L’Unione europea si stringe introrno alla Francia. Verrà applicato, per la prima volta dal 2009, l’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona che prevede la solidarietà e il supporto militare di tutti gli Stati membri in caso di aggressione armata. Mogherini: “Stop alla guerra in Siria, al via la transizione democratica nel paese”. E sulla questione sicurezza, Juncker: “Ok all’esercito europeo, ma prima serve una vera politica comune di difesa”.
La Francia chiama, e l’Unione europea, in qualche modo, risponde. Dopo gli attacchi terroristici dello scorso 13 novembre, il presidente della Repubblica francese François Hollande ha ufficializzato la richiesta di aiuto alle istitutizioni europee, tanto da dover “tirare in ballo” il mai utilizzato articolo 42.7 del Trattato di Lisbona che prevede proprio l’aiuto e la solidarietà reciproca di tutti gli Stati membri qualora una Nazione venga attaccata militarmente. “Il nemico non è un nemico solo della Francia ma è un nemico di tutta l’Europa e l’Europa non può vivere nella convinzione che le crisi che la circondano non abbiano alcun effetto su di lei – ha spiegato il presidente francese davanti al Parlamento – Se l’Ue non controlla le sue frontiere esterne, ci sarà il ritorno delle frontiere nazionali”.
L’appello di Hollande è stato immediatamente raccolto dall’Alto rappresentante per gli affari esteri Federica Mogherini, che ha incontrato a Bruxelles tutti i ministri della Difesa dei paesi membri. “Oggi la Francia ha chiesto aiuto e assistenza all’Unione e tutta l’Europa unita ha risposto di sì” ha annunciato, la vicepresidente Mogherini, durante la conferenza stampa che si è tenuta lunedì insieme al titolare della Difesa francese Jean Le Drian. Il commissario Mogherini, reduce anche del Consiglio europeo per gli affari esteri, ha anche puntato il dito contro l’attuale, tragica, situazione mediorientale.
“Bisogna porre fine alla guerra in Siria, portando sul tavolo delle trattative anche gli oppositori del governo di Assad – ha spiegato l’Alto rappresentante – è necessario anche dare il via a una transizione politica in tutto il paese”.
La clausola che prevede il supporto di tutti gli Stati membri, in relazione alle proprie capacità e potenzialità militari, non è mai stata attuata e applicata da nessun Governo nazionale dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. L’Europa, come è tristemente noto, non dispone però di un vero esercito comune, così come non dispone di una “vera” politica estera e di difesa. Sempre sulla questione di sicurezza comune è intervenuto anche il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker.
“Prima di parlare di esercito europeo, l’importante sarebbe avere una vera politica di difesa comune – ha spiegato il numero uno del Berlaymont – L’idea di avere un esercito unico è una prospettiva futura che non dobbiamo però perdere di vista”.
Per dare una risposta rapida e precisa a quanti chiedono come verranno gestite le frontiere esterne dell’Unione l’Alto rappresentante Federica Mogherini, insieme al commissario per l’Allargamento Johannes Hahn, hanno puntato i riflettori anche sulle politiche di vicinato con le nazioni “vicine di casa” dell’Europa.
“Una partnership più stabile e forte coi i paesi confinanti è fondamentale per l’Unione – ha spiegato l’ex ministro degli Esteri italiano – Gli attacchi di Parigi, ma non solo, mostrano quanto la comunità internazionale sia di fronte a minacce globali”. Anche il Parlamento europeo non è stato fermo di fronte a quanto accaduto recentemente. La commissione Affari esteri dell’Europarlamento, alla luce di quanto successo a Parigi, ha infatti votato un rapporto che mira a rafforzare e inasprire sia i controlli sulle esportazioni di armi e materiale bellico che a impedire, o quantomeno evitare, che tali attrezzature possano finire nelle mani di gruppi terroristici più o meno complici dei recenti attentati in Europa e nel Medio Oriente.
La stabilità e la tenuta dell’intera Unione, in questo particolare periodo storico, è messa alla prova. L’emergenza migranti, la crescita che tarda ad arrivare, la crisi che attanaglia intere economie nazionali come quella greca e quella italiana e ora, come se non bastasse, anche la difficile e complicata lotta “comune” al terrorismo di matrice islamica. Alla luce di questo, solo nei prossimi mesi si potrà capire se l’Unione è stata solamente un grande abbaglio o se la “sfida europea” può veramente trasformarsi in quel sogno di pace e unità tanto voluto dai padri fondatori.
di Omar Porro