Se nel Vecchio continente vincono, e prevalgono su tutti, i nuovi nazionalismi (come in Ungheria), fuori dall’Unione riscuotono invece successo i movimenti e i candidati ultra-europeisti. La vittoria alle presidenziali in Montenegro di Milo Djukanovic, ha spianato la strada per l’adesione del piccolo paese balcanico verso l’Unione europea. Una vittoria schiacciante, direttamente al primo turno.
Elezioni in Montenegro, l’Europa è sempre più vicina
Milo Djukanovic, alla tornata di domenica 15 aprile, ha ottenuto il 54,1% dei voti, superando di oltre 10 punti percentuali il suo lo sfidante Mladen Bojanic, fermo al 33.4% dei voti. L’affluenza si è attestata attorno al 64% dei votanti.
Il Montenegro è alle porte dell’Unione europea e è tempo di terminare il lavoro che è stato iniziato negli anni scorsi.
Questa la prima dichiarazione ufficiale del neo presidente della Repubblica, che ha bollato come “traditori degli interessi della nazione” gli avversari filo-russi e considerati vicini alla politica di Vladimir Putin.
La vittoria dell’europeista, che dal 1991 per quattro volte è stato anche premier, ha aperto le porte a un maggiore dialogo con Bruxelles.
Insieme a Podgorica, anche il Governo della Serbia potrebbe infatti accelerare le procedure di avvicinamento e adesione al processo di integrazione europea.
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Lo stesso neo presidente della Repubblica aveva puntato la sua campagna elettorale proprio sul processo di adesione all’Ue, iniziato nel 2007 con la firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione.
La crisi dei migranti e nel 2017 l’ingresso ufficiale nella Nato
Indipendente dal 2009, anno di secessione dalla Repubblica di Serbia e Montenegro, a partire dallo scorso 2017 è diventato il 28esimo stato membro della Nato.
Nel 2016 fu lo stesso Milo Djukanovic, allora primo ministro, a ipotizzare la chiusura delle frontiere qualora altri Stati della penisola balcanica si fossero trovati nelle condizioni di bloccare gli accessi dei migranti e richiedenti asilo.
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Una situazione che aveva fatto presagire un inasprimento delle tensioni tra Unione europea e i singoli Governi. Le piccole nazioni della penisola, infatti, si sono trovate di fronte a una vera e propria emergenza, legata al crescente flusso dei profughi diretti in Europa, passando per la cosiddetta “rotta balcanica“. Un contesto politico e umanitario che, ad oggi, è ancora sui tavoli delle trattative tra Bruxelles, Stati membri e “vicini di casa”.
di Omar Porro