Come le persecuzioni degli omosessuali in Cecenia possono aiutarci a capire il complesso rapporto tra la Russia di Putin e la Repubblica islamica caucasica.
Le persecuzioni di omosessuali venute alla luce recentemente in Cecenia sono l’ennesimo segnale che la regione si è sottratta alla giurisdizione di Mosca. Qualche mese fa mi trovavo a Grozny, la capitale della Repubblica Autonoma Cecena. Quella che alla fine della Seconda guerra cecena era definita “la città più distrutta di Europa”, oggi non tradisce segno alcuno delle passate devastazioni.
La vita cittadina è tranquilla, i viali sono puliti e ordinati. L’enorme scritta “I love Grozny” campeggia di fronte alla Moschea principale, conosciuta come “il cuore della Cecenia”. Il complesso di grattacieli in stile Dubai “Grozny City” sovrasta il centro della città, illuminando la notte con la scritta al neon “Amiamo il Profeta Mohammed”.
Il Vice ministro dell’informazione ceceno Islam Khatulev considera la restaurazione dell’ordine e della legge come il vanto principale della Cecenia post-bellica: “Crimini comuni in altre regioni della Russia qui non accadono. Per esempio, non registriamo alcun caso di stupro. Furti di auto e vandalismo sono praticamente inesistenti”. Il portavoce del comitato governativo al turismo Murat Shakhidov sottolinea che la Cecenia, in passato un focolaio di terrorismo islamico, è ora tra le regioni più sicure della Russia.
Shakhidov respinge con decisione le “voci” diffuse dai media liberali, secondo le quali le leggi federali non hanno giurisdizione in territorio Ceceno, definendole provocazioni.“Le sembra possibile che un’intera regione manchi di rispettare la legge e la Corte Costituzionale Federale non ne sia al corrente?”, puntualizza Shakhidov.
Il quadro idilliaco presentato dai funzionari ceceni appare in netto contrasto con le ultime rivelazioni del periodico Novaya Gazeta, secondo le quali, la Repubblica caucasica è, tra le altre cose, teatro di una persecuzione di massa nei confronti degli omosessuali.
Secondo il giornale, centinaia di persone sono state sequestrate e torturate in prigioni segrete. Si parla di almeno tre morti accertati. In tutta la Russia i diritti delle persone LGBT sono gravemente compromessi, e regolamentati da leggi come quella contro la propaganda omosessuale del 2013.
In Cecenia, però, il trattamento riservato ai gay denota l’assenza totale dello stato di diritto. “Non esistono omosessuali in Cecenia e se esistessero ci penserebbero i loro familiari a mandarli a un indirizzo dal quale non si fa ritorno” ha dichiarato Ali Karimov, portavoce del leader ceceno Ramzan Kadyrov, e alcuni report suggeriscono che sia in programma un aumento della repressione in corrispondenza al Ramadan.
Le parole di Karimov sembrano per altro approvare implicitamente la pratica del delitto d’onore, illegale in Russia, ma ancora ampiamente accettata nel Caucaso musulmano. Qualche giorno dopo la pubblicazione dell’inchiesta, autorità religiose cecene hanno definito i giornalisti di Novaya Gazeta “nemici del popolo e della fede”, alludendo a future rappresaglie nei loro confronti. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, è intervenuto in difesa dei giornalisti, allo stesso tempo riconfermando la sua fiducia nel presidente ceceno Ramzan Kadyrov.
Dalla sua nomina di governatore della Cecenia nel 2007, Kadyrov ha risollevato la Repubblica dalle rovine della guerra grazie ai lauti finanziamenti stanziati dal Governo federale. Con l’appoggio della sua milizia privata, Kadyrov ha soppresso brutalmente gli ultimi focolai di insurrezione nella regione, stabilendo un regime autoritario.
Sequestri, torture ed esecuzioni sommarie sono metodi usati abitualmente dalle forze dell’ordine Cecene, riporta Human Right Watch. Vladimir Malykhin, rappresentante dell’associazione umanitaria Memorial, definisce la situazione relativa ai diritti umani in Cecenia “catastrofica”. In Cecenia “contano i diritti di una sola persona: Ramzan Kadyrov” afferma l’attivista. La maggioranza delle vittime di abusi ha troppa paura per denunciare l’accaduto, in quanto temono la rappresaglie degli uomini di Kadyrov. Nella maggior parte dei casi, le vittime di abusi insistono per rimanere anonime, altre richiedono che il materiale non venga pubblicato. “Il materiale che pubblichiamo rappresenta solo un parte di ciò che sappiamo. E ciò che sappiamo e solo una parte di quello che accade realmente in Cecenia” continua Malykhin.
Lo scrittore e opinionista ceceno German Sadulaev critica il processo di islamizzazione imposto da Kadyrov in Cecenia, in palese violazione della natura laica dello Stato Russo. Kadyrov ha istituzionalizzato elementi della sharia – la legge islamica – esprimendosi a favore della poligamia e imponendo l’obbligo per le donne di indossare l’hijab in luoghi pubblici.
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Pur rinunciando a una formale indipendenza, il padre di Kadyrov fu capace di imporre le sue condizioni a Putin
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Sadulaev afferma che in Cecenia sono tollerate pratiche “indegne di una società civile”. Si riferisce al principio della responsabilità collettiva, secondo il quale intere famiglie vengono punite per i crimini di un singolo membro. Dopo uno dei rari attacchi terroristici nel centro di Grozny, nel dicembre 2014, Kadyrov dichiarò che le famiglie dei terroristi sarebbero state “esiliate dalla Repubblica senza possibilità di ritorno e le loro case rase al suolo”. Il giorno successivo, nel centro di Grozny le case di diverse famiglie furono date alle fiamme. “I giorni in cui padri e madri non rispondono delle azioni dei loro figli sono finiti. In Cecenia dovranno rispondere!”, disse Kadyrov (che tra le altre cose è anche un fan di arti marziali e una star di Instagram, piattaforma molto usata da Kadyrov per mitizzare la propria figura).
Putin riportò la Repubblica separatista Cecena in seno alla Federazione Russa grazie all’alleanza con Akhmad Kadyrov, il padre di Ramzan, che abbandonò il fronte indipendentista per schierarsi con le forze federali. Come osserva Sadulaev, seppur rinunciando a una formale indipendenza, Kadyrov padre fu capace di imporre le sue condizioni nell’alleanza con Putin, conservando una larga autonomia. “Il suo obiettivo era e rimaneva la formazione di un proprio stato nazionale. Cambiarono i mezzi ma non il fine”, sottolinea lo scrittore. Secondo voci critiche, Kadyrov avrebbe formato uno stato autonomo all’interno della Russia sotto una parvenza di federalismo.
Organi federali come il Ministero degli Interni, FSB (l’Agenzia per la sicurezza interna) e il Comitato Investigativo hanno spesso fallito nell’imporre la loro autorità in Cecenia. Secondo quanto riportato da Novaya Gazeta, la Repubblica è un rifugio sicuro per quei ceceni vicini a Kadyrov sui quali pendono mandati di arresto federale. Il caso più eclatante riguarda Ruslan Geremeev, il Vice comandante del battaglione ceceno Sever, sospettato tra le altre cose di aver ordinato l’omicidio del politico di opposizione Boris Nemtsov. I ripetuti tentativi da parte degli organi federali di convocare Geremeev al processo sono stati fino ad ora infruttuosi.
Nell’aprile 2016, poliziotti della regione limitrofa di Stavropol effettuarono un arresto nel centro di Grozny senza che Kadyrov ne fosse informato. Durante l’operazione, conclusasi con l’uccisione del ricercato, le Forze speciali cecene circondarono i poliziotti di Stavropol e solo l’intervento della polizia federale prevenì uno scontro a fuoco tra le due fazioni. In seguito all’incidente, Kadyrov riunì i rappresentanti delle milizie locali dando l’ordine di “aprire il fuoco per uccidere” nel caso una simile intrusione si dovesse ripetere.
Nonostante i ripetuti abusi di potere, Kadyrov ha sempre potuto contare sulla protezione di Vladimir Putin, il quale è intervenuto spesso in sua difesa in caso di conflitti con gli organi federali.
La tolleranza di Putin nei confronti di Kadyrov è spiegabile alla luce del ruolo fondamentale di quest’ultimo nel mantenimento della stabilità in Cecenia. Per Putin, riconoscere il fallimento del “progetto Kadyrov” significherebbe ammettere che uno dei principali successi della sua presidenza, la soluzione del problema del Caucaso, era in realtà un’illusione.
Da parte sua, Kadyrov non perde occasione di dichiarare la sua fedeltà assoluta a Putin. Nel dicembre 2014 il leader ceceno riunì 20mila uomini armati nello stadio principale di Grozny. Dando sfoggio della sua forza militare dichiarò al mondo: “siamo la leale fanteria di Vladimir Putin”, dicendosi pronto a portare a termine qualsiasi ordine del Presidente. Dichiarando la sua fedeltà a Putin, Kadyrov lasciò intendere che i rapporti tra la Cecenia e Mosca sono strettamente dipendenti dal mantenimento del regime corrente. Sadulaev inserisce Kadyrov nella stretta cerchia di individui che costituiscono le fondamenta del regime putiniano. “A questi individui sono concessi una speciale libertà e i privilegi necessari perché continuino ad assolvere la loro funzione” commenta lo scrittore.
In cambio di una fattuale sovranità e il continuo supporto economico dal centro federale, Kadyrov garantisce stabilità e ordine nel Caucaso settentrionale. Un accordo, dunque, non incondizionato, ma dettato dalle circostanze storico-politiche. Secondo Nikolay Petrov, dirigente del Center for Political Geographic Research, Kadyrov è diventato un elemento insostituibile nel sistema politico russo e, in quanto tale, potrebbe avere voce in capitolo nella selezione della leadership russa.
Una cosa appare evidente: finché Kadyrov manterrà il potere in Cecenia, l’ipotesi di una svolta democratica in Russia sarà altamente improbabile.
di Giovanni Pigni