Seppur geograficamente distante e mediaticamente trascurato, l’Artico è lo scenario di tensioni geopolitiche, come a ricordarci che la politica internazionale si comprende proprio se si parte dall’assunto che si recita in ogni luogo della terra.
Circa una settimana fa, il quotidiano norvegese Aftenposten si è fatto portavoce della dichiarazione congiunta dei ministri degli esteri di Norvegia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Svezia riguardante la necessità di approfondire la loro cooperazione in materia militare.
Concretamente, la proposta prevede un programma di esercitazioni – Arctic Challange – che dovrebbero iniziare il prossimo maggio, insieme a una cooperazione industriale nel settore della difesa e ad un maggiore scambio di informazioni. In ogni caso, i paesi coinvolti hanno tenuto a precisare che il programma non intende sostituirsi ai meccanismi di difesa NATO (di cui Finlandia e Svezia non formano parte) ma servire piuttosto da deterrente e risposta alla politica russa nella regione artica.
Proprio l’Artico infatti, è stato inserito nel 2014 dal Presidente Putin tra le priorità della politica di sicurezza nazionale, alla luce delle dinamiche innescate dal cambiamento climatico. Lo scioglimento dei ghiacchi sta lasciando intravedere una potenziale navigabilità di nuove rotte commerciali, l’aumento nelle attività di pesca ed estrazione di risorse; così come l’eventualità di azioni rischiose quali pirateria, contrabbando e terrorismo.
Paranoiche o no, queste inquietudini hanno indotto il Cremlino a destinare buona parte della propria spesa nazionale ad attività militari lungo le coste artiche, posizionando navi e sottomarini nel proprio mare territoriale ed una brigata artica a poca distanza dai confini finlandesi.
La prospettiva descritta fin qui, seppur ancora lontana dall’essere apertamente conflittuale non nega l’effettivo incrinarsi delle relazioni tra i vari Stati Artici e i portatori d’interessi internazionali.
La Russia è Stato Membro del Consiglio Artico, organo politico che si occupa di mantenere e rafforzare la cooperazione e lo sviluppo sostenibile nella regione.
In seno a quest’ultimo, grandi progressi sono stati fatti in materia di gestione e preservazione dell’ambiente o di sostegno alle popolazioni indigene, ma è innegabile che le tensioni internazionali createsi al di là del Circolo Polare Artico stiano influenzando le latitudini nord del mondo e la cooperazione all’interno del Consiglio.
La crisi in Ucraina ha riacceso la rivalità con gli Stati Uniti e i suoi alleati, il potenziale allargamento della NATO ha innescato una spirale di insicurezza che ha riportato in auge una politica russa dai toni aggressivi, ed i paesi nordici hanno risposto rivedendo le loro strategie di sicurezza e collaborazione.
E ancora, la Russia cerca di prendere tempo ostacolando l’ingresso dell’Unione Europea nel Consiglio Artico. Da interpretarsi come punizione per le sanzioni imposte a seguito della crisi ucraina, o realmente come interesse nel trovare soluzione alla controversia sul divieto di importazione dei prodotti derivanti dalla foca, la concessione dello status di Membro Osservatore Permanente rimane in sospeso, e questo allontana l’Unione dall’avere un rilevante ruolo nel settore della cooperazione circumpolare.
Il Cremlino sta giocando una partita artica che punta a lasciare in panchina importanti attori regionali, cercando parallelamente di accrescere il proprio peso internazionale e le porzioni di sovranità su spazi immessamente ricchi in risorse naturali. Investendo su una conoscenza quasi esclusiva di territori impervi e difficili da navigare, e sull’aumento della spesa militare, quello che viene definendosi è uno scenario potenzialmente conflittivo in una regione già minacciata dal riscaldamento globale.
In attesa che gli Stati Uniti assumano il turno di presidenza al Consiglio Artico questo aprile, dettando quindi l’agenda politica per i prossimi due anni, l’Artico rimane testimone inerme di uno scenario internazionale ancora incerto.
di Marzia Scopelliti