Ogni settimana su Zeppelin vi riporteremo l’intervista più interessante dei giorni appena trascorsi.
In occasione della pubblicazione del suo ultimo libro, Dmitri Trnin, direttore del think-tank Carnegie Moscow Center, è stato intervistato da Russia Direct sulla situazione attuale della politica estera russa e il suo rapporto con l’opinione pubblica, a suo parere sempre più inconsapevole delle strategie del Cremlino all’estero.
D: Il suo libro sembra un invito alla società russa a dare vita a un dibattito sulla politica estera nazionale. Alcuni sociologi (…) sostengono che il livello di comprensione delle interazioni della Russia sia molto basso, motivo per cui il Cremlino ha tanto successo nell’imporre la sua agenda estera all’opinione pubblica. Corretto?
R: Sì, assolutamente. In certi sensi è un atteggiamento molto comune per la maggior parte delle società moderne. Fino a poco fa la maggior parte delle persone non aveva né abbastanza informazioni per capire né le capacità di interpretarle bene. Oggi la situazione è diversa, c’è un grande scambio di informazioni che però in pochi possono capire. Inoltre, il fatto che sia le società democratiche che quelle autoritarie siano basate sul consenso dell’opinione pubblica, implica che il leader debba persuadere le persone che in ogni regime, democratico o autoritario, si agisca in favore del popolo. È più facile guadagnare il supporto della gente su questioni di politica estera piuttosto che sui problemi di politica interna poiché le persone sono meno preparate sulle relazioni internazionali, a meno che i relativi effetti abbiano ripercussioni sulla loro vita quotidiana. La politica estera smuove sentimenti nazionalisti che scatenano emozioni e avvicinano le persone al loro leader nazionale. (…) A questo proposito l’abilità delle autorità russe di manipolare l’opinione pubblica su questioni internazionali è fenomenale. Gli eventi in Ucraina e Siria degli ultimi due anni mostrano come il governo russo abbia strumenti efficaci ed efficienti nella sua propaganda in politica estera.
D: Fino a che punto i politici russi comprendono la politica estera del paese?
R: Essendo un campo molto complicato, la politica estera dovrebbe essere elaborata dalle élite politiche russe – quelli che ricoprono ruoli di potere in settori chiave che siano scientifici, economici o politici. Queste persone dovrebbero conoscere la politica estera meglio della società civile in generale. Purtroppo non è il caso della Russia. La frenesia patriottica che si è sviluppata in tutta la società russa negli ultimi anni rende molti esponenti dell’élite di potere russa ostaggio della loro stessa propaganda politica. È molto pericoloso quando la mancanza di pensiero critico si scontra con problemi molto complessi ed è molto facile fare gravi errori che possono portare a conseguenze irreversibili. Ancor più importante è il fatto che le élite attuali non siano in grado di rispondere a eventi imprevedibili né di valutare quali siano i peggiori rischi per il paese.
D: Lei afferma “Dal punto di vista dei fattori potenziali in politica estera, l’Oceano Pacifico è oggi per la Russia quello che era il Baltico nel 18esimo secolo”. Cosa intende?
R: Il Baltico nel 18esimo secolo rappresentava la strada verso la modernizzazione. Pietro il Grande ritagliò una finestra verso l’Europa attraverso il Baltico per avere accesso alle tecnologie e alle innovazioni europee senza dover passare da altri stati (…). Oggi, per diventare un paese moderno, la Russia ha bisogno di avere accesso alle più moderne tecnologie disponibili oggi in gran parte nell’area del Pacifico, motivo per cui vedo la Russia più come un paese euro-pacifico che come euro-asiatico. Quest’area include città occidentali e asiatiche – Singapore, Shangai e il Giappone con la sua produzione high-tech e San Francisco con la Silicon Valley così come Australia e Canada, due paesi che hanno una struttura economica simile a quella russa. (…).
D: Lei afferma nel suo libro che le vittorie geopolitiche indeboliscono i paesi e li rendono meno attenti, mentre le sconfitte li forzano ad essere più prudenti e perseveranti. Applicando questa logica alla Russia è facile capire che la strategia in Ucraina è un fallimento mentre la campagna militare in Siria sembra un successo. La Russia sarà in grado di conservare il successo e di imparare dagli errori commessi?
R: Anzitutto è troppo presto per parlare di successo in Siria, la campagna russa non è ancora finita. Secondo me la partecipazione russa nella guerra siriana è solo il primo episodio di una serie molto lunga di problemi con l’estremismo islamico. Mi sembra che la Russia stia addestrando e migliorando le sue capacità politiche e militari in Siria, imparando come affrontare sfide religiose ed etniche, cosa che sarà utile in un futuro molto prossimo in Asia centrale, Kazakistan e Afghanistan (…). Bisogna ricordare che i confini afgani con le repubbliche sovietiche dovranno affrontare un periodo molto difficile: non sappiamo cosa stia accadendo laggiù sotto la superficie della Fergana Valley (una zona che attravers Uzbekistan, Kyrgyzstan e Tajikistan ndr). (…) Potrebbero emergere presto problemi di sicurezza in questa zona, considerato che non abbiamo un confine protetto con i paesi dell’Asia centrale. È una questione di imprevedibilità: se non sapremo come stabilizzare l’Asia centrale perderemo. (…)
D: Può essere che la spiegazione per cui la Russia e l’Occidente non riescano a stabilire relazioni amichevoli durature risieda nel fatto che le aspettative occidentali sulla Russia siano troppo alte? Quando queste aspettative vengono disattese l’Occidente resta deluso e segue un ciclico declino nelle relazioni tra loro. Gli USA hanno riposto molte speranze nella democrazia emergente in Russia ma quando Washington ha capito che erano vane ha cambiato atteggiamento con Mosca.
R: Sì, l’Occidente ha i suoi problemi nell’interpretare la Russia. È stato a suo modo naif nella sua visione: l’Occidente si aspettava che la Russia diventasse come tutti gli altri paesi dello spazio post-sovietico e che seguisse le regole scritte dall’Occidente. Vuole che Mosca agisca nel rispetto di principi occidentali e si comporti di conseguenza a livello internazionale seguendo certe norme. A parte questo, l’Occidente non esprime un grande interesse verso la Russia, in parte a causa della scarsa attrattività economica che è il principale motivo per cui l’Occidente non riconosce nella Russia un partner eguale. Inoltre la qualità delle istituzioni, importantissima per gli occidentali, è molto carente in Russia e diventa dunque difficile trovare basi comuni con Mosca.