Guyana francese, la porta per le stelle del centro di ricerca spaziale francese, fra vettori ultra tecnologici e bidonville.
Le Agenzie Spaziali come strumenti geopolitici
Sembra essere un assunto della storia umana che le più grandi innovazioni tecnologiche siano in qualche modo direttamente o indirettamente legate alla tecnologia bellica e più in generale al settore militare. Unica eccezione a questa regola sembra essere l’esplorazione spaziale la quale richiede la risoluzione di un così ampio spettro di problemi da richiedere sforzi teorici e pratici senza paragoni i quali sono condotti anche in tempo di pace.
Naturalmente, tale assunto comporta che questo ambito sia di particolare interesse per gli eserciti di tutto il mondo ed esiste sempre un collegamento di stretta collaborazione tra un’agenzia spaziale di una nazione e le forze armate della stessa.
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Un altro aspetto da non sottovalutare è la pista di lancio, quel che viene comunemente chiamato spazioporto, elemento necessario per l’esplorazione spaziale. Tali strutture non possono essere costruite ovunque e necessitano di una serie di caratteristiche (di cui ad esempio i paesi europei sono sprovvisti): tali “piste” devono essere collocate proprio in quei paesi che si qualificano come ex-colonie o come territori residuali di esse, i cosiddetti “dipartimenti d’oltremare”, piccoli territori d’oltreoceano ancora parte integrante delle nazioni europee.
Forze armate e rapporti di interesse con paesi un tempo sottomessi: la geopolitica è intrinsecamente legata all’esistenza stessa delle agenzie spaziali, e come caso di studio rappresentativo presentiamo il Centro Nazionale per la Ricerca Spaziale Francese (CNES).
La Guyana Francese fra necessità geopolitica e aspirazioni di indipendenza
Risale al 1964, su iniziativa del generale de Gaulle, la creazione di un “poligono di tiro spaziale” nel dipartimento della Guyana francese dopo l’abbandono del sito di Perpignan nel sud della Francia e a seguito della necessità di trovare un’alternativa al sito algerino di Hammaguir entro il 1967. Tale data era stata individuata dagli accordi di Evian, nell’ambito del ritiro francese dall’Algeria, come termine ultimo entro il quale la postazione del nord Africa sarebbe dovuta essere abbandonata.
Il Centre Spatial Guyanais (CSG) collocato nei pressi di Kourou, presenta infatti delle caratteristiche estremamente favorevoli. In primo luogo la posizione equatoriale facilita le operazioni di raggiungimento della quota orbitale e conseguenti operazioni di rendez-vous; ancor più importante è che la zona risulta essere scarsamente interessata da fenomeni sismici ed il meteo locale la esclude dall’area consueta dei cicloni.
Inoltre, al momento della costruzione del CSG la popolazione ammontava ad appena 35000 abitanti, rendendola un’area considerata facilmente controllabile da parte dell’autorità centrale e distante da velleità di indipendenza che avrebbero potuto vanificare gli interessi di Parigi. Tale contesto idilliaco è andato mutando nel corso degli anni a cominciare proprio dalla pressione demografica, e ad oggi la Guyana francese conta una popolazione di circa 276000 abitanti. Anche il controllo della Francia sulla popolazione locale è divenuto più fragile.
Lo sfruttamento della Guyana francese da parte di Parigi ha origini lontane, e il piccolo territorio è stato utilizzato come snodo della tratta degli schiavi fino al 1848, cava di estrazione di importanti giacimenti d’oro fino al 1950, e, come abbiamo visto, spazioporto nazionale dal 1964.
Il polo di altissima tecnologia rappresentato dal CSG stride fortemente con la condizione generale del paese. Secondo lo studio dell’Unione Europea sugli indici di competitività, risalente al 2016, la Guyana francese è all’ultimo posto fra i territori “europei”, rappresentando di fatto un investimento a perdere per qualsiasi capitale che si tentasse di dirottare su questa regione.
La regione è infatti caratterizzata da una povertà diffusa e i razzi del CSG decollano su uno sfondo di bidonville che puntellano la zona. Con il nuovo millennio le tensioni sociali sono sfociate in manifestazioni di piazza che hanno eletto lo spazioporto a simbolo di tale disparità, come perfettamente riassunto da un manifestante nel 2017 “i razzi decollano ma da noi manca la luce!”.
Non si tratta in questo caso della naturale idiosincrasia nei confronti delle masse per l’esplorazione spaziale ma di una considerazione amara ottimamente descritta dai numeri: il giro di affari per l’Arienspace, la società che gestisce il CSG in collaborazione con il Centro Nazionale per Ricerca Spaziale francese, si aggira intorno ai 1.4 miliardi di euro (2015) a fronte di una popolazione che vive in case in cui non hanno accesso all’elettricità (circa il 13%), acqua potabile (il 20%) o non sono allacciate ad alcun sistema fognario (il 63% del totale). Tali i dati prodotti da un report IEDOM del 2010. A ciò si aggiunge una scarsa scolarizzazione della popolazione (il 50% della popolazione non ha conseguito un diploma) ed un elevato tasso di dispersione universitaria (intorno al 20%).
Le manifestazioni di stampo antifrancese iniziarono nel 1962, con recrudescenze nel 1972 che sfociarono nella lotta armata negli anni 80 con il Front National de Liberation de la Guyane. Dopo il decennio degli anni 90 caratterizzato anch’esso da manifestazioni anche se nuovamente ascrivibili all’ambito delle proteste pacifiche, le marce popolari sono riprese nel 2017 anche se questa volta in un contesto di totale scollamento dai partiti politici di sinistra, storicamente al fianco dei manifestanti.
Tutto questo mentre il programma Ariane, il principale piano di esplorazione spaziale francese che prende il nome dai vettori omonimi, iniziato nel 1979 e tuttora in corso, ha eseguito 169 lanci portando in orbita con successo ben 271 satelliti. Non deve quindi stupire che gli attuali movimenti di protesta si riuniscano sotto il vessillo del collettivo “Pou Lagwyann Dékolé”, letteralmente “Affinché la Guyana possa decollare”, con chiaro riferimento allo spazioporto di Kourou, simbolo delle disparità del paese.
La porta per le stelle: funzione militare e necessità geopolitica
Abbiamo già osservato come le condizioni ottimali offerte dalla Guyana francese la rendano un perno tatticamente irrinunciabile per Parigi che non può permettersi di abbandonare tale postazione (anche considerando che esiste una percentuale elevata della popolazione, fra il 40% e il 60% in base alle fonti, che non aderisce ai movimenti indipendentisti). Del resto uno spazioporto è oggi rilevante come in passato poteva essere l’accesso al mare, e tale ruolo strategico è destinato a crescere.
Si deve inoltre considerare che la presenza nello spazio orbitale del nostro pianeta rappresenta una conditio sine qua non per qualsiasi forza armata moderna, il che spiega i rapporti bilaterali molto forti fra il CNES e un’ala specifica delle forze armate: il Comando dello Spazio.
In tutto il mondo nell’ultimo decennio stanno proliferando divisioni specifiche delle forze armate nate dalla necessità di assegnare uno sforzo mirato alla difesa degli interessi di ciascuna nazione nell’ambito dell’esplorazione e della colonizzazione spaziale. La Francia, in linea con molti altri paesi, si è aggiornata in tal senso, con la creazione del Comando dello Spazio annunciata dal Presidente Macron nel corso del discorso alle forze armate del 2019. Tale decisione arriva in realtà con due anni di ritardo dal primo evento ufficiale di guerra e strategia orbitale (per la Francia) che ha visto coinvolto nel 2017 un satellite russo, il Luch-Olymp, che tentò una manovra di spionaggio ai danni del collega italo-francese Athéna-Fidus.
Va ricordato che lo spazio è al momento un territorio privo di regole ed il celebre trattato del 1967 si limita a vietare l’uso di armi di distruzione di massa e la militarizzazione della Luna, con l’evidente difficoltà di sostenere una simile posizione nella misura in cui una forza armata spaziale dovesse risultare più forte delle altre in maniera sproporzionale.
Da qui la corsa alla nascita delle nuove agenzie militari. In realtà tale formalizzazione ha un valore più dimostrativo che sostanziale, almeno in queste prime fasi, poiché il CNES è in realtà sotto parziale controllo e supervisione dell’esercito francese fin dalla sua fondazione per norma costitutiva. Del resto la catena del comando prevede che il sistema di spionaggio satellitare (branca dell’esercito) possa in qualsiasi momento richiedere al CNES di dirottare i loro satelliti per fornire informazioni su di un’area specifica.
Il Centro per la Ricerca Spaziale ha anche il ruolo, oggi fondamentale, di determinare per l’esercito la traiettoria degli oggetti collocati nell’orbita media ed alta, caratteristica estremamente rilevante nell’ambito dei nuovi armamenti supersonici. Senza dilungarsi nei complessi meandri della collaborazione tra Esercito Francese e Centro di Ricerca Spaziale, essa può essere riassunta dalle parole del Ministro delle Forze Armate, Florence Parly, nel 2019: “lo spazio è la naturale estensione dello spazio aereo”.
In conclusione, il caso della Francia è rappresentativo dell’impatto che nel mondo moderno hanno le agenzie spaziali sulla politica interna ed estera di un paese e di come l’esplorazione spaziale, soprattutto nella declinazione del controllo dello spazio orbitale terrestre, rappresenti un terreno di scontro per cui bisogna presentarsi preparati. Ciò è vero per potenze mondiali e regionali (come la Francia) e diviene anche un momento di importante confronto per la creazione di nuove alleanze e assi diplomatici con paesi che non hanno le stesse aspirazioni egemoniche ma possono offrire ugualmente un importante spinta di sviluppo a tali processi. In questo contesto si collocano i nuovi accordi su spazio, esplorazione e vettori siderali, fra la Francia ed il paese di cui parleremo nel prossimo intervento: l’Italia.
Di: Tanator Tenabaun