatto di essere frontiera e crocevia di popoli, rotte e Imperi?
Di seguito vi proponiamo una breve e particolare time-line con indicati i cinque grandi eventi che hanno coinvolto la Catalogna, non tutti avvenuti all’interno dei suoi confini.
Assedio di Sagunto (219 a.c.)
Fino ad allora la regione catalana era, come molte altre nel bacino del Mediterraneo, un crogiolo di popoli e tribù. Gli iberici, gruppo etnico dominante, dovevano fare i conti con l’arrivo più o meno pacifico di celti, greci e punici. L’attività di questi ultimi in particolare assunse i toni della conquista e del predominio. Cartagine aveva perso Sicilia e Sardegna per mano dei romani ed era alla ricerca di nuovi sbocchi per recuperare la sua potenza. Fu proprio uno dei delicati intrichi di alleanze e guerre nel mosaico iberico a fornire l’occasione ai romani per intromettersi e allearsi con la popolazione locale dei saguntini. Con lo scoppio della Seconda Guerra Punica scatenata da Annibale Barca cingendo d’assedio la città di Sagunto, la regione iberica entra per la prima volta in un grande conflitto internazionale. Ciò cambiò drasticamente le sorti della futura regione catalana, che a seguito del trionfo di Roma su Cartagine divenne l’area più profondamente romanizzata.
Carlo Magno conquista Barcellona (810 d.c.)
L’elemento latino della Catalogna non venne sostanzialmente toccato dai due secoli di dominio visigoto sorto durante il V Secolo sulle ceneri dell’Impero Romano. Lo sbarco degli arabo-berberi musulmani nel 711 e l’annientamento dei visigoti invece avrebbe potuto costituire un ulteriore elemento di rottura, come poi accadde per le regioni della Spagna meridionale che andranno a costituire l’al-Andalus. Invece aldilà dei Pirenei i musulmani incontrarono il popolo germanico dei franchi. Dopo aver arrestato una prima volta gli invasori a Poitiers nel 732, alcuni decenni più tardi i franchi, sotto la guida di Carlo Magno, varcarono a loro volta i Pirenei espugnando Girona (805) e Barcellona (810). Venne istituita la “Marca Hispanica”, dalla cui dissoluzione sorsero a loro volta le contee catalane tra le quali emergerà quella di Barcellona. I regni medioevali cristiani di Spagna trarranno ispirazione dall’eredità visigota dal Regno delle Asturie che a Nord resisteva contro l’avanzata musulmana e dalla figura leggendaria di Peyo. La Catalogna invece, ultimo bastione del nascente Sacro Romano Impero, andrà a forgiare la sua identità catalana allacciandosi alla tradizione franca, costituendo non solo una regione di confine tra cristianità e islam ma anche un crocevia tra la penisola iberica e il resto del continente, con terre di lingua catalana su entrambi i versanti del litorale alle pendici dei Pirenei, trovando un suo eroe leggendario in Guglielmo il Villoso, Conte di Barcellona che per primo riunì le terre catalane, affrancandole dal lontano potere imperiale, e che cadde in battaglia contro i musulmani nel 897 d.c.
I Vespri Siciliani (1282 d.c.)
I Conti di Barcellona prosperarono assieme alla città, la quale entrò presto in competizione con le repubbliche marinare italiane per il controllo dei traffici nel Mediterraneo. L’elemento dinastico tuttavia garantiva ai catalani un paio di giavellotti in più nella loro faretra di almogavari e nel 1162 il Duca Alfonso II colse l’occasione di sposare la reggente del vicino Regno di Aragona. Ebbe dunque inizio la storica unione di Catalogna e Aragona sotto la medesima corona, una potenza iberica in grado di competere con le potenze emergenti locali del Regno di Castiglia e Regno del Portogallo.
Dopo la battaglia di La Navas de Tolosa nel 1212 e la definitiva scomparsa della minaccia dei mori, le cui terre erano ormai limitate all’estremo Sud della penisola, il Reame aragonese-catalano rivolse interamente la sua attenzione verso il bacino del Mediterraneo, sospinto dalle istanze della crescente classe mercantile barcellonese. La grande occasione arrivò con la rivoltà siciliana dei Vespri, che vide la cacciata della dinastia francese degli angioini dalla Sicilia. Secondo la classe baronale siciliana, il legittimo pretendente al trono di Palermo dopo la scomparsa della dinastia Sveva era Pietro II d’Aragona, in quanto marito della figlia dell’ultimo sovrano svevo di Sicilia Manfredi. Le guerre del Vespro che ne seguirono furono uno dei primi conflitti europei combattuti da coalizioni di stati contrapposti tra loro; assaggio di ciò che diventerà l’elemento tipico della geopolitica europea. La vittoria aragonese sugli angioini e l’acquisizione della Sicilia aprì la strada alla formazione di un vero e proprio Impero Mediterraneo che dalle sponde catalane (da Valencia a Perpignano aldilà dei Pirenei) comprendeva la Provenza, la Sardegna, la Sicilia, il Mezzogiorno d’Italia, fino al ducato latino di Atene. Fu il momento di massima estensione del dominio catalano, che sembrava sempre più dimentico delle faccende iberiche.
Due secoli più tardi il potere catalano sul Mediterraneo venne tuttavia minato dall’ascesa dell’Impero Ottomano, che tagliò i ricchi traffici commerciali dall’Oriente e dall’unione tra la corona di Castiglia e quella di Aragona, voluta proprio dal sovrano aragonese Federico V che, come i suoi avi, vedeva nel matrimonio un enorme occasione per accrescere il potere della casata. Con buona pace dei catalani i quali, loro malgrado, si ritrovarono invischiati negli equilibri iberici.
Il trattato dei Pirenei (1659 d.c.)
Il ritorno di Colombo dalle Americhe e l’inizio delle avventure coloniali spagnole diede un ulteriore ridimensionamento al peso catalano e mediterraneo nel nuovo Impero. Da primus Inter pares nell’unione dinastica aragonese-castigliana, l’ex corona aragonese e i propri possedimenti si ritrovarono sempre più come acquisizione di un dominio intento a veicolare esclusivamente la lingua e la cultura castigliana negli innumerevoli angoli dell’Impero sparsi per tutto il Mondo. Le classi mercantili catalane mantenevano formalmente la propria autonomia. L’ingerenza di Madrid, faticosamente impegnata a sostenere un dominio di dimensioni ed estensione mai visti prima nella storia, faceva sempre più temere che anche la Catalogna sarebbe stata condannata allo stesso destino delle altre regioni spagnole, dove latifondo e nobiltà terriera prevalevano su commerci e libertà civili. Pur privati dei domini un tempo parte del loro Impero Mediterraneo e dello storico appoggio aragonese, i catalani tentarono nel Diciassettesimo Secolo di rovesciare la propria sorte con la rivolta aperta, confidando nella sempre più evidente crisi dell’Impero Spagnolo e dell’appoggio della vicina Francia.
La rivolta, scoppiata nel 1640, fu un’importantissima appendice alla Guerra dei Trent’anni. La Francia infatti poté intervenire contro la Spagna forte del suo intervento a favore della coalizione protestante, contro il quale era schierata anche la Spagna. La rivolta fu tale da scacciare temporaneamente gli spagnoli dalla regione e perdurare per dodici anni, grazie all’appoggio francese. Fu tuttavia proprio la Francia a impedire che la nascente Repubblica di Catalogna andasse a costituire l’Olanda (che proprio in quegli anni riusciva ad affrancarsi definitivamente dalla Spagna) del Mediterraneo. Le truppe francesi si comportarono in Catalogna da occupanti persino peggiori degli spagnoli, spegnendo il focolaio della rivolta al punto che gli insorti richiesero il ritorno del Re spagnolo. Sfumati i propositi di conquista dell’intera regione catalana, la Francia si concentrò sul mantenimento di quella parte costiera di Catalogna aldiquà dei Pirenei nota come Linguadoca. La guerra che ne seguì con la Spagna per il suo controllo e quello dell’Artois culminò con la vittoria francese alla Battaglia delle Dune nel 1658. La pace che ne seguì l’anno successivo vide riconosciute le conquiste francesi in Linguadoca e la definitiva spartizione della Catalogna, che da quel momento in poi sarebbe rimasta regione non più di crocevia, ma esclusivamente parte del quadrante iberico. La pace dei Pirenei, che diede inizio alla secolare decadenza dell’Impero Spagnolo, vide la Catalogna prigioniera di quel processo di stagnazione. La corona spagnola, che pur aveva promesso di mantenere le prerogative catalane alla fine della rivolta, non dimenticò il tradimento e le leggi particolari catalane vennero infine abolite nel 1716 da Filippo V.
La Battaglia di Catalogna(1938-1939 d.c.)
I secoli successivi se furono penosi per la Spagna, furono terrificanti per la Catalogna, privata della sua autonomia e con un governo che ne combatteva lingua, usi e costumi. Ancora una volta, la classe dirigente catalana guardò allo sviluppo economico e ai legami con l’Europa Occidentale. Tra il XIX e la prima parte del XX Secolo la regione tornò a distinguersi dal resto della Spagna come sola zona industrializzata del paese. Tuttavia, il motore catalano non riuscì a sostenere l’intera struttura di un sistema al collasso e quando nel 1931 il governo di sinistra della Seconda Repubblica Spagnola subentrò alla Monarchia, ai tumulti scatenati dalle forze reazionarie la Catalogna, ospite di fortissimi movimenti operai comunisti e anarchici, si schierò in massa con la neonata Repubblica.
Quando nel 1936 i disordini politici sfociarono nella Guerra Civile, conflitti ideologici ed etnici si miscevalano nel caos della società spagnola. Per la Catalogna la vittoria della Repubblica, che le aveva già garantito autonomia linguistica e amministrativa, era vitale per poter finalmente respirare dopo secoli di pesante giogo spagnolo. Roccaforte repubblicana e con Barcellona a lungo capitale, la Catalogna resitette fino alle fasi finali del conflitto. L’invasione della regione dei franchisti rappresentò l’ultimo grande atto prima dell’avvento dello stesso regime, che per ulteriori quattro decenni perseguitò l’uso della lingua catalana e la specificità della regione. Una procrastinazione assai grave e che conduce alle tensioni attuali nelle quali il governo spagnolo cerca di rimediare a secoli e secoli di conflitto con una regione che pur dando vita al progetto politico spagnolo, se ne ritrovò presto succube.