La crisi che ha colpito l’Ucraina orientale non ha fermato le ambizioni della Nato, che continua a guardare a Est. Le attenzioni dell’Alleanza Atlantica sono ora rivolte alla penisola balcanica, e si spingono – di nuovo – fino alla Georgia. Cosa comporterebbe un’ulteriore allargamento?
Dalla fine dell’Unione Sovietica, la Nato ha vissuto tre distinte fasi di allargamento in Europa. La prima nel 1999 in Europa centrale, con l’ingresso di Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria, la seconda nel 2004 – che comprese i Paesi baltici – oltre alla Romania, alla Bulgaria, alla Slovacchia e alla Slovenia, e la terza nel 2009. Ormai questione di tempo e prenderà il via la fase quattro; anche se la sola ipotesi di un’ulteriore allargamento, specialmente “a Est” della Nato, suscita numerose critiche. Dai timori ingenerati dal conflitto ucraino e del Donbass, alla presa di Crimea fino alle preoccupazioni baltiche di un revanscismo imperiale russo.
Secondo i detrattori di un allargamento della Nato, quest’ultimo potrebbe essere interpretato dalla Federazione Russa come un atto di accerchiamento e di aggressione; come effettivamente è stato percepito fino ad ora dalle élite governative russe. Per i sostenitori al contrario, l’allargamento delle prime tre fasi è sempre stato fatto seguire da accordi specifici e di collaborazione con la Russia, come il Founding Act del 1997 firmato a Parigi, e l’istituzione del Nato-Russia Council, nel 2002. Ognuno è libero di intendere questa schizofrenia nel modo che preferisce, ed è quindi poco utile parlarne qui. Ma nel frattempo è successa una cosa rilevante. La Russia ha annullato definitivamente la sua partecipazione ad uno dei più importanti trattati sulla sicurezza europea stipulati in questi anni, proprio grazie alla collaborazione Russia-Nato: il Treaty on Conventional Armed Forces in Europe, che era già stato sospeso in passato, per motivi simili. Secondo il governo russo la Nato, attraverso l’acquisizione di nuovi membri, starebbe incrementando le sue capability strategico-militari in Europa, e quindi starebbe violando il suddetto trattato. Impossibile dire se vi sia qualche fondamento giuridico in questa presa di posizione. Ma non importa poi molto, visto che la soluzione potrà essere trovata solo nel campo del Politico, e non in quello del diritto.
I vertici decisionali della Nato, ad ogni modo, sembrano avere le idee chiare: l’Alleanza può e deve ampliarsi, e il fronte dell’allargamento è quello dei Balcani, già individuato con le recenti partnership con l’Albania e la Croazia. I prossimi candidati potrebbero essere la Macedonia ed il Montenegro. Piccoli paesi, che hanno però una notevole importanza strategica nella frastagliata geopolitica balcanica. Nel caso della Macedonia il problema più difficile da affrontare sarà la reticenza greca nel dare finalmente il proprio sostegno alla candidatura del Paese come membro nell’Alleanza, a causa delle cattive relazioni diplomatiche che legano i due paesi. La Grecia è infatti membro Nato con diritto di veto sull’ingresso di nuovi membri (situazione che peraltro si ripresenta in Europa, dove l’ingresso della Macedonia all’interno dell’Unione è bloccato dal veto greco). A questo proposito sarà necessario tenere sotto controllo l’atteggiamento mantenuto dal governo guidato da Syriza, un partito non amichevole con la Nato, ma già in fase di flirt – ops – con la Russia. Per il Montenegro invece non dovrebbero esserci grossi problemi: il Paese ha fatto notevoli passi avanti, dall’economia, al welfare, alla difesa. L’unico possibile ostacolo potrebbero essere i forti interessi russi – ops – nel piccolo paese, interessi che per ora non hanno fermato il Montenegro nell’accettare le sanzioni occidentali all’economia russa derivate dalla crisi dell’Ucraina orientale.
Resta da capire se la situazione di estrema tensione sulla linea di faglia ucraina potrà accelerare o rallentare l’allargamento della Nato, e se la fine di uno dei più importanti trattati sulla sicurezza europea porterà ad una distensione degli animi oppure ad una escalation simmetrica. Proprio in queste settimane, tra l’altro, sta nascendo in sede Nato un rinnovato interesse diplomatico nei confronti della Georgia. Un gioco già visto, che potrebbe rivelarsi pericoloso.
Lorenzo Carota