I recenti scontri tra i curdi dell’YPG, sostenuti dall’aviazione russa, e i ribelli hanno aperto un nuovo fronte in Siria. L’ambigua trama di alleanze dell’YPG, sostenuto in vari modi da Damasco, Washington e Mosca, lo rende un po’ con tutti e contro tutti. Qual è il suo ruolo nella guerra siriana?
Nella complessità della guerra siriana nessun attore è forse più complesso delle milizie curde dell’YPG (Unità di Protezione Popolare). Localizzati a nord-est e nord-ovest della Siria (fascia gialla della seguente mappa, corrispondente al Kurdistan siriano), la strategia dichiarata dei curdi siriani è indirizzata a creare un Kurdistan autonomo, negatogli nei secoli tanto dalla Turchia, quanto dalla Siria che dall’Iraq, la cui ossatura è già stata assicurata con la provincia autonoma del Rojava, a nord est. Vediamo come.
[ecko_alert color=”gray”]Contro ISIS assieme all’esercito siriano[/ecko_alert]
Attorno alle città di Hasaka e Qamishli, vi sono alcune zone ancora controllate dall’esercito siriano, con il quale i curdi dell’YPG combattono e coordinano le operazioni anti-ISIS. Il Ministro per la Riconciliazione Nazionale siriano, Ali Haidar, ha dichiarato che questa cooperazione ha dato ottimi frutti permettendo di liberare molti villaggi dalla presenza di ISIS. Secondo alcuni documenti, la cooperazione si estenderebbe anche alla difesa di alcuni pozzi petroliferi.
[ecko_alert color=”gray”]Contro ISIS assieme a FSA e Coalizione Internazionale[/ecko_alert]
A nord-est, l’YPG è affiancato da gruppi dell’FSA (Free Syrian Army), con i quali a ottobre ha formato una nuova coalizione, la Syrian Democratic Forces (SDF), che gode del sostegno della Coalizione Internazionale sia in termini di armi che di copertura aerea. Le SDF hanno ottenuto negli ultimi due mesi vittorie significative a Kobane, nei pressi di Raqqa e Hasaka. La liberazione di Kobane, in particolare, (che ha avuto una copertura mediatica globale), è stata possibile anche grazie all’FSA che, per dare manforte all’YPG, ha inviato rinforzi dai fronti di Idlib e Aleppo. Anche se la celebrazione dell’eroica resistenza curda a Kobane ha taciuto il contributo dell’FSA, questo è stato decisivo e lo è tuttora, considerando il terreno che stanno sottraendo insieme a ISIS. Non è un dato secondario: aver identificato l’YPG come l’unico baluardo anti-ISIS (ignorando tutte quelle forze che lo combattono altrettanto costantemente, pagando un altissimo tributo di morti), nasconde un intento geopolitico ben preciso. E non si riscontra solo nell’oblio mediatico del contributo dell’FSA, ma anche nella retorica che avvolge le “partigiane curde“: non sono le uniche ad aver imbracciato le armi per difendere le loro case e loro stesse, anche migliaia di donne siriane hanno combattuto contro la repressione del regime siriano, ben prima che ISIS si palesasse in Siria, e subendo indicibili torture (qui un ritratto di queste donne). Ma nessuna di loro ha ottenuto lo stesso riconoscimento delle donne curde.
[ecko_alert color=”gray”]Contro i ribelli assieme all’aviazione russa[/ecko_alert]
Quelli che però sono alleati a nord-est (l’FSA) non lo sono a nord-ovest: il 26 novembre 2015 le milizie dell’YPG, supportati dall’aviazione russa, hanno attaccato zone in mano ai ribelli (principalmente FSA) a nord-est di Aleppo. L’assalto è iniziato a poche ore dall’abbattimento del caccia russo da parte della Turchia. Basta guardare la mappa per rendersi conto che l’operazione è una rappresaglia russa per l’abbattimento del SU-24: Mosca, non potendo attaccare direttamente la Turchia, sfrutta l’YPG (affiliato al PKK, il gruppo terroristico nemico storico di Ankara) per attaccare i ribelli da essa sostenuti e per ostacolare il progetto turco di una safe zone proprio in quell’area. Per quanto riguarda l’YPG, per creare l’agognato Kurdistan deve collegare il Rojava a est con Efrin a ovest: nel mezzo c’è territorio in mano a ISIS ed a ribelli sunniti, e non sorprende che il processo sia iniziato proprio con l’assalto, avvenuto con il sostegno russo, delle zone ribelli e non di ISIS, in particolare su Azaz (privo di ogni presenza non solo di ISIS, ma anche di al-Nusra) e sul valico di frontiera turco Bab al-Salam. In questo caso interessi russi e curdi convergono: ognuno in questa guerra gioca la sua partita.
Non è il primo caso di attacchi dell’YPG su postazioni FSA. Ne avevamo parlato in questo articolo: il 31 maggio 2015 iniziò un attacco su villaggi in mano ai ribelli nella periferia di Aleppo da parte di ISIS via terra e del regime siriano via aria. Avevamo però sorvolato un particolare importante: in quelle ore, dopo il rifiuto di copertura aerea da parte della Coalizione, l’Aleppo Military Council si era rivolto al cantone curdo di Efrin, che come mostra la seguente mappa è adiacente al territorio in mano ai ribelli, per chiedere supporto militare all’YPG, che rifiutò.
Il motivo è aperto a interpretazioni. Di certo l’YPG, dopo aver liberato alcune zone nel nord-est con il supporto della Coalizione, ha iniziato già in marzo una campagna di espropriazione territoriale che mira ad allontanare le popolazioni arabe dalle zone sotto il suo controllo, per estendere il Rojava come provincia curda. Sia l’opposizione siriana, sia i residenti di villaggi arabi, sia alcune organizzazioni umanitarie, hanno denunciato che le milizie dell’YPG hanno costretto intere famiglie ad abbandonare le proprie case, che sono state bruciate, in quella che i residenti definiscono “punizione collettiva”. In un rapporto Amnesty Internatonal ha parlato di sfollamento coatto delle popolazioni arabe su basi etniche, il che è un crimine di guerra. L’YPG ha respinto ogni accusa giustificando l’allontanamento dei residenti arabi (e dei combattenti FSA loro alleati) per motivi di sicurezza.
Indubbiamente sia l’YPG che l’FSA sono sinceramente impegnati nella lotta contro ISIS, ma i loro obiettivi a lungo termine divergono. L’FSA, in quanto braccio armato della Rivoluzione siriana, mira a rovesciare il regime siriano per portare il Paese a elezioni mantenendo l’unità territoriale e la sovranità della Siria; i curdi invece mirano a istituire il tanto agognato Stato curdo per i curdi, e lo sfollamento delle popolazioni arabe mira a cambiare, di nuovo, la demografia di quelle aree proprio in vista della costituzione di un Kurdistan. Significative sono anche le politiche scolastiche e linguistiche adottate nelle scuole delle zone sotto controllo curdo: l’arabo è bandito e i programmi scolastici sono così ideologizzati che persino l’Unione degli Insegnanti curdi e associazioni studentesche li hanno criticati. Si tratta di un progetto non inclusivo che mira a garantire l’autonomia del popolo curdo a discapito però delle popolazioni non curde che (con)vivono lì. Per raggiungere questo scopo, l’FSA può essere un temporaneo alleato contro ISIS, ma non può esserlo a livello politico.
L’YPG ha intessuto rapporti con l’Iraq, con l’Iran, con il governo siriano, con l’FSA, con gli USA e gli altri membri della Coalizione, e ora anche con la Russia. E’ insomma sostenuto da attori nemici tra loro e all’occorrenza non esita ad attaccare i suoi alleati, a seconda dei fronti. Queste alleanze quasi paradossali hanno perfettamente senso se se ne inquadra il progetto a monte, che non è la lotta contro ISIS in sè, bensì la creazione di uno Stato curdo, per cui la prima è mezzo per raggiungere la seconda. Le implicazioni sull’integrità territoriale della Siria -tanto voluta da tutti- sono evidenti.
di Samantha Falciatori