E se le sorti della Seconda Guerra Mondiale avessero decretato altri vincitori? “La cavalletta non si alzerà più” è l’unico libro al mondo a descrivere l’impossibile.
Nel libro, il mondo intero è a caccia di un libro sul mondo. Si potrebbe definire pressappoco così la trama de “La svastica sul sole” (The Man in the High Castle, di cui peraltro Ridley Scott sta producendo una versione televisiva), capolavoro del maestro Philip K. Dick, uno dei più geniali autori di fantascienza del Novecento. Classico esempio di ucronia (la supposizione di un mondo immaginario in cui gli eventi storici reali hanno realisticamente visto sviluppi diversi), il romanzo è ambientato negli Stati Uniti d’America, che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono stati divisi in tre zone: la costa del Pacifico, controllata dell’impero giapponese; la costa atlantica, dominata dal Terzo Reich; gli Stati cuscinetto delle Montagne Rocciose.
L’autore immagina che le potenze dell’Asse abbiano sconfitto gli Alleati e si siano spartite il mondo intero, diviso in due zone d’influenza, (come fecero dopo il 1945 le superpotenze sovietica e americana). L’Europa è soggetta al dominio tedesco, il Pacifico a quello giapponese, Asia e America sono spartite tra Sol Levante e Terzo Reich, l’Africa viene suddivisa tra l’Italia fascista e la potenza germanica. Solo poche nazioni riescono a mantenere la loro indipendenza: Canada, Portogallo, Spagna, Romania e Ungheria (stati satelliti di Berlino), Svezia e Finlandia (compresa la Carelia), Irlanda.
La trama de “La svastica sul sole” segue le storie intrecciate di cinque personaggi principali, sullo sfondo di una caccia internazionale al libro proibito “La cavalletta non si alzerà più”, che descrive l’impossibile: la vittoria degli Alleati nel secondo conflitto mondiale. Ciò che rende il romanzo sconvolgente è l’allucinante finale dove le due realtà (storia e ucronia) vengono a sovrapporsi, in un caotico e turbinante caleidoscopio di suggestioni e paradossi che solo la mente geniale di Dick è in grado di gestire.
La domanda da porsi è questa: secondo la trama del romanzo, come si sarebbero svolti i singoli eventi della Seconda Guerra Mondiale? Per l’autore, il punto di svolta è il 1933: il tentativo di assassinio di Roosevelt va a buon fine. Ciò avrebbe spostato la politica americana verso posizioni più prudenti e isolazioniste (verosimilmente, la legge Lend & Lease non sarebbe mai stata approvata), lasciato la guerra in Eurasia e il peso della stessa sulle spalle dei soli inglesi e sovietici, e mano libera al Giappone per operare indisturbato in Asia.
Nell’ottica del conflitto vero e proprio, l’anno chiave è il 1940 e l’evento decisivo (in Europa) la battaglia di Inghilterra. Se, invece di concentrare le proprie risorse in preparazione della gigantesca battaglia sovietica, Hitler avesse preparato un attacco in grande stile contro la Gran Bretagna (ciò che Stalin si aspettava, ritenendo improbabile che la Germania intendesse aprire un ulteriore fronte finché l’Inghilterra fosse stata in grado di combattere), avrebbe molto probabilmente ridotto all’impotenza i britannici, annientandone l’armata nella sacca di Dunkerque e concentrando contro la RAF la più esperta e preparata Luttwafe. L’invasione dell’isola, in queste condizioni, diventava possibile, anche se difficoltosa.
La caduta di Londra (e l’instaurazione di un governo collaborazionista, come in Francia) avrebbe disimpegnato le truppe italiane in Africa, isolato i Balcani e reso ai giapponesi, l’invasione del sudest asiatico più semplice. In tal modo l’Asse avrebbe potuto schiacciare il gigante sovietico con un attacco su due fronti (bisogna ricordare che dopo la battaglia di Khalkhin Gol, nel 1939, i vertici militari giapponesi definirono l’Urss il principale nemico di Tokyo). Un attacco giapponese – anche di portata limitata – lungo la frontiera della Manciuria avrebbe impedito all’Armata Rossa di sfruttare le ben equipaggiate truppe siberiane del generale Žukov, che arrestarono la mastodontica avanzata tedesca nell’inverno del 1941.
A questo punto diventa irrilevante l’entrata in guerra o meno degli Stati Uniti: privi del sostegno britannico, essi avrebbero affrontato da soli Tokyo e Berlino, sperando tutt’al più di poterne contenere l’espansione.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, sia i giapponesi che i tedeschi elaborarono in autonomia dei piani di invasione degli Usa, gli uni colpendo dal Pacifico, gli altri dell’Oceano Atlantico. Si può ipotizzare che questi piani di invasione potessero essere semplicemente e pienamente attuati, verificatesi tutte le condizioni necessarie: Gran Bretagna sotto controllo dell’Asse; dominio delle coste europee ed asiatiche; rapida caduta dell’Unione Sovietica; mancato ammodernamento e accrescimento dell’esercito americano (il che, data la morte di Roosevelt, è plausibile).
Non siamo sicuri in che modo Dick abbia previsto ogni singola campagna del conflitto; ma possiamo supporre che in qualche modo risultasse più o meno questo.
di Paolo Albergoni