Anche nel racconto di fantasia più sfrenato e distopico le relazioni tra le entità politiche seguono le stesse modalità che hanno contraddistinto il corso della storia umana. Final Frontier è la rubrica che proverà a spiegare le relazioni internazionali attraverso le più conosciute storie di fantascienza. “Spazio, ultima frontiera”.
L’intelligenza artificiale fa parte delle nostre vite. Cosa succederebbe se pretendesse di controllarle?
Dalla metà del secolo scorso, la cibernetica e l’informatica sono diventate parte essenziale e integrante della maggior parte delle società umane. Le nostre vite, molto spesso, dipendono da questi due importantissimi campi d’applicazione: basti provare ad immaginare cosa succederebbe all’economia, alla comunicazione, alla politica (non parliamo poi dell’ambito militare) se i computer e le reti informatiche cessassero di funzionare. Ne scaturirebbe il caos.
Assieme ai computer, a internet, alle automazioni, è nato un altro concetto, parimenti importante: l’Intelligenza artificiale (AI), la capacità di un computer di emulare la capacità di ragionamento dell’intelligenza umana.
Grazie ad algoritmi sempre più sofisticati, l’AI è capace di apprendere per tentativi ed errori -in alcuni campi – più velocemente della nostra mente ed è in grado di compiere maggiori progressi di qualsiasi umano. Nel mese di luglio, è apparso un articolo sulla rivista Le Scienze (che a sua volta rimanda a un articolo di Nature risalente a febbraio) che narrava la storia di DeepMind, una piccola azienda londinese, e del suo codice, in grado di battere a Brickwall – gioco arcade – un tester umano esperto, in appena quattro ore.
I creatori del codice AI di DeepMind specificano che l’intelligenza artificiale del sistema è molto efficace, ma completamente priva di coscienza. Ma sarà sempre così? Come possiamo sapere che la futura AI non disporrà di coscienza di sé e delle cose?
Sono moltissime le storie (di fantascienza e non) in cui l’intelligenza artificiale prende coscienza di sé e della propria superiorità rispetto al creatore umano. Generalmente, questo conduce a due esiti possibili.
- La macchina cerca di eliminare il proprio creatore. Un grosso filone della fantascienza, sin dagli anni Trenta, è rimasto affascinato dal tema della ribellione della macchina. Un fascino che dura ancora oggi: indimenticabile la successione del film Matrix in cui Morpheus spiega al protagonista Neo come si originò il mondo di “Matrix”, cioè la ribellione delle macchine alla fine del XX secolo e la loro rivolta contro gli esseri umani. Così come Skynet, l’intelligenza artificiale del film Terminator (che ordina ai robot da lui comandati lo sterminio della razza umana). Tuttavia, il racconto più toccante e famoso riguardante la ribellione della macchina è senz’altro Il cacciatore di androidi, del visionario Philip K. Dick: i replicanti (androidi creati con specifiche funzioni) sfuggono al controllo dei loro creatori umani. Tuttavia, l’obiettivo di detti replicanti non è la distruzione della razza umana, bensì il poter godere di una vita lunga quanto gli esseri umani (la vita di un replicante dura circa 4 anni).
- La macchina “dirige i passi” del proprio creatore. Nel 2006, uscì Io, Robot, film liberamente ispirato all’omonimo racconto di Isaac Asimov: in un mondo in cui i robot sono comuni e perfettamente integrati nella società umana, l’intelligenza artificiale VIKI (che controlla detti robot) cerca di instaurare una società autoritaria in cui gli umani (che detta di VIKI non sono in grado di autogovernarsi) sono sottoposti agli ordini dei robot. Un tema caro anche a Star Trek: a partire da Landru (un sofisticatissimo computer costruito da un omonimo filosofo per evitare che le popolazioni del pianeta Beta III si distruggessero a vicenda, apparso nella puntata “Il ritorno degli Arconti”) fino a giungere a Norman (il “cervello” di una colonia di androidi giunti dalla Galassia di Andromeda, apparso nella puntata “Io, Mudd”). Il più grande esempio di “macchina guida”, tuttavia, è senz’altro R. Daneel Olivaaw (R significa Robot): un robot antichissimo e incredibilmente complesso, che, nel corso dei secoli, accompagna la razza umana e interviene nei momenti critici, seguendo la Legge Zero della Robotica (da lui stesso creata): “Un robot non può arrecare danno all’umanità o permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l’umanità riceva danno”.
Cosa ci aspetta in futuro? I nostri discendenti dovranno affrontare la fredda furia assassina di Skynet? O verremo inconsapevolmente guidati da un saggio e imperscrutabile R. Daneel Olivaaw? Oppure, quando l’AI diventerà troppo invasiva, la toglieremo di mezzo e ci affideremo a dei “computer umani”, come i mentat descritti da Frank Herbert nel suo libro “Dune”?
Una cosa è certa: qualsiasi scenario di questo genere riguarderà i discendenti della razza umana. Noi abbiamo ancora – per fortuna – la possibilità di spegnere il computer e fare una lunga e tonificante passeggiata.